DOC.102

13 Settembre 1943


IL DISCORSO DI HITLER AI TEDESCHI
(parte riferita all'Italia)

"Camerati tedeschi,

Liberati dal grave peso della lunga, schiacciante attesa, vedo giunto ora il momento di parlare al popolo tedesco senza dover ricorrere ad artifizi di fronte a me stesso o di fronte al pubblico.
Il crollo dell'Italia era da prevedersi da lungo tempo, non per la mancanza di adeguate possibilità italiane per una resistenza efficace o per la mancanza del necessario aiuto tedesco. ma piuttosto per difetto, o meglio per la mancanza di volontà di quegli elementi, che ora, come conclusione del loro metodico sabotaggio, hanno provocato la capitolazione. Si è compiuto ciò verso cui da anni molti uomini tendevano: il passaggio del Comando di Stato Maggiore italiano dal Reich, alleato dell'Italia, ai comuni nemici.

Allorché l'Inghilterra e la Francia nel settembre 1939 dichiararono la guerra al Reich, l'Italia, in base ai patti, sarebbe stata costretta a dichiararsi subito solidale con la Germania; tale solidarietà era basata non solo sulle clausole del patto, ma anche sulla sorte che i nemici avrebbero riservato in futuro alla Germania così come all'Italia.

E' noto che Mussolini aveva preso la risoluzione di ordinare in Italia, secondo i patti, l'immediata mobilitazione. Le stesse forze che hanno portato oggi alla capitolazione, riuscirono ad impedire nell'agosto del 1939 l'entrata in guerra dell'Italia.
Come capo del popolo tedesco, ho dovuto avere della comprensione per tali straordinarie difficoltà del Duce.
Per tale ragione, né allora né più tardi io ho spinto l'Italia a mantenere gli obblighi dell'alleanza. Al contrario ho lasciato completamente libero il governo italiano sia di non entrare affatto in guerra, sia di entrarvi nel momento più conveniente, che esso poteva fissare liberamente.

Nel giugno del 1940 Mussolini riuscì ad ottenere quelle premesse interne necessarie per l'entrata in guerra dell'Italia a fianco del Reich.
La lotta in Polonia era altrettanto decisa in quelI'epoca quanto quella in Norvegia.
In Francia e contro le armate alleate inglesi sul continente. Nondimeno, io ho dovuto ringraziare il Duce per una presa di posizione che, come sapevo, si era potuto stabilire nell'interno solo attraverso gravi difficoltà incontrate non nel popolo italiano, ma in determinate sfere.

Da quel momento il Reich e l'Italia sostennero insieme la lotta. Su molti teatri di guerra è stato versato il sangue in comune. Nemmeno un attimo il Duce ed io abbiamo dubitato che questa lotta sarebbe stata decisiva per l'esistenza o la non esistenza dei nostri popoli.
Perciò la Germania anche di fronte ad aspri combattimenti, aiutò sempre il suo alleato fino al limite del possibile.

Molte offerte di aiuto sono state da pricipio o addirittura rifiutate dai capi militari dell'Italia, o accettate soltanto a condizioni inattuabili.
Verrà resa nota a suo tempo al pubblico la documentazione dalla quale risulta il contributo prestato dalla Germania ai suoi alleati nella lotta per i comuni destini, e che era pronta a continuare a prestare. Anche sui comuni teatri di guerra il soldato tedesco ha conservalo quell'atteggiamento che ovunque lo distingue. Perché, senza il suo intervento, l'Africa Settentrionale sarebbe stata perduta per l'Italia fin dall'inverno 1940-1941. Il nome del Maresciallo Rommel è legato in eterno a quell'azione tedesca.

Allorchè nella primavera del 1911, il Reich decise di aiutare l'Italia nei Balcani, ciò non avvenne per eseguire propositi propri, ma soltanto per aiutare un alleato per eliminare un pericolo provocato dal procedere dell'Italia che naturalmente minacciava anche la Germania.
La Germania sostenne questo sacrificio quasi nello stesso istante in cui, nella lena del gran attacco bolscevico contro tutta l'Europa, atteso di ora in ora, aveva già abbastanza da pensare a sé. Il sangue di numerosi nostri connazionali provò la fedeltà del popolo tedesco al patto con l'Italia.

