IL WEST VISTO DAGLI INDIANI


INDICE
Fonti narrative - I racconti di Alce Nero - La caccia -
L'amore la religione - La guerra - I bianchi - La fine - Oltre la fine

Giovanni De Sio Cesari
( www.giovannidesio.it )

FONTI NARRATIVE

Delle vicende del west abbiamo un gran numero di racconti di coloro che vi parteciparono . In verità in genere i pionieri avevano scarsa dimistichezza con le lettere e quindi le testimonianze si devono soprattutto a giornalisti che si recarono sui posti per avere notizie di prima mano: essi però non scrivevano tanto la "pura" verità ma quello che poteva maggiormente far colpo sui lettori e quindi far elevare la tiratura dei giornali. Pertanto tutte le testimonianze sul West furono sempre alquanto montate, esagerate iniziando quindi quel mito che il cinema ha poi consacrato. Piccole gruppi di guerrieri indiani erano un pericolo nazionale, piccole scaramucce divenivano battaglie campali, capi di modeste bande indiane diventavano grandi condottieri : questa deformazione delle reali dimensioni permane tuttora. 


Oltre al racconto dei bianchi abbiamo anche molti racconti fatti da indiani e raccolti sempre da bianchi giornalisti-scrittori. Sulla validità di tali racconti occorre molta cautela. Si tratta innanzi tutto di racconti raccolti molti anni dopo gli avvenimenti, spesso non di esperienza diretta del narratore che era troppo piccolo o magari non ancora nato e che quindi riferisce ciò che ricorda del racconto degli adulti. La trascrizione è fatta naturalmente in inglese e rende molto sommariamente lingue del tutto diverse attraverso l'opera di interpreti illetterati ed inesperti . La cultura indiana viene filtrata attraversa quella diversissima dei bianchi. Va anche considerato che facilmente l'indiano che racconta è indotto a dire soprattutto quello si aspetta che dica. Vi sono quindi tanti elementi per dubitare della genuinità dei racconti. Poniamo però la nostra attenzione su un altro aspetto generale che riteniamo ancora più importante.


Il racconto che riguarda un mondo lontano ormai non più esistente assume sempre una connotazione particolare: il mondo della fanciullezza, della giovinezza della terra di origine assume sempre una colore di nostalgia, di rimpianto di idealizzazione. Il fenomeno doveva essere massimamente rilevante in in persone come gli indiani, che avevano perso per sempre il "loro" mondo per essere spinti a forza in un mondo diverso, incomprensibile, pieno di angoscia infinita. Nei loro racconti, nel loro ricordo il mondo prima dell'invasione dei bianchi diventa il mondo della gioia, della felicità, il mondo cosi come deve essere, il mondo perfetto. E ' fenomeno comune: così gli ebrei parlarono per secoli della terra dove scorre latte e miele e attualmente i profughi palestinese favoleggiano di una specie dell'età dell'oro prima dell'arrivo degli Israeliani.

Questo fenomeno spiega come tuttora si parla degli indiani come di un popolo che viveva felice in armonia con la natura prima che la avidità dei bianchi li scacciasse dal loro paradiso.

In realtà il mondo degli indiani era tutto altro che una paradiso. La vita era estremamente dura, priva di tutti quegli oggetti che ci sembrano assolutamente indispensabili. C'erano momenti in cui la caccia era abbondante e tutti facevano festa, per esempio al passaggio delle immense mandrie di bufali. Ma c'erano anche momenti in cui la caccia e la raccolta erano insufficienti e allora era la fame: i vecchi abbandonavano spontaneamente la tribù per morire soli per non essere di peso e i bambini più piccoli o più deboli morivano non resistendo alla fame fra lo strazio delle loro madri. Gli indiani per insultare uno del loro popolo che stava con i bianchi dicevano che era "grasso" perchè solo uno che stava con i bianchi poteva mangiare molto: l'indiano mangiava quando e quanto poteva. Ma oltre alla fame vi era un pericolo più grave: le altre tribù vicine. Tutte erano in guerra contro tutte: a ogni momento si poteva essere uccisi da qualche nemico nascosto nella boscaglia, ogni accampamento poteva essere attaccato e distrutto all'improvviso senza nessun preavviso. Le guerre interne non cessarono mai fino al completo confinamento nelle riserve. Probabilmente i massacri perpetrati dai bianchi furono ben modesta cosa rispetto a quelli provocati dalle diuturne guerriglie fra le tribù

