Storia del Volo - Oltre l'onda del suono


di Rao Alessandro

Sommario:
· Premessa
· I propulsori
· Il "muro del suono"
· Il suono
· Primi tentativi
· Biografia di Charles Yeager
· Il giorno dell'impresa
· Il velivolo
· Conclusioni


Premessa

In occasione di qualche viaggio in aereo, durante la fase di decollo dall'Aeroporto di Fiumicino (Roma), quando comodamente seduto nel moderno jet di linea, accompagnato dal leggero sibilo dei possenti motori "turbofan", alcuni flashback mi riportano indietro nel tempo. Rivivo alcuni momenti con immagini rimaste indelebili, legate proprio a questo luogo, per un'indimenticabile giornata domenicale del lontano Giugno 1956, nella quale si svolse la più grande manifestazione aerea del dopoguerra, organizzata, per l'inaugurazione della pista principale del costruendo aeroporto internazionale per le Olimpiadi del 1960.

Davanti ad un pubblico di circa centocinquantamila persone, tutti con il naso all'insù, si esibirono squadriglie acrobatiche di varie nazioni. L'aviazione mondiale dell'epoca, aveva già proceduto con notevoli passi, al ricambio dei velivoli tradizionali con quelli più moderni a getto, dalla tecnologia innovativa. Aprì la manifestazione, rullando sulla pista, un solitario CR-32, vecchia gloria dell'Aviazione Italiana. Successivamente, il cielo si riempì di sfreccianti aviogetti, fra i quali, alcuni F-84 "Thunderjet" in dotazione all'Aeronautica Militare Italiana dal 1952.

Fecero seguito diversi combattimenti simulati, attacchi al suolo con bersagli sistemati fuori della pista, in alternanza a spettacolari acrobazie eseguite, con notevole abilità, dalle pattuglie acrobatiche internazionali intervenute per l'occasione. Una festa azzurra che non si era mai vista prima di allora. La cosa però che mi colpì, destandomi molta curiosità, fu una fragorosa detonazione proveniente dal cielo, anzi se ben ricordo, più di una. Il singolare fatto, una novità per quel tempo, creò una certa impressione fra il pubblico, allora non abituato a questo tipo di fenomeni.

Alcuni caccia F-84 "Thunderstreak" dell'U.S. Air Force, del tutto invisibili, volando ad altissima quota sulla verticale del campo, superarono il muro del suono, producendo l'immancabile "bang o tuono sonico". Oggi, a molti anni di distanza, l'episodio non costituisce alcuna rilevanza, se si considerano i numerosi velivoli sperimentali della NASA, che raggiungono facilmente velocità dieci volte quella del suono. Certamente non fu così negli anni '50, quando la realizzazione dei velivoli supersonici, era alla fase iniziale.

Tuttavia, il passaggio del muro del suono, era già avvenuto per la prima volta, molti anni prima, precisamente il 14 Ottobre 1947, dal capitano pilota americano Charles Yeager volando con l'aviorazzo Bell X-1. Nella storia dell'aviazione mondiale, il suo valore, può essere paragonato con certezza, al primo volo dei fratelli Wrigth nel lontano 17 Dicembre 1903.

L'impresa di Yeager, pertanto, rimane una pietra miliare, la quale oltre ad aver aperto l'epoca dei voli supersonici, ha dato un notevole impulso alla ricerca nel settore motoristico, specialmente alla propulsione a razzo, indispensabile per i vettori aerospaziali.


I propulsori

Prima di descrivere la storica impresa del superamento del "muro del suono", tralasciando il motore a scoppio ormai superato, annotiamo alcuni cenni sulla motoristica esistente in quegli anni, dal '45 al '55, nei quali, l'industria aeronautica mondiale era impegnata alla costruzione di propulsori dalla potenza sempre maggiore, al fine di ottenere velocità superiori.
Infatti, sin dalla Seconda Guerra Mondiale, si studiava un propulsore, che sarebbe stato in seguito l'alternativa del motore a scoppio: il turbogetto o turboreattore.
**Ancora un nome italiano compare nella numerosa miriade di scoperte ed invenzioni: Giovanni Branca (1571-1645). Ingegnere ed architetto, nel saggio "Macchine" dell'anno 1629, descrive la sua ingegnosa turbina costituita da un getto di vapore, contro una corona di palette collegate ad una serie di ruote dentate in modo da creare il movimento; nasce in pratica, anche se rudimentalmente, l'idea della turbina, parte essenziale del moderno turbogetto.**

Dopo tanti anni, nel 1936, in Germania, la geniale invenzione, sarà ripresa e utilizzata in campo aeronautico dal prof. Helmuth Walther, il quale fonda, assieme ad altri tecnici, una società per la progettazione dei motori a getto. Costruisce, nello stesso anno, un primo motore "Walther", per due aerei sperimentali entrambi progettati dall'ing. Alexander Lippisch: l'Heinkel 176 e l'Heinkel 112.
Più tardi, il 27 Luglio 1938, vola il primo aereo al mondo dotato di un vero turboreattore: l'Heinkel 178.

Dopo due anni, anche da parte italiana, viene realizzato il famosissimo "Caproni Campini 2". Tuttavia, è dotato di un motore che può essere definito misto, cioè non proprio un turboreattore, in quanto il compressore è costituito da un motore a scoppio del tipo Isotta & Fraschini da 750 HP, anziché da una turbina. Vola con successo il 30 Aprile del 1940, pilotato dall'asso Mario De Bernardi; peccato che il progetto, per motivi bellici, sia stato sospeso.

Sempre nello stesso anno, anche l'Inghilterra registra risultati positivi: fa volare il primo aereo dotato di un turbogetto "Gloster-Wittle E-28"da 400 Kg. di spinta. Continuano poi i tedeschi, con aerei militari, come il caccia biturbina Messerschmitt Me 262 "Schwalbe" dotato dei famosi motori Junkers-Jumo 004B-1 da 900 Kg. di spinta, un capolavoro d'ingegneria. (Per gli appassionati, segnalo che un motore del genere si trova in un hangar del Museo Storico Aeronautico a Vigna di Valle (Bracciano/RM).

 

Il turboreattore

***Una precisazione è doverosa. Con l'avvento dei motori a getto, si è usato normalmente indicarli con il termine di "motori a reazione", che è rimasto tuttora in uso, per distinguerli dai tradizionali motori a scoppio.
In realtà, da un punto di vista generale, qualsiasi tipo di motore aereo è da considerarsi tale, poiché da luogo ad una reazione. Un motore a scoppio, infatti, con le sue eliche convoglia, settanta metri il secondo, una massa d'aria all'indietro, determinando così la reazione che fa muovere l'aereo in avanti. Lo stesso sistema si verifica nei motori a getto, ma la massa d'aria spingente, in questo caso, fuoriesce da un dispositivo denominato "reattore".
Anche questo termine è usato impropriamente. Comunemente, si designa con il termine "reattore" tutto l'aereo nel suo complesso, che altresì, va chiamato correttamente "aviogetto".***

Nel turboreattore, l'aria aspirata da una turbina è immessa in un compressore che la convoglia in una camera di combustione, dove a contatto con il propellente, forma un gas ad elevata temperatura, il quale fuoriesce ad altissima velocità dall'ugello di scarico, provocando la spinta di traslazione.

