DOC.121

DICHIARAZIONE DI MOSCA
" dei 7 punti "

Mosca 30 ottobre 1943


« I ministri per gli Affari Esteri degli Stati Uniti, del Regno Unito e dell'U.R.S.S. hanno constatato che i loro tre governi sono in completo accordo sul fatto che la politica alleata nei riguardi dell'Italia debba essere basata sul fondamentale principio che il fascismo, tutta la sua perniciosa influenza e tutto ciò che da esso deriva, deve essere totalmente distrutto e che al popolo italiano deve essere data ogni possibilità di stabilire le sue istituzioni di governo e le altre sulla base dei principi democratici.

I Ministri degli Affari Esteri degli Stati Uniti e del Regno Unito dichiarano che l'azione dei loro governi all'inizio dell'invasione del territorio italiano, nei limiti consentiti dalle supreme esigenze militari, é stata basata su questa politica. Nella continuazione di tale politica per il futuro, i Ministri degli Esteri dei tre governi hanno concordato che le seguenti misure rivestono particolare importanza e debbono essere attuate:
1) E' essenziale che il Governo italiano venga reso più democratico con la inclusione di rappresentanti di quei settori del popolo italiano che si sono sempre opposti al fascismo.

2) Le libertà di parola, di culto, di opinione politica, di stampa e di pubblica riunione debbono essere restituite in misura totale al popolo italiano il quale deve avere anche il diritto di formare gruppi politici antifascisti.
3) Tutte le istituzioni e le organizzazioni create dal regime fascista debbono essere soppresse.

4) Tutti gli elementi fascisti o filofascisti debbono essere rimossi dall'Amministrazione e dalle istituzioni e organizzazioni di carattere pubblico.

5) Tutti i prigionieri politici del regime fascista debbono essere rilasciati e deve essere loro accordata completa amnistia.

6) Debbono essere creati organi democratici per l'amministrazione locale.

7) I capi fascisti e i generali dell'esercito conosciuti o sospetti per essere criminali di guerra debbono essere arrestati e consegnati alla giustizia.

Nel fare queste dichiarazioni i tre Ministri degli Esteri riconoscono che finché continueranno in Italia operazioni militari attive, il momento nel quale sarà possibile dare piena esecuzione ai principi suddetti sarà determinato dal Comandante in Capo sulla base delle istruzioni che egli riceverà per il tramite del Comitato dei Capi di Stato Maggiore alleati.

I tre governi firmatari di questa dichiarazione, su richiesta di uno qualunque di essi si consulteranno su questo argomento.

Resta inoltre inteso che niente in questa dichiarazione potrà influire sul diritto del popolo italiano di scegliersi, in ultima analisi, la sua propria forma di governo".

Seguì pochi giorni dopo a BARI l'ORDINE DEL GIORNO DEL C.L.N.
Bari, 6 Novembre 1943.


Il Comitato Provinciale di Bari del Fronte Nazionale d'Azione, nella certezza di interpretare il pensiero di ogni cittadino libero d'Italia; lieto che nella Conferenza di Mosca abbiano le Nazioni Unite riaffermata la loro salda volontà di condurre insieme energicamente la guerra fino alla completa distruzione del nazismo e di collaborare durevolmente per la ricostruzione mondiale in libertà;

esprime tutta la sua soddisfazione per avere i rappresentanti delle Nazioni Unite solennemente riconosciuto al popolo italiano l'essenziale suo diritto di scegliersi liberamente la forma di governo del Paese e decidere automaticamente dei propri destini;

proclama che la chiara presa di posizione delle Nazioni Unite, circa la necessità che sia defascistizzata radicalmente l'Italia e siano restaurate tutte le libertà e le istituzioni democratiche, risponde alla volontà del popolo italiano, il quale saprà, con risoluta energia, valersi di tali direttive e assicurazioni di solidarietà dei popoli liberi nella lotta contro ogni tirannia;

rivendica al popolo italiano, in nome delle sofferenze e dei sacrifici di tanti suoi figli durante la lotta ventennale contro il fascismo, il diritto di compiere da sé la purificazione del Paese dalla tabe fascista e di riconquistarsi con le proprie forze spirituali e materiali le libertà democratiche, necessarie per le riforme sociali e le creazioni internazionali, che lo sviluppo della civiltà richiede;

dichiara di essere pienamente fiducioso che, una volta risorta ed operante una democrazia in Italia, la sistemazione dei problemi internazionali concernenti l'Italia, i quali sono anche e soprattutto problemi europei e mondiali di pacificazione e di giustizia, sarà ottenuta in consessi nei quali i rappresentanti della libera Italia sederanno, con parità di diritti e di doveri, accanto ai rappresentanti degli altri popoli liberi".