Come in tutte le culture pre-agricole la vita era una scommessa che si giocava giorno per giorno: la vita felice dei pellerossa è una favola che viene tuttora riproposta per motivi di polemica ideologica ma non ha nessun fondamento nella effettiva realtà storica.

I RACCONTI DI ALCE NERO

Fra i molti libri tratti da racconti di indiani noi abbiamo scelto "Alce nero parla". Si tratta di un libro che l'autore, John G. Neihardt afferma essere la fedele trascrizione di quanto gli avrebbe riferito nel 1930 un vecchio stregone di nome Alce Nero. L’autore riferisce che è riuscito a contattare un vecchio indiano che era stato testimone della fine della cultura nativa. Questi non parla inglese e tuttavia attraverso interpreti è disposto a fare un lunghissimo racconto di tutti i fatti avvenutogli durante la sua lunga vita: il fine che l’indiano si ripromette è che le sue esperienze non vengano perdute e si mostra soprattutto interessato a che vengano ricordate una serie di visioni o di sogni che egli ha avuto fin dall’infanzia e che conterebbero un certo messaggio del “mondo degli spiriti”. Il racconto quindi parte dall’infanzia di Alce Nero prima che arrivassero i bianchi. Procede quindi tra il racconto delle visioni e delle molte battaglie con i bianchi: vengono così riportate il maggior numero degli scontri poi divenuti celebri alcuni dei quali pero non sono narrati da Alce Nero che non vi aveva partecipato ma da altri indiani presenti alla conversazione.

Dopo la repressione avvenuta in seguito alla battaglia di Little Bighorn la vita tradizionale degli indiani si spegne. Alce Nero al seguito di Buffalo Bill, partecipa a una serie di spettacoli nell’est e poi in Europa. Ma al suo ritorno trova la situazione ancora peggiore. Comunque egli cerca di prodigarsi per il suo popolo esercitando la funzione di guaritore secondo i poteri che le visioni gli avevano concesso. Il racconto di Alce Nero si chiude poi con la narrazione del massacro del Wounded Knee con il quale il sogno della nazione indiana, come egli dice, è finito per sempre. Nel proscritto Neihardt racconta che ha accompagnato il vecchio sulla cima di un colle e come alla sua preghiera e invocazione il cielo sembra aver risposto facendo cadere una pioggia strana e improvvisa .

Da altra fonte sappiamo però che il libro è una rielaborazione molto libera che, se ha come base i racconti di Alce Nero, in effetti è integrato da molte altre fonti e forse anche da non poca fantasia. 

Tralasceremo le ricostruzione dei molti scontri con l’esercito che in verità appaiono molto poco attendibili e che non rientrano comunque nel nostro assunto. Eviteremo anche la descrizione delle molte visioni e sogni carichi di complicati simbolismi difficilmente comprensibili e dei quali comunque non sappiamo quanto poi si deve alla fantasia del Neihardt. 

Tuttavia i fatti narrati e soprattutto la descrizione di credenze, usanze, modi di vivere sono sostanzialmente aderenti alla effettiva realtà degli indiani alla fine dell'800. Noi troviamo dal libro un certo numero di fatti che ci permettano di dare una idea abbastanza veritiera e fedele del West visto dagli indiani. Cercheremo di separare la connotazione della idealizzazione osservando i fatti e ricostruendo da essi per quanto possibile la realtà effettiva.