Fig. A


Il funzionamento di un comune turboreattore è schematizzato nella Fig.A
1) Apertura - aspirazione dell'aria atmosferica.
2) Compressore - l'aria raggiunge un temperatura di circa 200° C.
3) Deviatore - l'aria compressa è immessa nella camera di combustione anulare.
4) Camera di combustione - arrivo del kerosene, temperatura oltre 1.000° C.
5) Ruota turbina - corona di palette a 12.000 giri al min. temperature di 1.000 - 1.100° C.
6) Ugello di scarico - gas espulsi a 1.500 - 1.800 Km/h con temperatura di 700°- 800° C.


Tuttavia, la potenza del motore che permetterà di spingere l'aereo oltre la "barriera del suono", ci riferiamo sempre agli anni quaranta, non è quella raggiunta dai motori a scoppio, i quali non oltrepassano velocità dell'ordine di 750 Km/h e né tanto meno quella ottenuta dai primi turboreattori, bensì alla potenza erogata dagli statoreattori e dagli endoreattori o razzi, i cui progetti sono palesemente la continuazione di quelli avviati dai tecnici tedeschi di Peenemünde, durante la Seconda Guerra Mondiale.
Oggi, però la situazione è molto cambiata, anche con normali turboreattori si raggiungono facilmente velocità doppie a quella del suono. Con il progresso nel settore della chimica industriale, sono stati inventati particolari materiali, altamente resistenti, impiegati nelle parti dei turbogetti sottoposti a sollecitazioni e temperature elevate come alcuni parti fondamentali: la camera di combustione e l'ugello di scarico dove si raggiungono temperature dell'ordine di circa 2.700° - 3.000° C.
Uno degli ultimi turboreattori costruito dalla ditta Pratt & Whitney, nelle prove effettuate negli impianti di Palm Beach (Florida), ha erogato una spinta di ben 20.000 Kg. con espulsione della massa gassosa ad una velocità superiore a quella del suono.


Lo statoreattore

Lo statoreattore, anche denominato autoreattore, è un motore più semplice del turboreattore, sia nel funzionamento sia nella costruzione ma, al contrario, presenta notevoli limiti nell'impiego pratico sui velivoli che li adotta.
Tuttavia, lo statoreattore negli anni '50, rende possibile lo sviluppo d'elevate velocità supersoniche per numerosi velivoli sperimentali della NACA (National Advisory Committe Aeronautics - oggi NASA) ed assume rilevante importanza per la progettazione di strutture adatte a raggiungere ancora il nuovo traguardo della "barriera termica".

Nella sua semplicità, uno statoreattore, è costituito da un tubo, nel quale entra una corrente d'aria atmosferica a forte velocità, convogliata e compressa nella camera di combustione, dove a contatto con il propellente, forma una massa d'aria ad altissima temperatura, tale da imprimere, con l'espulsione dall'ugello, una spinta di notevole potenza.

Fig. B


ll funzionamento di uno statoreattore è schematizzato nella Fig. B
A) Presa d'aria a forte velocità.
B) Compressione, immissione carburante e combustione.
C) Fuoriuscita gas.

Una delle caratteristiche negative per lo statoreattore, che ne complica l'impiego, è la sua accensione. Entra in funzione solo se l'aria atmosferica è immessa nell'apertura del tubo a fortissima velocità e quindi molto compressa. Per questo motivo i velivoli che adottano uno statoreattore, non possono decollare autonomamente da terra e pertanto devono necessariamente essere agganciati sotto la fusoliera di un aereo madre; per l'epoca alla quale facciamo riferimento, normalmente, un Boeing B-29. La separazione avviene sempre ad una quota di circa 10.000 metri, ad una velocità non inferiore agli 800 Km/h. Altra soluzione di avvio, consiste nel far decollare il velivolo direttamente dalla pista, con l'ausilio però, di razzi supplementari che imprimano la velocità ottimale richiesta per l'accensione, come menzionato.

La velocità del suono, negli anni successivi al conflitto, tuttavia l'impiego dei nuovi aviogetti e nonostante l'impegno di molte aviazioni mondiali, non è ancora superata.
Una delle maggiori difficoltà per vincere la forte resistenza aerodinamica che si verifica sulle strutture, è ancora l'enorme potenza occorrente ai motori, non del tutto disponibile.
La resistenza passiva dell'aria all'avanzamento di un aereo, incrementa con il quadrato della velocità. Ad una velocità di 100 Km/h, si ha una resistenza pari ad un valore 10, con una velocità tre volte più grande pari a 300 Km/h, la resistenza assume un valore di 90, nove volte più grande (3²).
Ancora maggiore, risulta l'incremento della potenza del motore in funzione della velocità. In questo caso, occorre tenere presente, che la potenza del motore cresce addirittura in ragione cubica. Con una potenza di 400 HP erogante una velocità relativa di 400 Km/h, che è la media ottenuta nella Seconda Guerra Mondiale, occorrono ben 3.200 HP, vale a dire otto volte maggiore (2³), per avere solo il raddoppio della velocità, cioè 800 Km/h.
Alla luce di queste problematiche, l'unica possibilità risolutiva è rivolta all'impiego dei motori a razzo.


L'endoreattore

L'endoreattore o motore razzo, è impiegato per le alte velocità supersoniche, ipersoniche ed anche fuori dell'atmosfera, quindi nel settore della missilistica e dei voli spaziali.
La caratteristica fondamentale, che lo distingue dal normale turbogetto o dallo statoreattore, è nel suo funzionamento indipendente dall'ambiente esterno, in quanto trasporta sia il carburante, sia il comburente in due serbatoi collocati nella fusoliera.
***La parola razzo, etimologicamente proviene dal latino "radius" e significa, raggio.

L'origine storica dell'uso dei razzi risale nel XIII secolo, da parte dei cinesi. Alcune antiche documentazioni, narrano di un tentato assedio da parte di popolazioni mongole, alla città cinese di Kai-Feng. L'attacco, è respinto con l'impiego di "frecce cinesi" incendiarie, consistenti in canne vuote (forse di bambù) riempite di polvere da sparo. Nel Secolo successivo anche in Italia, come descrive lo storico Antonio Muratori, nella guerra di Chioggia (1379), sono adoperati rudimentali razzi, opportunamente imbottiti di polvere da sparo, chiamati "rocchette", perché simili alle rocchette usate, in quell'epoca, per la filatura; termine che, probabilmente, ha dato origine all'inglese "rocket" ed al tedesco "rackete".