A questo seguì l'ORDINE DEL GIORNO di Napoli
7 Novembre 1943


« Considerato che allo scopo di sollevare l'Italia dalle attuali sofferenze, e di risvegliare le energie materiali e morali per rendere effettiva la partecipazione dell'Italia alla guerra, un Governo deve essere formato immediatamente su basi largamente democratiche: considerato, inoltre, che resistenze, ritardi ed indugi di qualunque natura o origine che si oppongono alla rapida formazione di tale Governo debbono essere superati e che una decisione circa le istituzioni dello Stato deve essere rinviata fino al giorno in cui tutti gli italiani potranno liberamente esprimere la loro volontà; chiede che un Governo sia formato immediatamente da uomini di tutti i partiti non responsabili degli errori e delle colpe del fascismo, decisi ed idonei a compiere l'epurazione: che é condizione necessaria per la condotta della guerra e per la rinascita del Paese ».

e nuovamente un altro O.d.G. di Bari
del 12 novembre 1943


« I rappresentanti dei comitati provinciali di Bari del partito Socialista italiano, del Partito Comunista italiano, del Partito d'Azione, presa visione dell'ordine del giorno votato in Roma il 16 ottobre del 1943 (pubblicato sull'Avanti supplemento n. 6 in data 19 ottobre) dai Partiti Liberale, Democratico-cristiano, Comunista, Socialista e d'Azione, riuniti in Comitato Centrale di Liberazione Nazionale e pubblicato sul n. 3 del Popolo in Bari l'11 novembre 1943; nonché della dichiarazione dell'analogo comitato di Napoli in data 12 novembre 1943, con la quale si chiede la formazione di un Governo democratico con la rimozione di tutti gli ostacoli che vi si oppongono; ne prendono atto aderendovi e deliberano di costituirsi in Comitato di Liberazione, dichiarando di voler uniformare la propria azione a detti deliberati.

Deliberano inoltre di comunicare il presente ordine del giorno a tutti i Comitati del Fronte Nazionale dell'Italia liberata, invitandoli a costituirsi in Comitati di Liberazione ed a stabilire al più presto opportuni contatti con Bari al fine di creare un organo esecutivo centrale, nel quale dovranno anche inserirsi i rappresentanti dei partiti anti-fascisti dell'Italia occupata, a cominciare da quelli oggi presenti in Bari. E ciò altresì al fine essenziale di intensificare gli sforzi tendenti alla continuazione della guerra contro l'oppressione nazista ».

Il 16 Novembre (a governo Badoglio annunciato) giunse a Brindisi il testo di un altro ordine del giorno, dal CLN della capitale (sembra distillato in Laterano e nella casa di monsignor Barbieri) e diede l'impressione che ci fosse concordia tra i gruppi antifascisti meridionali. In effetti nel Sud con quelli di Roma vi era una vasta discordia, offrendo non solo un triste spettacolo agli stranieri, ma espresse semmai una durissima politica che non era la migliore per creare l'unità necessaria. Chi (Roma) accettava e guardava al dopo, e chi (Sud - Bari e Napoli) ostinatamente rifiutava.

Bonomi, in
Diario di un anno, pag. 133, riporta questo testo:

"Il Comitato di Liberazione Nazionale, di fronte agli ultimi sviluppi della situazione e alle preannunciate dimissioni di Badoglio, che intende ritirarsi non appena Roma avrà ripreso il suo compito di capitale:

1° dichiara che il popolo italiano dovrà, appena sia liberato il territorio nazionale, esprimere la sua volontà circa le forme istituzionali dello Stato. A questo diritto che discende dal principio democratico e che ha avuto il suo riconoscimento anche negli accordi interalleati di Mosca, il popolo italiano non può in alcun modo rinunziare. Pertanto il problema istituzionale dovrà essere sottoposto nella sua interzza, non pregiudicabile da sostituzioni di persona, al sovrano giudizio di tutto il paese;