Tutta le citazioni dopo riportate con il numero della pagina si riferiscono al seguente testo: John G. Neihardt : "Alce Nero parla". Adelphi edizioni, 1968.(edizione super Poket)

LA CACCIA

La caccia al bisonte costituiva la base economica di sopravvivenza per molte tribu indiane anche se non per tutte, naturalmente. Il bisonte in inglese fu chiamato " buffal" da cui il termine italianizzato di "bufalo" che in realtà in Italiano indica un animale ben diverso Gli indiani aspettavano il passaggio di mandrie di bisonti immense formato da un numero impressionante di capi e che coprivano intere pianure. Prima dell'introduzione del cavallo la caccia avveniva a piedi, con armi rudimentali. Dopo l'incontro con i bianchi invece si usarono i cavalli, talvolta anche armi da fuoco ma più spesso ci si limitava al tradizionale arco.

"Allora ci fu una grande polvere; tutti gridavano e tutti i cacciatori si precipitarono a uccidere, ognuno per conto suo. Erano tutti quasi nudi. con le loro faretre piene di frecce appese a sinistra, e si buttavano a cavallo addosso al bisonte e lo colpivano dietro la spalla sinistra. Alcune delle frecce penetravano fino alle penne, e a volte quelle che non si imbattevano in un osso uscivano dall'altra parte. Tutti erano molto felici". (pag 62)

Ovviamente il momento di caccia era un momento di grande gioia e di eccitazione. La caccia al bisonte era una festa grande come lo sono sempre stati i giorni del raccolto delle civiltà agricole.

Vi era tutto un cerimoniale gioioso nell'avvistamento delle mandrie e naturalmente grande onore spettava al cacciatore che li aveva localizzati per primo:

"Una delle vedette rispose: Sapete dove siamo stati? Siamo saliti fino in cima a una collina e abbiamo visto una mandria piccola di bisonti . E mentre parlava indicava la direzione. Il consigliere disse: Forse dall'altra parte avete il bene. Informatemi . La vedetta rispose: Dall'altra parte abbiamo visto un'altra mandria di bisonti plù grossa . Allora il consigliere disse: Vi sarò grato. Ditemi tutto ciò che avete visto da quelle parti. La vedetta rispose: Dall'altra parte di quella montagna non c'erano che bisonti, per tutta la regione. E il consigliere disse: aoh! . Allora il banditore gridò come cantando: I vostri coltelli verranno arrotati, le vostre frecce verranno affilate. Preparatevi, fate presto; approntate i vostri cavalli! Usciremo con frecce". (pag 59 )

Il prodotto della caccia era diviso fra tutti i componenti della tribu ed era quindi un momento di coesione, di solidarietà i tutto il gruppo che si riconosceva come una unità: 

"Allora il capo dei consiglieri fece un giro. per scegliere i migliori cacciatori sui cavalli più veloci; poi disse loro: Eccellenti giovani guerrieri, parenti miei, so che il vostro lavoro è buono. Quello che voi fate è sempre buono; così oggi farete mangiare i deboli. Forse alcuni sono vecchi o deboli, senza figli, oppure sono donne con bambini e senza marito. Voi li aiuterete,e tutto ciò che uccidete sarà per loro. Questo era un grande onore per i giovani". (pag 59)

La caccia era opera dei guerriero ma anche i ragazzi, le donne e gli anziani partecipavano ciascuno a modo suo e secondo le proprie possibilità :

" ...questo era il mio primo bisonte grosso, e continuavo a gridare "Yuhoo! ¯ : gridavo tanto che gli altri avranno creduto che stavo uccidendo un'intera mandria. Quando cadde, scesi dal cavallo e cominciai a macellarlo io stesso, ed ero molto felice. Per tutta la pianura, a perdita d'occhio, si vedevano adesso uomini occupati a macellare i bisonti, e le donne e i vecchi che non potevano cacciare si avvicinavano per aiutarli. E tutte le donne facevano il tremolo di gioia per ciò che i cacciatori avevano dato loro. Questo accadeva nella Luna delle Ciliegie Rosse (luglio). Fu una grande caccia". (pag 62)