L'uso dei razzi ricompare in India, nel XVIII secolo, dagli autoctoni contro le truppe inglesi. Il perfezionamento della tecnica per l'impiego a scopi militari, si deve tuttavia, ad un ufficiale d'artiglieria inglese, tale W. Congreve. Su larga scala, infatti, da parte inglese, sono lanciati in gran numero, contro le navi francesi alla fonda a Boulogne nel 1806 e l'anno seguente, in un altro devastante attacco, con 40.000 pezzi, contro la città di Copenaghen. I razzi compaiono anche nella guerra d'Indipendenza americana, tanto è vero, che nell'inno nazionale, con le parole "rocketes red glare" (rosso splendore dei razzi), se ne ricorda l'uso in diverse battaglie.***

Tuttavia, la ricerca e lo sviluppo attorno al mondo dei razzi, riaccende interesse nel XX Secolo, fra le maggiori industrie aeronautiche europee. Sono da ricordare alcuni ricercatori come l'americano Robert Goddard, il rumeno Hermann Oberth, il francese Esnault-Pelterie, i tedeschi Opel, Tiling, Nebel e l'italiano Crocco. Il momento culminante, nella realizzazione dei propulsori a razzo, alimentati con nuovi tipi di propellenti, si verifica durante la Seconda Guerra Mondiale e non pochi sacrifici, anche umani, sono stati spesi per questa nuova tecnologia.

Nei laboratori segreti di Peenemünde nel Baltico, nonostante i ripetuti bombardamenti degli alleati, nascono velivoli operativi, come il Me 163 "Komet" ed il Bachem Ba 349 "Natter", primi ad essere propulsi con motori razzo. (vedasi "Armi segrete del III Reich")

Nella sua architettura, il motore razzo risulta molto più semplice rispetto al turboreattore. Si compone di un numero minore di parti meccaniche, rendendo meno complicato il ciclo del funzionamento. Inizialmente, i motori razzo sono alimentati da combustibili solidi, in un secondo tempo dai liquidi, per ritornare nuovamente ai solidi, sempre allo scopo di ottenere maggiori autonomie di volo.
Il propellente, introdotto nella camera di combustione, trasforma l'energia chimica, che esso contiene, in quella termica e di conseguenza cinetica. Il repentino aumento della temperatura e della pressione, provoca la fuoriuscita ad altissima velocità, della massa gassosa, dall'ugello di scarico, determinando la reazione, quindi la spinta del velivolo.
Alla potenza erogata dai razzi, non più misurata in HP come nei motori a pistoni, bensì chilogrammi di spinta, si contrappone il forte consumo di propellente; per ottenere una spinta di 200 - 300 Kg. occorre bruciare un chilogrammo di combustibile il secondo. E' forse questo il problema maggiore della propulsione a razzo al suo nascere.

Per quanto riguarda il ciclo dell'endoreattore, funziona per mezzo di una pompa, la quale immette ad alta pressione nella camera di combustione, sia il carburante, sia il combustibile, provenienti da due serbatoi anulari. In origine si adopera l'alcool come combustibile e l'ossigeno come comburente. In seguito però, con il verificarsi di molti incidenti, i tecnici tedeschi decidono di usare una miscela composta d'alcool metilico e idrato d'idrazina, come carburante e perossido d'ossigeno (acqua fortemente ossigenata) come comburente; propellente quest'ultimo, usato per il primo aviorazzo Messerschmitt 163 "Komet".

Alla fine degli anni '50, la ditta americana Pratt & Whitney, realizza un tipo di propellente, utilizzato per lungo tempo, ottenuto dalla combinazione d'idrogeno e d'ossigeno liquido come ossidante.


Il muro del suono

L'aerodinamica è una parte della fisica che studia la meccanica dei fluidi e tratta, in particolare, il movimento dei corpi nell'atmosfera. L'aerodinamica teorica formula, con analisi matematiche i princìpi che regolano i fenomeni prodotti dai flussi dell'aria che investono gli aeromobili. L'aerodinamica sperimentale ne verifica la validità per mezzo delle "gallerie aerodinamiche" dette anche "gallerie del vento", dove, avvalendosi della reciprocità del fenomeno, si sottopongono al flusso dell'aria, convogliato a diverse velocità, i modelli in scala ridotta degli aeromobili. Teoricamente le velocità sono suddivise in quattro ordini di grandezza: subsoniche (Mach < 1), transoniche (Mach = 1) e supersoniche (Mach >1), ipersoniche (Mach > 2,5).

*** ERNEST MACH (1838-1916), fisico austriaco, studioso della meccanica dei fluidi, con particolare interesse alla ricerca dei fenomeni dei corpi sottoposti al flusso d'aria a velocità del suono. L'unità di misura della velocità sonica, alla quale si è dato in onore, la denominazione di "Mach"; contrariamente a quanto si può immaginare, non indica un valore unico di riferimento, bensì un valore che deriva dal rapporto fra la velocità dell'aereo rispetto all'aria e la velocità del suono nelle condizioni esistenti nello stesso spazio dell'atmosfera. Pertanto il Mach assume sempre valori diversi, relativi ai parametri di temperatura e densità dell'aria decrescenti alle varie quote.
Generalmente, la velocità del suono (Mach 1) al suolo con 15° C, in atmosfera normale è di 1.228 Km/h mentre ad una quota di 10.000 metri, dove la temperatura è di - 55° C, la velocità è di 1.080 Km/h***

In realtà, distinguiamo il volo subsonico fino a velocità dell'ordine di 1.000 Km/h dove si può governare l'aereo con e le comuni norme di pilotaggio derivate dalle leggi classiche dell'aerodinamica.
Con velocità tra 1.000 - 1.200 Km/h si ha il volo transonico, nel quale il velivolo per il periodo di permanenza, subisce sollecitazioni che assumono valori improvvisamente diversi, ma che attorno alla struttura, la resistenza aerodinamica si presenta imprevedibilmente discontinua, in relazione alla configurazione dell'aereo.
In altre parole, in alcuni punti del profilo, fattispecie, cabina di pilotaggio e muso, il flusso dell'aria scorre con velocità sia subsonica sia supersonica, determinando una fase d'instabilità, rendendo quindi, estremamente difficoltoso il controllo del velivolo da parte del pilota. Interessante ricordare, per la soluzione di queste problematiche la nota regola "delle aree o delle sezioni", elaborata dall'americano dr. Richard T. Whitcomb da esperienze di laboratorio. Prevede, che l'area delle sezioni normali alla fusoliera di un velivolo, destinato al volo supersonico, deve essere mantenuta costante, in modo di ottenere la resistenza dell'aria uniformemente distribuita. Ciò significa, in altre parole, che in prossimità degli attacchi alari e della cabina, le corrispondenti sezioni trasversali della fusoliera devono restringersi. Conseguentemente a questa regola, negli anni '50, molti velivoli assumono il profilo della fusoliera simile all'inconfondibile forma della bottiglia di Coca Cola. Altre innovazioni, si aggiungono ancora alla struttura, per quanto riguarda la forma delle ali, a freccia e a delta, nonché degli spessori con nuovi profili, studiati in modo da rallentare l'insorgere dei fenomeni di compressibilità presenti a velocità tra Mach 0,80 e 1,20.