II popolo tedesco ed io, come suo Capo, abbiamo potuto prendere questo atteggiamento soltanto nella coscienza del fatto che alla testa del popolo italiano si trovava uno degli uomini più rappresentativi che abbiano visto i tempi moderni, il più grande figlio del suolo italiano, dalla caduta del mondo antico. La sua incondizionata fedeltà conferì al vincolo comune la premessa di una stabilità coronata dal successo. La sua caduta, le vigliacche ingiurie scagliate contro di lui. saranno risentite un giorno dalle generazioni italiane quali una profonda onta.
Ma l'ultimo atto, che determinò il colpo di Stato, deciso da lungo tempo, è stata la richiesta da parte del Duce di più ampi poteri per una più efficace condotta della guerra.
Durissime misure contro i sabotatori palesi ed occulti della condotta della guerra, contro i nemici reazionari della giustizia sociale e con ciò della capacità di resistenza della massa del popolo italiano dovevano servire a tale scopo.

Ancora all'ultimo momento Mussolini voleva allontanare gli ostinati nemici del popolo italiano nella sua lotta per l'essere e il non essere, e per assicurare in tal modo l'avvenire dell'Italia.
E' comprensibile il dolore che io personalmente provai di fronte all'ingiustizia, unica nella storia, commessa contro quest'uomo, di fronte al trattamento indegno che gettava sul piano di un delinquente comune, lui che, per oltre 20 anni, non aveva vissuto che preoccupandosi per il suo popolo.
Sono stato e sono felice di poter considerare come mio amico questo uomo grande e leale. Del resto, io non sono abituato a cambiare o a rinnegare le mie opinioni a seconda delle circostanze. Nonostante qualche opinione contraria, io chiedo che nella vita dei popoli, come in quella dei singoli individui, la fedeltà abbia un valore inestinguibile, senza la quale la società umana finirebbe per oscillare, e le sue organizzazioni, prima o poi, si sgretolerebbero.

Cionondimeno, anche dopo quel passo ignominioso, le truppe tedesche in Sicilia, gli aviatori tedeschi, gli equipaggi dei sommergibili. delle motosiluranti, dei trasporti di ogni genere, a terra, nel cielo e sul mare, hanno continuato a fare il loro dovere al massimo grado. Per ragioni di opportunità tattica, l'avversario, oggi potrà tacerlo, ma la posterità metterà un giorno in chiaro che, fatta eccezione per alcuni valorosi reparti italiani, da quel- momento in prima linea combatterono soltanto truppe tedesche, che difendevano con il loro sangue non solo il Reich, ma anche il suolo italiano.

Che il Governo italiano si sia deciso a rompere l'alleanza, e uscire dalla guerra o a rendere in tal modo l'Italia stessa teatro della guerra, può essere da esso motivato con tutte le ragioni che crede. Ma non potrà mai scusare il fatto di non essersi messo neanche preventivamente d'accordo con i suoi alleati.

Non basta: lo stesso giorno in cui il maresciallo Badoglio aveva sottoscritto l'armistizio, egli ricevette l'incaricato d'affari germanico e l'assicurò che lui, maresciallo Badoglio, non avrebbe mai tradito la Germania, che noi dovevamo aver fiducia in lui, e che lui avrebbe dato prova colle sue azioni di essere degno di tale fiducia, e che, soprattutto, l'Italia non pensava affatto a capitolare.

Il giorno stesso della capitolazione, il Re chiamò l'incaricato d'affari tedesco e gli diede ampie assicurazioni che l'Italia non avrebbe mai capitolato, e che sarebbe rimasta fedele alla Germania nella buona e cattiva sorte.
Un'ora dopo che era stato reso noto il tradimento, il Capo dello Stato Maggiore italiano Roatta, dichiarò, di fronte al nostro plenipotenziario militare, essere quella una volgare menzogna e una invenzione della propaganda inglese.
Nello stesso momento, il delegato del Ministero degli Esteri italiano assicurava che quella notizia non era che un tipico raggiro britannico, che egli avrebbe smentito, mentre un quarto d'ora dopo doveva ammettere che la cosa era esatta e che l'Italia era effettivamente uscita dalla guerra.