Del bufalo si usava praticamente tutto: la carne veniva mangiata in parte fresca e in massima parte disseccata con un lungo e paziente lavoro e conservata. Con le ossa si costruivano arnesi di ogni genere, dalle pelli pellicce per l'inverno e soprattutto le coperture delle tipiche tende indiane, i Tepee:

"Finita la macellazione, la carne veniva appesa sulla groppa del cavallo e legata con strisce fresche di pelle di bisonte. Quando tornammo al villaggio, tutti i cava!li dei cacciatori erano carichi di carne, e noi bambini che non potevamo aspettare il banchetto mangiavamo tutto il fegato crudo che volevamo. Nessuno si arrabbiava con noi per questo. Nel frattempo, le donne rimaste nell'accampamento tagliavano pali lunghi e stecche forcute per preparare le apparecchiature dove avrebbero appeso la carne a seccare. Quando i cacciatori arrivavano, buttavano la carne in mucchi sopra un tappeto di foglie" .(pag 63)

Il bufalo quindi era animale sacro,era un dono del grande spirito che veniva cacciato ma il cui spirito era venerato. Veniva offerto e mangiato quasi con un rito religioso :

"...offrì una fetta di bisonte che aveva davanti, perchè il bisonte era sacro e ci forniva cibo e alloggio. Poi accese pipa, la offrì ai quattro quadranti, allo Spirito Alto e alla Madre Terra, e porgendola disse: La nazione si è fidata di voi...." (pag 59 )

I bianchi invece cominciarono a uccidere con le armi da fuoco i bufali in grande quantità, dapprima per la carne. Per esempio William Cody divenne noto con il nome di Buffalo Bill proprio perchè procurava carne di bisonte agli operai della ferrovia. In seguito però si uccisero i bufali semplicemente per la la lingua o anche per il puro piacere di uccidere o per affamare gli indiani. Fu cosi operato un assurdo e stupido massacro delle grandi mandrie. Tutto il territorio fu coperto dalle loro carcasse. Gli indiani videro con sgomento cosi svanire quello che per essi era la fonte prima della loro vita , il dono del Grande Spirito. La fine dei bisonti fu pure la fine della vita indiana più ancora che i massacri e l'invasione dei bianchi

E il quadro che si presentava agli sfortunati indiani era di una desolazione e di una tristezza indicibile perchè con i bisonti era morta anche la loro cultura, il loro mondo.

L'AMORE

Naturalmente anche gli indiani si innamoravano come tutti gli uomini e le donne del mondo. Seguiamo allora una storia di "ordinario "amore come era concepito secondo le regole di quei popoli seguendo il racconto di Alce Nero .

Se un giovani si innamora di una ragazza non è possibile dichiararle il proprio amore, averne il consenso e sposarla. Non è possibile nemmeno parlarle: le usanze tribali non lo permettono, non esiste la coeducazione dei sessi:

"...a quei tempi non era facile ottenere una ragazza, quando un giovane voleva sposarsi. Supponiamo che io sia un giovane e abbia visto una ragazza che mi pare tanto bella da farmi sentire male ogni volta che penso a lei. Non posso abbordarla direttamente e dirle come stanno le cose..." (pag 73 )

Ma bisogna pure farsi avanti: occorrono astuzie e sotterfugi che il mondo dei genitori finge di non vedere:

"... forse mi nascondo tra i cespugli, vicino alla fonte dove lei va a volte a prendere l'acqua, e quando arriva , se nessuno ci guarda, salto fuori" (pag 74 )

Un giovane, Cavallo Alto, si innamora di una ragazza ma i genitori di lei sono molto attenti e severi:

"... la sorvegliavano tutto il giorno, e avevano anche cura che non le capitasse nulla di notte, mentre loro dormivano. Tanto bene le voIevano che le avevano fatto un letto di cuoio crudo, per dormire, e quando si accorsero che Cavallo Alto gironzolava intorno, presero delle cinghie di cuoio crudo e di notte la legavano al letto perchè nessuno potesse rubarla, mentre loro dormivano, anche perchè non erano molto sicuri che la ragazza in realtà non volesse che la rubassero". (pag 74 )