Segue la fase del volo supersonico, compresa da Mach 1 fino a Mach 2,5; oltre quest'ultimo valore, si entra nel volo ipersonico, nel quale si presenta un altro ostacolo non meno insidioso, originato dal forte attrito: il calore.
I vari fenomeni riscontati nella fase transonica, derivati dalla crescente compressibilità dell'aria, creano il "muro del suono", vale a dire il grado più elevato assunto dalla resistenza dell'aria (Mach 1). Il comportamento del velivolo è sostanzialmente diverso da quello che si ha a velocità subsonico. L'aereo che procede nel volo, oltrepassando Mach 1, è sottoposto ad una serie di sollecitazioni strutturali di fortissima intensità.
Tuttavia, dopo breve tempo dal passaggio del fatidico muro, i fenomeni aerodinamici tendono a scomparire ed il velivolo continua il suo volo supersonico con relativa facilità. Ciò perché la difficoltà del volo supersonico, inizialmente, è nella potenza del motore, ma una volta superato Mach 1 diventano fondamentali le caratteristiche aerodinamiche dell'aeromobile.

 

Il Suono

Per comprendere il comportamento di un velivolo che proceda alla velocità sonica o supersonica, occorre considerare innanzi tutto, la natura e le peculiarità del suono come fenomeno fisico ed il fluido nel quale si propaga, l'atmosfera per quanto ci riguarda.
Le molecole che formano l'aria, si scontrano miliardi di volte ad una velocità di 500 metri il secondo, in un moto detto browniano (dal botanico inglese Robert Brown) ed è questa loro eccitazione determina il calore, quindi la temperatura del fluido.
Un'onda sonora, in definitiva, non rappresenta nient'altro che la rarefazione o la compressione di queste molecole, le quali, con una velocità di 340 metri il secondo, circa 1.225 Km/h ed una temperatura di 15° C, permettono la trasmissione delle vibrazioni sonore nell'atmosfera. Salendo di quota, dove la temperatura diminuisce drasticamente, diminuisce anche la velocità del moto browniano e di conseguenza la velocità delle onde sonore. Generalmente, i corpi in movimento nell'aria, provocano delle perturbazioni che si espandono, similmente alle onde sonore, quindi alla velocità sonica.

Citiamo il classico esempio del diapason, il quale, urtato con un colpo secco, produce un "suono" derivato da una serie di vibrazioni che si propagano nell'aria mediante "onde sferiche" giungendo fino al nostro udito. Sono le "onde sonore", costituite da sottilissimi strati d'aria, concentrici, condensati e rarefatti. Detti movimenti ondulatori dell'aria circostanti la fonte sonora, devono essere intesi esclusivamente una "propagazione d'energia" e non un "trasporto di materia". La forza di compressione, vale a dire la quantità d'aria eccitata dalle onde sonore forma l'intensità del suono (forte o debole) e si misura in decibel (un decibel = Kg. 0,0381 per metro quadrato). Per frequenza, invece, s'intendono il numero delle onde sonore prodotte dalle vibrazioni nel tempo di un secondo ed è inversamente proporzionale alla lunghezza delle onde stesse, determinando il tipo di suono, vale a dire la nota musicale. La frequenza si misura in Hertz e diventa udibile al nostro orecchio quando è compresa in un "range" tra 20 Hz a 20 kHz.

Premesso quanto esposto, consideriamo una schematica riproduzione relativa alla propagazione delle perturbazioni originate da un corpo in movimento (Fig. C).

Fig. C

 

Sono, in essa, evidenziati i punti 0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, i quali rappresentano la successione delle varie posizioni di un velivolo che procede in volo rettilineo.
Nello stesso tempo, detti punti, sono anche i centri delle perturbazioni aerodinamiche prodotte dal velivolo stesso, il quale, aumentando velocità, comprime sempre più gli strati d'aria nella direzione dell'avanzamento, provocando così continue onde sferiche d'urto e determinando l'aumento della densità dell'aria, quindi, una resistenza passiva in aggiunta all'attrito. Negl'istanti che il velivolo percorre la distanza dal punto 0 a 9 a velocità supersonica, elimina, di fatto, l'intervallo, vale a dire la distanza delle onde addensate davanti alla sua prua. A questo punto, si materializza repentinamente la "barriera del suono". Durante il passaggio, si verificano delle particolari condizioni aerodinamiche che stravolgono le normali operazioni di pilotaggio: interruzione dei flussi d'aria attorno alle superfici alari, degli alettoni e degli equilibratori di coda dando luogo ad uno stallo improvviso con perdita di portanza, quindi di stabilità.
La complessa serie di perturbazioni aerodinamiche che si espandono in successione come tante sfere, aventi origine nei rispettivi centri 0, 1, 2, 3 relativi alle posizioni dell'aereo in movimento, sono racchiuse in un cono, detto di Mach. (Fig. D)

 

Le varie esperienze condotte nella "galleria a vento" tramite modelli, dimostrano che nella fase di passaggio dal volo transonico al supersonico, si creano due coni di Mach: il primo, originato dalla parte anteriore della fusoliera, il secondo, dai piani di coda. Le superfici laterali di entrambi i coni di Mach, costituite da onde sonore inviluppate, si propagano nello spazio, dando luogo alla forte detonazione del "bang sonico".
In realtà le detonazioni sono due, ma dato che avvengono in un quinto di secondo l'una dall'altro, a terra se n'avverte solamente una.
Il "bang sonico" prodotto durante una picchiata di 30°, può essere udito a circa 15 Km. di distanza, in un'estensione sul terreno a forma d'ellisse, con l'asse maggiore secondo la direzione del volo.
Un velivolo che effettui un passaggio supersonico a quota relativamente bassa, può causare una detonazione di circa 260 decibel, provocando la rottura dei vetri delle finestre.


