DOC. 129

LETTERA DI SFORZA A BADOGLIO
(Il testo della lettera, inedita sotto riportata,
fu rinvenuta tra le carti personali del defunto ministro della Real Casa, Conte Acquarone -
Pubblicata per la prima volta in "La fine della monarchia in Italia", di Gianfranco Bianchi).

17 Novembre 1943

Caro Badoglio,
sento di doverle scrivere perché temo che l'Italia possa precipitare più giù nell'abisso. Alludo a ben altro che a difficoltà per sottosegretari o ministri; non alludo neppure alla fame crescente che può provocare disordini gravi (di cui vedo ovunque i prodromi) . Penso, soprattutto, a una sorta di cospirazione invisibile di generali ed ufficiali che hanno trovato nel Re il simbolo e l'alibi della loro colpa: donde la necessità morale di Croce, mia e di tanti altri, di insistere sulla abdicazione, solo mezzo, con Lei Reggente, di salvare la monarchia liberale.

Già il fascismo regio comincia. Ad Avellino e a Napoli degli ufficiali hanno schiaffeggiato dei fautori del Fronte nazionale di liberazione. Questi ufficiali e i loro capi odiano in LEI l'uomo che ha imposto al Re riluttante la guerra alla Germania. Lo strano paradosso è che fra gli Alleati circola un certo crescente rispetto per costoro perché, colla cecità abituale, credono siano nell'ordine.

Da ciò a un colpo regio contro di lei non c'è, in certa eventualità, che un passo.

Quando il Re mi mandò a offrire di divenire Capo del Governo e io rifiutai per dovere morale e anche per riguardo verso di lei, io aggiunsi ad Acquarone, congedandolo: "E ora voglio rendere al Re un ultimo servizio; gli dica che ha commesso tutti gli errori per rovinare l'Italia; gliene resta ora uno contro se stesso, contro la dinastia: questo errore si chiama la ripetizione della tragedia "Bava Beccaris, e quella di Umberto I".

Molti sintomi fan credere che si va verso questa avventura. Quale sarebbe la sua responsabilità verso la storia? Mi pare un dovere sacro di far capire agli Alleati che tutto ciò che si complotta sotto i loro occhi viola le decisioni della Conferenza di Mosca, rende impossibile lo sforzo di guerra italiano e spinge le nostre masse al comunismo come supremo rifugio.

lo ho già parlato a Londra. Ma possono credere che la mia è un'idea fissa. Eppure la salvezza è in un governo serio riunito attorno a L
ei come Reggente (e, fino che c'è la guerra, capo militare).

Come le dissi a Brindisi, io sono pronto ad ogni viaggio e messaggio, ma purché lei faccia sapere a Londra e a Washington che io parlo anche e soprattutto a suo nome. Perché io riparli in modo utile, occorre che consti solennemente che io parlo per lei questa volta.
Ma certo, una sua rapida gita a Londra, motivata qui per altre ragioni (pane, esercito), potrebbe essere molto utile.

Ci pensi seriamente. Anche là si agisce da taluno contro di lei.

Se non si fa qualcosa e presto, si rischia di far cadere l'Italia in nuove e atroci avventure, che in pochi anni (sciagurato Re) non lasceranno forte che il comunismo.
Vuol farmi sapere che cosa conta fare? E se io posso fare qualcosa?

« Suo aff. Sforza. »
17 Novembre 1943

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