Siamo ben lontani dall'idea dell'amore libero fra i primitivi: I principi dell'età vittoriana sono di grande liberalità di fronte agli usi tribali

Cavallo Alto allora deve seguire la via legale: offrire al padre il prezzo per sposare la ragazza :

"...e cosi andò direttamente a parlare col padre di lei e gli disse che era tanto innamorato della ragazza che avrebbe dato per lei due cavalli buoni: uno giovane e l'altro non tanto vecchio. Ma il vecchio fece soltanto un segno negativo con la mano, come per dire a Cavallo Alto di andarsene e di non dire sciocchezze" (Pag 75)

In seguito poi Cavallo Alto riesce a racimolare altri due cavalli ma l'offerta pare ancora troppo modesta al padre. Non bisogna pensare come verrebbe a noi Occidentale che la ragazza fosse solo un oggetto da comprare, sarebbe grave errore. Il prezzo dato ai genitori non significa affatto che la donna venga comperata come tradurremmo noi: si tratta invece di un in indennizzo dato alla famiglia di origine che è tanto più alto quanto più vale la donna. Infatti quando Cavallo Alto ,disperato, propone alla fanciulla di fuggire ha la risposta che si merita:

"...ma lei disse che non sarebbe fuggita con lui; voleva essere comperata come una donna di valore. Vedete che anche lei aveva un'alta opinione di se stessa" (pag 75)

Aveva infatti offeso l'orgoglio della fanciulla che non si sarebbe data per niente, come una donna di nessun valore. Ma Cavalo Alto non sa come fare, non ha altri cavalli da offrire. Si confida con un cugino e questi gli da un consiglio

" ...Cugino, ho un piano, e se sei abbastanza uomo per fare come ti dico io, vedrai che tutto si aggiusta. Lei non vuole fuggire con te; suo padre non vuole accettare quattro cavalli; e più di quattro cavalli non puoi trovare. Allora devi rubarla e scappare con lei. Poi, passato un poco di tempo, puoi ritornare e il vecchio non può fare nulla perchè ormai sarà la tua donna. Probabilmente anche lei vuole che tu la rubi " (pag 76 )

Insomma il classico rapimento a scopo di matrimonio in cui il reato del rapimento è estinto dal matrimonio stesso tanto in voga non solo in Sicilia in quel tempo. Escogitano un piano:

"...A tarda notte si avvicinarono senza far rumore alIa tenda della ragazza e aspettarono, per essere sicuri che il vecchio e la vecchia e la ragazza dormissero profondamente. Allora Cavallo Alto, strisciando, si infilò sotto la tenda con un coltello. Prima doveva tagliare Ie cinghie di cuoio crudo, e poi il cugino avrebbe allentato i paletti che tenevano chiuso quel Iato della tenda, Io avrebbe aiutato a trascinare fuori la ragazza e a imbavagliarla. Dopo di che, Cavallo Alto l'avrebbe messo di traverso sul suo cavallo e se la sarebbe portata via in fretta, e poi sarebbe vissuto felice per sempre". (pag 76 )

Ma i genitori si aspettavano la mossa e sono ben attenti e l'impresa fallisce.

I due ci riprovano ancora molte molte e in vario modo ma i genitori sono più furbi ed esperti . Allora arriva la soluzione giusta, quella degna di un vero uomo: mettersi sul sentiero di guerra per procacciarsi cosi i cavalli necessari .
Insieme al cugino fanno quindi una spedizione contro una tribù vicina. 