Primi tentativi

In molti racconti autobiografici dei piloti della Seconda Guerra Mondiale, si riscontrano numerose dichiarazioni, le quali affermano, il raggiungimento di velocità soniche con velivoli ad elica, in particolari condizioni di volo. Non sono comunque da prendere in considerazioni per due motivi fondamentali: prima di tutto, gli strumenti per la rilevazione della velocità (tubo Pitot), usati in quegli anni, non erano molto affidabili, vista la variabilità di questo valore rispetto ai parametri ambientali; in secondo luogo, i fenomeni aerodinamici derivati dalla velocità prossima o superiore a quella del suono, erano pressoché sconosciuti ed i piloti non sarebbero stati in grado di controllare i velivoli in tali condizioni. Le velocità raggiunte durante il conflitto, sono pertanto da considerarsi certamente subsoniche o tutt'al più, transoniche. Confermati, sono invece gli incidenti mortali accaduti nei diversi tentativi.

Solo i tedeschi raggiungono con certezza, durante il conflitto, la velocità massima di 1.004 Km/h in volo orizzontale con il Me 163 "Komet" dotato però di un motore a razzo.

Tuttavia, riportiamo di seguito alcuni tentativi dichiarati, scarsamente attendibili:

· A Settembre 1942, il ten. col. Hough, dell'U.S.A.A.F. con un P-38G "Lightning", avrebbe raggiunto in una picchiata da 5.000 m. la velocità di 1.250 Km/h, superando la barriera sonica; successivamente ad Ottobre, avrebbe ripetuto l'impresa con un P-47 "Thunderbolt".

· Nel 1943, anche il col. Yahne, afferma di aver sfiorato la velocità del suono pilotando un P-38 "Lightning" evitando miracolosamente un incidente.

· A Marzo del 1944, il col. Ben Kelsey, sempre con un P-38 "Lightning", avrebbe raggiunto 1.210 Km/h.

· Nell'anno 1944, il col. S.A. Gilkey, comandante della Sezione Collaudi, nella base di Wright Field, anch'egli con un P-38 "Lightning", avrebbe raggiunto durante una picchiata la velocità di 1.100 Km/h, riscontrando fenomeni di forte compressibilità, con vibrazioni e irrigidimento dei comandi.
In realtà, la ditta Lockheed, costruttrice del P-38, ha sempre dichiarato che la velocità massima potenziale del suo velivolo, non poteva superare gli 845 Km/h.

· Dal 1944 al 1946, diversi piloti inglesi, con gli "Spitfires" e "Typhoon" dichiarano di aver raggiunto velocità prossime o superiori a quelle del suono, riportando anche diversi incidenti.

· Anche gli americani, nello stesso periodo, nonostante l'impiego del primo aviogetto P-80 "Shooting Star", non riescono a superare la velocità del suono, sfiorando soltanto i 1.100 Km/h. Subiscono comunque diversi incidenti, qualcuno addirittura con l'esplosione in volo dell'aereo.

· A Maggio del 1947, una notizia proveniente da oltrecortina, storicamente mai documentata, rivela che piloti russi, con aerei ad elica, avrebbero superato in picchiata la "barriera del suono."

In definitiva, il 14 Ottobre dello stesso anno, sono gli Stati Uniti a conquistare il primato, impiegando l'aviorazzo Bell X-1A pilotato dal cap. Charles E. Yeager.


Dopo il primato di Yeager, alcuni tentativi riusciti sicuramente attendibili sono:

· Il 25 Aprile del 1948, un velivolo americano, del tipo North American XF-86 "Sabre" supera Mach 1 in picchiata.

· Il 6 Settembre del 1948, il primo velivolo inglese De Havilland 108, ad una quota di 12.000 metri raggiunge la velocità di Mach 1.

- Il 26 Dicembre del 1948, il primo velivolo sovietico Lavochkin La-176 (derivato da un La-15) supera Mach 1 in affondata>

· Nel mese di Luglio del 1949, il pilota americano Gene May, con il velivolo sperimentale della NASA D-558 "Skyrocket", costruito dalla Douglas per conto dell'U.S.Navy, raggiunge in volo livellato Mach 1,03.

A questo punto la lista sarebbe troppo lunga, negli anni successivi, diventerà sempre più facile volare a velocità supersoniche senza più creare serie difficoltà.


Biografia di Charles "Chuck" E. Yeager
Charles "Chuck" E. Yeager nasce il 13 Febbraio 1923 nella cittadina di Myra in West Virginia. A Settembre del 1941, consegue il diploma di scuola superiore e successivamente entra nell'U. S. Army Air Force dove partecipa ad un corso per allievi sottufficiali. Dopo due anni, a Marzo del 1943, nella base di Luke Field a Phoenix in Arizona, ottiene il brevetto di pilota militare.
Alla fine del corso è classificato un pilota dalle doti particolari, soprattutto per la sua vasta cultura scientifica. Durante la sua carriera, infatti, Yeager ha sempre affermato che per diventare un buon pilota, non è sufficiente solo una grande passione per il volo, ma occorre altresì avere una preparazione altamente scientifica, acquisita da una lunga applicazione allo studio. Ciò costituisce uno dei tanti motivi per il quale è ricordato nella storia dell'Aviazione statunitense. Tuttavia, si racconta, com'egli stesso ha affermato in alcune dichiarazioni, che all'inizio della sua attività di pilota, paradossalmente, soffrisse di mal d'aria.
Partecipa ad un corso di specializzazione per qualificarsi pilota da caccia ed essere inviato nei reparti operativi. Per le sue capacità dimostrate al corso, è destinato al 363° Fighter Squadron nella base di Tonopah in Nevada, al collaudo del caccia Bell P-39 "Airacobra". Aereo questo alquanto difettoso, ad Oroville in California, subisce il primo incidente, riportando una lesione ad una vertebra, dopo essere stato costretto a lanciarsi con il paracadute a causa di un incendio a bordo.
Passa successivamente, al collaudo dei velivoli più importanti della Seconda Guerra Mondiale, come il Republic P-47 "Thunderbolt", il Lockeed P-38 "Lightning" ed il North American P-51 "Mustang".