Agli occhi degli aizzatori democratici della guerra mondiale, nonché a quelli degli attuali uomini di governo italiani, questo procedimento potrà sembrare un brillante esempio dell'abilità tattica della loro politica.

La storia giudicherà un giorno altrimenti e generazioni e generazioni d'italiani si vergogneranno che questa tattica sia stata applicata verso un alleato che aveva adempito col sangue e con sacrifici di ogni genere, attenendosi più di quanto bastava alla lettera dei patti.

Camerati!
Per voi che già da due anni avete avuto occasione di osservare la crescente influenza di quelle sfere reazionarie e tedescofobe, dopo la caduta del Duce non c'era più alcun dubbio sulla vera intenzione di questo cambiamento di governo.

Ho pertanto stabilito come di dovere tutte le misure che potevano essere prese in questo caso, per preservare il popolo tedesco da una sorte che il maresciallo Badoglio e la sua cricca avevano riservato non solo al Duce e all'Italia, ma nella quale volevano travolgere anche la Germania.

Gli interessi della condotta di guerra nazionale del popolo tedesco sono per noi altrettanto sacri che impegnativi. Noi sappiamo tutti che in questa lotta senza quartiere, secondo il desiderio dei nostri nemici, il soccombente verrà annientato, mentre al solo vincitore resterà la possibilità di vivere. Noi siano pertanto determinati. con fredda decisione, a prendere sempre in massima e in particolare quelle misure che siano adatte a frustrare le speranze dei nostri avversari. Ma anche numerosi italiani, gelosi del proprio onore, si sono dichiarati ora indissolubilmente legati alla lotta condotta- finora dai due popoli.

La perdita dell'Italia ha militarmente poca importanza. La lotta in Italia è stata da mesi sostenuta soprattutto dalle truppe tedesche. D'ora innanzi noi continueremo tale lotta, liberi da ogni gravoso impedimento. II tentativo del complotto plutocratico internazionale di fiaccare come in Italia la resistenza tedesca è puerile. In questo caso essi scambiano per un altro il popolo tedesco.
I provvedimenti presi a difesa degli interessi tedeschi nei confronti degli avvenimenti in Italia sono molto duri. Per quanto riguardano l' Italia esse si svolgono già secondo i piani e sono coronati da successo. L'esempio del tradimento della Iugoslavia ci ha dato già in precedenza una salutare lezione e preziosi insegnamenti. La sorte dell'Italia, però, dovrà essere per tutti una lezione per non venir mai meno, nei momenti di maggiore bisogno, ai comandamenti dell'onore nazionale, per rimanere fedeli ai propri alleati e adempiere con cuore leale a quello che il dovere ci impone di fare.

"Die zum Schutze der deutschen Interessen angesichts des Vorganges in Italien angeordneten Massnahmen sind sehr hart. Soweit sie Italien betreffen, verlaufen sie schon jetzt planmdssig und erfolgreich. Das Beispiel des Verrates Jugoslawiens hat uns schon vorher eine heilsame Aufklarung und wertvolle Erkenntnisse gegeben. Das Schicksal Italiens selbst aber mag fur uns alle auch eine Lehre sein, um in Stunden der hartesten Bedrangnis und der bittersten Not niemals dem Gebot der Nationalen Ehre zu entsagen, trei zu unserem Bundesgenossen zu stehen und glaubigen Herzens das zu erfullen, was die Pflicht zu tun uns auferlegt...."
--------------------------------------------------------

Il discorso lo abbiamo in originale diffuso dalla Radio Tedesca

ALLA PAGINA DI PROVENIENZA - TABELLA DOCUMENTI SU CD - HOME PAGE