"...Così fecero tutti i preparativi, e giunta la notte si misero sul sentiero di guerra, da soli. Dopo qualche giorno di viaggio arrivarono a un accampamento dei Crow, verso il tramonto; quando si fece buio si avvicinarono di nascosto al luogo dove si trovavano i cavalli dei Crow, uccisero l'uomo che sorvegliava i cavalli, il quale non si aspettava l'attacco perchè credeva che tutti i Lakota fossero molto lontano, e così se ne andarono con un centinaio di cavalli" (pag 80 )

Per la nostra mentalità si trattava di rapina e omicidio ma per gli indiani era un atto glorioso. Infatti il padre questa volta accetta l'offerta e viene precisato allora che :

"...Questa volta il vecchio non lo accolse con un gesto di rifiuto. Non era i cavalli quello che lui voleva. Quello che voleva era un figlio ( un genero) che fosse un vero uomo e capace di fare qualcosa. Così Cavallo Alto ebbe finalmente la sua ragazza e io credo che se la meritava". (pag 80)

In fondo la storia di amore di Cavallo Alto non è molto diversa da quella che avrebbe potuto accadere in quei tempi anche in Europa e fra i pionieri: genitori prudenti che acconsentono solo quando vedono che il giovanotto ha delle capacità, una ragazza che si mantiene nell'ambiguità, che si rifiuta e incoraggia, il tentativo di mettere i genitori di fronte al fatto compiuto : ma la fine traccia la differenza insormontabile fra indiani e bianchi: ciò che appare agli uni un delitto appare agli altri un merito.

Le due culture non potevano coesistere.

LA RELIGIONE

Generalmente nei racconti sugli indiani, soprattutto nelle fiction gli aspetti religiosi sono messi in secondo piano. Sono presentati certamea loro cedenze ligiose ma queste sembrano non interferire poi troppo con le loro azioni, quasi che essi fossero un popolo “laico”. In realtà come per tutte le culture primitive le credenze religiose (qualcuno potrebbe dire superstizioni ma si tratta di punti di vista) sono sempre di fondamentale importanza. L’indiano come tutti i primitivi si ritiene in continuo contatto con il mondo degli spiriti ai quali parla e che gli parlano. Il contatto avviene attraverso uomini che hanno ricevuti dei doni particolari ed è poco noto ma molti capi tribù dovettero il loro ascendente al fatto che li si riteneva appunto in contatto con gli spiriti 

Ad esempio Cavallo Pazzo era ritenuto depositario di una particolare rapporto con gli spiriti:

"... era un guerriero grandissimo, forse il più grande che abbiamo mai avuto fino a quei tempi........ lui era diventato capo grazie al potere ricevuto in una visione, quando era ragazzo. Quando fui uomo, mio padre mi raccontò qualcosa, di quella visione. Naturalmente non sapeva dirmi tutto; ma mi disse che Cavallo Pazzo aveva sognato ed era andato nel mondo dove ci sono soltanto gli spiriti di tutte le cose. Fu quella visione a dargli il suo grande potere; quando doveva combattere, gli bastava pensare a quel mondo per ritrovarvisi di nuovo, e così poteva attraversare qualunque cosa senza che lo ferissero". (pag 88)

Essi credevano in un "grande spirito" chiamato Manitu o anche "Wanka tantra!" ma ogni cosa della vita doveva essere in armonia con il divino:

"...perche nulla può vivere bene se non in una maniera che si accorda con il modo in cui Potere del Mondo vive e si muove per compiere la sua opera" ( pag 214)

Bisognava quindi rispettare determinate principi che mettevano in armonia i mondi dell'uomo ,della natura e degli spiriti :

"...avete osservato che tutto ciò che un indiano fa è in un circolo, e questo perchè il Potere del Mondo sempre lavora in circoli e tutto cerca di essere rotondo. Nei tempi andati, quando eravamo un popolo forte e felice, tutto il nostro potere ci veniva dal cerchio sacro della nazione, e finchè quel cerchio non fu spezzato, il popolo fiorì. L'albero fiorente era il centro vivente del cerchio, e il circolo dei quattro quadranti li nutriva. L 'est dava pace e luce, il sud dava calore, I'ovest dava la pioggia, e il nord col suo vento freddo e potente, dava forza e resistenza. Questo sapere ci veniva dal mondo dell'aldilà con la nostra religione. Tutto ciò che il Potere del Mondo fa, lo fa in circolo". (pag 197)