Dopo aver effettuato il passaggio sul caccia P-51 "Mustang", Yeager, con il suo reparto, nel mese di Novembre 1943, è trasferito nel teatro operativo europeo (E.T.O.), nella base inglese d'Ipswich. Situata a circa un centinaio di Km. a nord est da Londra, vi operano i migliori piloti inglesi del Fighter Command della R.A.F. reduci dai combattimenti contro la Luftwaffe nell'epica battaglia d'Inghilterra di metà Agosto 1940.
Yeager con il suo caccia P-51, denominato "Glamorous Glennis" (affascinante Glennis), in ricordo della sua fidanzata, è preposto alla scorta dei bombardieri B-17 diretti sulla Germania, come la maggior parte della caccia americana dell'8th Air Force. Il giorno 5 Marzo 1944, ottiene la prima vittoria con l'abbattimento di due caccia Me 109. E' abbattuto per la seconda volta nei cieli francesi, si salva con il paracadute, riceve aiuto dai "maquisards" francesi della resistenza che lo aiutano a raggiungere la Spagna. Ritorna in Europa nonostante un divieto vigente all'epoca nell'U.S. Army Force, per il quale i piloti caduti prigionieri non avrebbero dovuto prestare nuovamente servizio nella stessa zona operativa.

Yeager, tuttavia, riesce a compiere 64 missioni e si conferma, con un totale di 11,5 vittorie omologate, asso della caccia statunitense. Dopo il conflitto, una serie d'incarichi, come collaudatore, lo costringono a peregrinare dalle basi d'Oroville, Perrin Field, Lubbok, fino ad approdare a Wright Field dove prova il primo caccia a reazione Lockheed P-80 "Shooting Star", avvicinandosi alla sua grande occasione.
Frattanto, proprio alcuni tecnici della NACA (NASA) assieme ai vertici dell'U.S. Air Force, si accordano per la realizzazione di un velivolo propulso a razzo, allo scopo d'infrangere il "muro del suono", ambito traguardo mirato anche da nazioni europee come Inghilterra e Francia, aprendo così, un nuovo capitolo del volo.

Dopo la selezione ad una lista di 125 piloti, aspiranti designati al progetto, la preferenza cade su Charles Yeager, per il suo carattere molto equilibrato, la seria professionalità e la notevole attitudine al volo acrobatico, doti queste ultime, dimostrate partecipando a molteplici manifestazioni aeree svolte in tutti gli States, dopo la fine del conflitto.

Nel 1952 è destinato al comando della base di Maxwell in Alabama. Dopo due anni, ritorna al comando del 417th Fighter Squadron nella base di Hahan in Germania Occidentale.
Nel 1957, rientra in patria, dove è assegnato al 413th Fighter Wing nella base di George in California al comando del 1st Fighter Squadron e vola sull'F-100 "Supersabre".
Nel 1961 si laurea all'Air War College, presso la base di Maxwell in Alabama. L'anno successivo diventa comandante della prestigiosa scuola per piloti collaudatori, Test Flight Pilot School, dalla quale usciranno i futuri astronauti. Nel 1966 è al comando del 405th Fighter Wing nella base di Clark, situata nelle Filippine, da dove compie 127 missioni nei cieli del Vietnam, scampando a situazioni estremamente pericolose.
Nel 1969, con il grado di Brigadiere Generale è al comando del 17th Air Force di stanza nella Germania Occidentale nella base di Ramstein, (luogo dell'incidente alle nostre Frecce Tricolori).
Ritorna di nuovo in patria al comando del 306th Fighter Squadron alla base di Victorville in California.
Nel mese di Marzo del 1973, è in ispezione al Centro di Sicurezza della Base di Norton in California, dove dopo tre mesi ne diventa il Direttore.
Yeager, si ritira dall'U.S. Air Force nel mese di Marzo del 1975.

Durante la vita civile è promotore d'iniziative a carattere divulgativo del mondo aeronautico. Collabora a diverse produzioni cinematografiche e televisive ed è autore d'articoli e libri.
Riceve tre lauree scientifiche ad "Honoris causa": nel 1948, dalla West Virginia University, nel 1969, dalla Marshall University di Huntington in Virginia e nel 1983 dall'University di Charleston in Louisiana.
Nel 1986, su incarico dal Presidente Ronald Regan, prende parte alle indagini svolte dalla Commissione Nazionale per lo Spazio, in relazione all'incidente accorso alla capsula spaziale Challanger.
In tutta la sua carriera di pilota collaudatore, vola con più di 150 tipi d'aerei, accumulando un totale di 14.000 ore di volo, di cui 13.000 compiute su caccia. Fra le macchine pilotate di gran rilievo, in linea nei reparti militari, vi sono: F-15, F-16, F-18, SR-71, tutti supersonici.

Ritiratosi definitavamente a vita privata, vive attualmente nella località di Grass Valley in California.
(5 nov. 2006).


Per la sua lunga attività, riceve importanti riconoscimenti e numerose citazioni.
· Da parte militare:
1 Distsinguished Service Medal
1 Silver Star
1 Legion of Merit
1 Distinguished Flying Cross
1 Bronze Star Medal
1 Purple Heart
1 Air Medal
1 Air Force Commendation Medal
1 Distinguished Unit Citation Emblem
1 Air Force Outstanding Unit Award.


· Da parte civile:
Harmon International Trophy
Gold Medal Award
Collier Trophy (dal Presid. Harry Truman - 1948)
MacKay Trophy
W. Mitchell Trophy F.A.A
Congressional Medal Silver of Honor (dal Presid. Gerald Ford - 1976)
Presidential Medal Silver of Freedom(dal Presid. Ronald Regan - 1985)


Il giorno dell'impresa

Dopo ripetuti tentativi da parte d'altre nazioni, senza aver mai superato realmente "il muro del suono", gli Stati Uniti giungono alla conquista del primato, ricercato fin dal 1945.
Prima del fatidico record, sono attuati moltissimi voli di prova nella base aerea di Muroc Field, situata a circa 210 Km. da Los Angeles, nel deserto di Mojave presso il Dry Lake Rogers (lago asciutto), oggi Edwards Air Base e sede della NASA.

X-1

Yeager, all'inizio, è incaricato di seguire in volo le prove di stabilità dell'X-1 dopo il distacco dall'aereo madre, a bordo del caccia P-80 "Shooting Star", il migliore che l'U.S.A.F può disporre in quel momento. I primi piloti preposti al collaudo dell'aviorazzo, sono Jack Woolams, Alvin M. Johnson, Chalmers Goodin, anch'essi tutti di comprovata esperienza.
L'impresa prende il via la mattina del giorno 14 Ottobre 1947, in una splendente giornata inondata di sole, come regolarmente accade in questa zona della California.
L'attesa dei tecnici e degli ingegneri del progetto è molto serena, ma nello stesso tempo non priva di timori, anche per l'incolumità del pilota stesso, a causa di precedenti incidenti accaduti.
A seguito di precisi calcoli e continue sperimentazioni nella "galleria a vento", l'X-1 si presenta con una struttura rispondente alle complicate prestazioni richieste, sia per la stabilità, sia per la resistenza all'aria.