2° conferma la necessità, già espressa nel proprio ordine del giorno 16 ottobre, che il nuovo Governo assuma tutti i poteri costituzionali per dare finalmente al paese quella guida sicura che è mancata finora, e che è indispensabile per condurre, con ferma decisione e nell'unione di tutti gli italiani, la guerra liberatrice e per preparare, nella solidarietà di tutti i partiti antifascisti, le forme politiche economiche sociali del nuovo Stato"


IL 29 Novembre il C.L.N. di Napoli fu diffuso un altro ordine del giorno del C.L.N di Napoli. Nel frattempo era sbarcato l'arrabbiato Sforza; nello stesso giorno Sforza e Croce parlavano agli studenti dell'Uivesrità contro il Re; e nello stesso giorno il Re era sceso in città e riceveva dal popolo partenopeo calorose manifestazioni di affetto)
Se quelli di Roma affermavano "la necessità, che il nuovo Governo assumesse tutti i poteri costituzionali", quelli del C.N.L. di Napoli riaffermavano la posizione di assoluta intransigenza, e diffondevano il seguente ordine del giorno:

« Preso atto della nuova formazione del Governo e delle dichiarazioni del Maresciallo Badoglio;

- constatato che il provvedimento e le dichiarazioni hanno profondamente deluso il popolo italiano, particolarmente sensibile alla duplice urgente necessità di partecipare effettivamente alla guerra e di riprendere subito tutte le attività di lavoro interrotte dalla occupazione e dalle devastazioni tedesche;

- rilevato che solo un Governo democratico autorevole, conforme ai già espressi voti della nazione, può realizzare l'unione sacra di tutti i cittadini, restituire al popolo la fiducia ed epurare le amministrazioni civile e militare dai complici e dai corresponsabili del fascismo;

- considerato che i partiti politici, espressione autentica della volontà popolare, ben a diritto invocano che l'esercizio del potere sovrano, mediante l'abdicazione del Re e la rinuncia del Principe, passi ad una reggenza non compromessa con il fascismo, che renda attuabile la collaborazione; riaffermato il principio che ogni decisione sul problema istituzionale vada rinviata al giorno della totale liberazione del Paese;
- proclamata la necessità di eliminare ogni sorte di residuale o riaffiorante fascismo, unico ostacolo alla rinascita nazionale;

- dichiara di negare fiducia all'attuale formazione ministeriale e di riversare sul Capo dello Stato e sul Governo la responsabilità delle pericolose fratture nella compagine nazionale e di ogni ritardo nella ripresa generale della vita civile del Paese ».

(Testo riportato da A. Tamaro, op. cit. pag. 176, II vol.)

Qui, si dichiara che la costituzione del governo ha "profondamente deluso il popolo italiano". Ma il popolo nessuno lo ha consultato. E nemmeno ha espresso la sua delusione; anzi al Re in quelle stesse ore a Napoli gli veniva riservata un'accoglienza calorosa, e all'università gli studenti avevano fallire le filippiche di Croce e Sforza con una dimostrazione filo-monarchica.
A Napoli alcuni capi avanzavano il diritto di stimarsi organi espressivi di tutto il popolo o della sua grande maggioranza, quando di qualcuno di loro s'ignorava persino se avesse seguaci, e i comunisti nel Sud, come i democristiani, incominciavano appena ad allineare le prime sezioni di parteggianti.
Ma Sforza e C., inasprivano i loro rancori nelle persone, non nei programmi, illudendosi di avere un seguito largo per liquidare il Re, e forse -illudendosi- di poter vincere con l'ostinazione la volontà più decisiva degli alleati. Nulla sapevano del contenuto della resa, nè sapevano i nuovi rapporti che ora esistevano fra russi e anglo-americani.

Qui ci basti ricordare che i più attivi ed esigenti azionisti, al primo vero contatto con la vera volontà popolare, mantenendo sempre una netta posizione antimonarchica, si opposero alla "Svolta di Salerno" . Iniziativa del PCI, assunta da Palmiro Togliatti per sbloccare lo stallo conseguente a questa pregiudiziale antimonarchica che impediva il loro ingresso al governo regio e quindi il riconoscimento alleato alla resistenza da loro guidata.
Si concretizzò nell'accantonamento della questione istituzionale, da risolvere con referendum alla fine della guerra, e nel secondo governo Badoglio con la partecipazione dei partiti, legittimando il PCI come partito democratico.

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