B-29



L'aviorazzo, con la sua livrea gialla, con le ali sottili e corte, somigliante più ad un siluro che ad un aereo, è issato nella stiva del Boeing B-29. Quest'ultimo, famoso bombardiere della Seconda Guerra Mondiale, opportunamente modificato per tale compito dai tecnici, ridenominato con la sigla EB-29BW, appartenente all'esigua schiera di velivoli privati impiegati dalla NASA, è il migliore in assoluto per tali missioni, sia come capacità di carico sia come quota stratosferica. Sulla sua fusoliera viene dipinta un'icona molto appropriata, scelta in sintonia all'impresa: "Una cicogna che regge con il becco un bambino".
Sono esattamente le 10,50 AM quando inizia il breve "count down". L'aereo si sgancia inizialmente in volo librato, dopo alcuni secondi entra in azione il motore razzo, costituito da quattro tubi che spingono il velivolo fino a raggiungere in pochi secondi la velocità transonica di Mach 0,80. Entra subito nella fase più delicata del volo con l'insorgere della temuta compressibilità, originata dalle onde resistenti agenti attorno al velivolo.
D'improvviso l'aviorazzo è sobbalzato dal flusso dell'aria. Le ali sottoposte alla resistenza tendono a piegarsi, la fusoliera è scossa da vibrazioni con forti spostamenti sull'asse longitudinale, provocando continue imbardate. Sembra che le leggi classiche della fisica non sono più vere, il velivolo sta entrando nella pericolosa fase del volo supersonico.

Yeager attua subito la caratteristica inversione dei comandi e profondo conoscitore dell'X-1, già allenato a questa nuova situazione di pilotaggio, forte della sua notevole preparazione anche teorica, dopo alcuni secondi, lancia l'aereo in una cabrata, schizzando letteralmente ed il caso di dirlo, a Mach 0.80 a Mach 1 ed oltre. Il cap. Yeager, dopo tanti sacrifici, fa centro.
Finalmente, infrange "la barriera del suono" oltrepassando per la prima volta al mondo la velocità del suono, fino a raggiungere il nuovo record di Mach 1,10 (1.225 Km/h) ad una quota di 9.000 metri dove l'aria rarefatta ha una temperatura di - 50° C.

Il pilota prova finalmente un gran sollievo, quando vede l'indicatore di velocità sul pannello del cruscotto superare Mach 1 e contemporaneamente, lasciarsi dietro il rumore del motore, sentendo solo il ticchettio degli strumenti di bordo. Com'egli stesso racconterà in seguito, è riuscito a controllare l'aereo quando prossimo alla velocità del suono, i comandi stavano per sfuggirgli di mano e solo grazie alla sua freddezza è stato in grado di concludere nel migliore dei modi l'impresa.
Dopo alcuni mesi di silenzio, per motivi di sicurezza militare, la notizia è divulgata ed il cap. Yeager riceve a Giugno del 1948, il Mackay Trophy e, direttamente dal Presidente Truman, il Collier Trophy, assieme a Lawrence D. Bell, titolare della ditta costruttrice dell'X-1.


Il velivolo

Nel 1944, alcuni vertici dell'U.S. Air Force, s'incontrano con i responsabili della ditta Bell Aircraft Corporation, per discutere sulla possibilità di far volare, entro un anno, un velivolo alla velocità di 1500 Km/h ad una quota di 10.000 m. per un tempo da due a cinque minuti, con caratteristiche strutturali tali da sopportare sollecitazioni fino a 18 "g". Il contratto è stipulato il 14 Marzo 1945 e nasce così il velivolo destinato alla conquista del "muro del suono". La fusoliera è disegnata dalla U.S. Army Ballistics Proving. Il velivolo è denominato con la sigla "X-1", dove "X" sta per velivolo sperimentale.
**La lettera X, con la quale sono contraddistinti tutti i velivoli sperimentali, deriva dalla parola eXsperimental. E' affiancata inoltre, inizialmente, solo nella fase di collaudo ad ogni prototipo prima di entrare definitivamente in linea di produzione.**
Il programma X-1 Series si protrae dal 1946 al 1958, realizzando un totale di oltre 200 voli nelle varie versioni.

Bell X-1


Alcune informazioni tecniche del Bell X-1
· L'X-1, pilotato da Jack Woolams, effettua il primo volo senza motore il 19 Febbraio del 1946, nella località di Pinecastle in Florida, per studiare il comportamento della cellula alla stabilità ed alla resistenza aerodinamica.
A Dicembre dello stesso anno, pilotato da Chalmers Goodlin, effettua il primo volo con motore, raggiungendo la quota di 8.000 m. alla velocità di Mach 0,79 sulla verticale del lago asciutto Rogers della base di Muroc Field.
Il 14 Ottobre 1947, pilotato da Charles Yeager, supera la "il muro del suono" raggiungendo la velocità record di Mach 1,10 in volo orizzontalmente alla quota di 9.000 m. sul lago asciutto.
Il 5 Gennaio 1949, sempre Yeager, effettua un volo azionando il motore per un minuto e quaranta secondi, dopo l'accensione, raggiungendo una quota di 7.000 m.
L'X-1, è dotato di un propulsore Reaction Motors RMI-6000-C4, (cod. U.S.A.F. XLP11-RM-1), composto da quattro razzi per un totale di 6.000 Kg. di spinta. L'apertura alare è di m. 8,40 mentre la lunghezza di m. 9,28. L'altezza del timone è di m. 3,25. Il peso a pieno carico è di 6.000. La velocità d'atterraggio non inferiore a 264 Km/h Il tipo di carburante utilizzato è costituito da una parte di perossido d'ossigeno liquido, come combustibile ed un comburente composto d'alcol etilico e un quinto d'acqua come catalizzatore; nella reazione si trasforma l'ossigeno in gas che brucia il comburente ad elevata temperatura, con eiezione ad alta pressione della massa gassosa dall'ugello.
Il carrello è del tipo tradizionale a triciclo. L'X-1 è costruito in tre esemplari, dei quali, uno distrutto in volo, uno per le prove alla NACA, uno destinato al museo dell'aria Smithsonian Institution Air, (Washington D.C.)


· L'X- 1A (nell'immagine sopra) differisce dalla prima versione originale per alcune dimensioni: lunghezza di m. 10,26 altezza m. 3,22. Ha inoltre l'abitacolo del pilota pressurizzato, integralmente collocato all'interno della fusoliera, al fine di eliminare le forti resistenze aerodinamiche; è anche fornito di un seggiolino eiettabile Martin Baker Mk 4. Per il tettuccio della cabina, è impiegato uno speciale plexiglas ad altissima resistenza.
L'aereo è dotato del motore RMI-6.000 C4 (XLPV-RM-5), da 2.720 Kg. di spinta, dalla durata da 2,5 a 4,2 minuti primi. A pieno carico, può raggiunge un peso totale di circa Kg. 8.150. Dopo ripetute prove, l'X-1A, pilotato sempre da Yeager, il giorno 12 Dicembre 1953, raggiunge la velocità di Mach 2,5 (2.655 Km/h) ad una quota di 27.000 metri.
Questo unico esemplare è distrutto in volo, il 18 Agosto 1955, in seguito all'esplosione dei serbatoi del propellente.

· L'X-1B, è il sesto ed ultimo della serie, molto simile all'X-1A con alcune varianti nella strumentazione di bordo, provvista di sofisticati sensori progettati per rilevare le variazioni aerodinamiche, nonché quelle termiche.
I risultati ottenuti nei vari collaudi, saranno importanti per la realizzazione dell'X-2.


· L'X-1C, è una nuova versione che rimane tuttavia solo alla fase di progettazione. Per motivi organizzativi, il programma è successivamente annullato.
· L'X-1D, è oggetto d'ulteriore modifiche, in particolare modo alla strumentazione di bordo. Conclude la carriera dei velivoli X-1 Series, precursori dei primi voli oltre il suono, esplodendo drammaticamente durante in una prova di collaudo a 5.000 m. di quota con la perdita del pilota.


Conclusioni

Sono trascorsi poco meno di sessant'anni a Muroc Field, da quel lontano 14 Ottobre 1947, nel quale iniziava il nuovo capitolo dell'aviazione, con molte incognite, ma anche ricco delle molteplici possibilità che avrebbero condotto, in seguito, a traguardi sempre più rilevanti, fino alla conquista della Luna.
I luoghi dell'impresa sono rimasti gli stessi, sono cambiati gli uomini, ma sempre con lo stesso proposito dei pionieri: pervenire a nuovi successi.

Attualmente nella base di Muroc Field, (now Edwards Air Base), lavorano per la NASA, migliaia di persone fra ingegneri, tecnici, personale altamente specializzato, tutti in collaborazione con l'U.S. Air Force - U.S. Army - U.S. Navy e le più importanti ditte aeronautiche nazionali. L'impianto è costituito da 10 piste lunghe fino a 12 Km. più altre 7 naturali, ricavate sulla superficie piatta del lago asciutto, di 9 Km. Una zona della base, completamente isolata per motivi di segretezza, è il centro delle ricerche e progettazioni di veicoli per eventuali viaggi verso altri pianeti.

Tuttavia, il passato della base è raccolto in una delle sale del Flyght Test Pilot Center Edwards, in uno stile hollywoodiano, dove sono esposte in grandi bacheche, le impronte delle mani di tutti gli assi che hanno contribuito con le loro coraggiose imprese allo sviluppo del volo, dal primo pilota collaudatore Glenn Edwards, a Charles Yeager, Frank Everest e man mano tutti gli altri non meno importanti.
Elenchiamo di seguito i velivoli sperimentali "X" più indicativi, protagonisti presso la NASA, negli ultimi sessant'anni:

· X-1 (Anno 1946): Costruito dalla Bell. Primo volo supersonico il 14 Ottobre 1947.

· X-2 (Anno 1952): Costruito dalla Bell. Progettato per lo studio del volo ipersonico; il 27 Settembre 1956, arriva a Mach 3,3 ad una quota 30.000 m. ma dopo pochi secondi, a seguito della perdita di stabilità, si conclude drammaticamente, l'impresa con la morte del pilota. E' comunque il primo a sfiorare la "barriera termica".

· X-3 (Anno 1954): Costruito dalla Douglas. Denominato "Flying Stiletto" per la sua penetrante fusoliera; oltre alle velocità ipersoniche è utilizzato per la lo studio di nuovi materiali resistenti al calore. Antesignano del caccia bisonico Lockeed F-104 e molti altri.

· X-4 (Anno 1950): Costruito dalla Northrop. Denominato Batman, è usato per la ricerca dei velivoli senza coda in prossimità del volo transonico. Compie solamente una ventina di prove.

· X-5 (Anno 1952): Costruito dalla Bell. Impiegato per lo studio delle ali a geometria variabile. Derivazione del tedesco Messerschmitt P-1011. Antesignano del caccia Grumman F-14 "Tomcat", del bombardiere General Dynamics F-111 e del caccia polivalente Panavia "Tornado".

· X-15 (Anno 1959): Costruito dalla North American. Un vero capolavoro d'ingegneria aeronautica. Impiegato per lo studio del volo ipersonico e delle nuove leghe metalliche, titanio ed afnio; nel 1962 arriva a Mach 6,3 e la quota di 108.000 m.

· X-24 (Anno 1969): Costruito dalla Martin Marietta. Ideato per lo studio di fusoliere portanti, (lifting body), sostituenti le ali ed i piani di coda. Apre ai programmi dello Space-Shuttle.

· X-29 (1984): Costruito dalla Grumman. Originale struttura, disegnata con la pianta delle ali a delta negativo e provvisto d'alette Canard. E' utilizzato principalmente nella ricerca del comportamento alare alla resistenza dell'aria. Risulta aver volato per pochissime ore, circa 200.

· X-43A (1997): Costruito dalla Boeing. E' una delle ultime realizzazioni avveniristiche. Aereo senza pilota per il collaudo dei motori scramjet, di nuova concezione. Bensì gli scarsi risultati iniziali, vola il 16 Novembre 2004 toccando Mach 9,6 dieci volte la velocità del suono. Lanciato da un Boeing B-52, con razzo ausiliario Pegasus, tocca 33.000 m. di quota.

· X-45A (1999): Costruito dalla Boeing. E' un aereo da caccia senza pilota, concepito con una sofisticata avionica. Nasce anche come sviluppo dell'X-43A. Nei collaudi ha dato ottime performance e potrebbe diventare operativo nei prossimi anni.

· X-33, X-36, X-37, X-38, X-40: tutte realizzazioni (anche solo modelli) eseguite dal 1996 ad oggi, per lo studio della progettazione dei veicoli spaziali, con caratteristiche costruttive valide al rientro da orbite relativamente basse.



Bibliografia:
"Supersonic Aircraft" di Roy Cross - L.T.A. Robinson Limited - London (GB)
"The - X- Planes" di Jay Miller - Midland Publishing - London (G.B.)
"Yeager" autobiografico - di Charles E. Yeager-
"Further Adventures in the Good" - di Charles E. Yeager
"Gli aerei sperimentali X" di Nico Sgarlato - Delta Editrice - Parma (I)
"Dall'aeronautica all'astronautica" di D. Ludovico - Ed. Ali nuove - Roma (I)
"Le gallerie aerodinamiche" - Gaetano A. Crocco - L'Aerotecnica - vol. XV - Roma (I)


FINE

Estensore: Rao Alessandro
[email protected]

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