E l'indiano come l'uomo medioevale occidentale trova dovunque delle corrispondenze misteriose significative , nulla avviene per caso, ogni cosa ha il suo significato simbolico e mistico:

"...Pensate a questo: forse il sud non è la sorgente della vita, forse la verga fiorente non proviene in realtà dal sud? E l'uomo non avanza di là verso il sole tramontante della sua vita? E non si avvicina poi al nord più freddo, dove sono i capelli bianchi? E non arriva poi, se vive abbastanza a lungo, alla sorgente della luce e della comprensione, che è l'est? E poi non ritorna al punto da dove partito, alla seconda infanzia, per rendergli la sua vita alla vita tutta, e la sua carne alla terra da dove è venuto? " (pag 202)

E vi è anche la tendenza di credere a un altro mondo eterno a un mondo vero di cui il nostro è solo una sbiadita copia, teoria che ricorda tanto le antiche credenze Orfiche dei Greci ( e anche nei loro influssi su Platone).

"... Quello è il vero mondo che è dietro a questo mondo, e tutto ciò che vediamo qui è come un'ombra di quel mondo. Lui ( Cavallo Pazzo) era con il suo cavallo in quel mondo, e il cavallo e lui stesso sul cavallo e gli alberi e l'erba e I pietre e tutto era fatto di spirito, e nulla era duro, tutto sembrava galleggiare. Il suo cavallo ... ballava intorno come un cavallo fatto soltanto d'ombra..." (Pag 88)

il mezzo fondamentale attraverso il quale il mondo degli spiriti interagisce e comunica con il mondo materiale è il sogno o la visione: non pare che si faccia grande differenza fra le due cose. Un indiano, quindi come in tutte le culture primitive, può essere mosso a compiere grandi azioni semplicemente da un sogno. D’altra parte anche nella Bibbia si veda per esempio l’episodio di Giuseppe che regola la vita dell’Egitto proprio in base alla interpretazione di un sogno. 

Tutta la vita di Alce Nero ( come viene narrata nel libro) è dominata proprio da un sogno (o visione) avuto da piccolo che gli avrebbe assegnato una misteriosa missione di salvezza del suo popolo. Alce Nero si considera un ”fallito” perchè non è veramente riuscito a realizzare la misteriosa missione che gli spiriti gli avevano assegnato.

Narra che già quando aveva quattro anni aveva cominciato a sentire voci misteriose che lo chiamavano. Ma a nove anni egli rimane per giorni interi in uno stato di assenza, senza conoscenza e vede se stesso :

"... vidi nella tenda, e dentro vidi mia madre e mio padre che si chinavano sopra un bambino malato, su me stesso. Quando entrai nella tenda, qualcuno diceva: Il bambino riprende conoscenza; dovresti fargli bere un sorso d'acqua . Mi ritrovai seduto; ed ero triste perchè nè mia madre nè mio padre sembravano sapere che ero stato cosi lontano". (Pag 51 )

Durante questo periodo egli ha una grande visione che poi tutta la vita cercherà di comprendere.

"... Guarda, una voce sacra ti chiama; per tutto il cielo una voce sacra chiama".
Forse voleva dire che tutte le nuvole mi stavano guardando. E poi disse: Ascolta! Una voce ti chiama! Allora alzai lo sguardo alle nuvole, e vidi scendere due uomini, la testa in giù come frecce che cadono; e mentre si avvicinavano, cantavano un canto sacro e il tuono era come il rullare di un tamburo."
"...Io ero rimasto a guardarli, immobile, e venivano dal luogo dove abita il gigante (il nord). Ma quando stavano per raggiungermi, girarono dalla parte dove tramonta il sole, e a un tratto erano due oche. Poi scomparvero, e cadde la pioggia con un grande vento e molto rumore". (Pag 21 )

Il racconto della visione è lunghissimo

Si parla di frecce , di cavalli, di guerrieri, di nuvole, di antenati che compaiono e scompaiono che si trasformano l'uno nell'altro in un caleindoscopio infinito: si tratta di un racconto che ricorda molto, per complessità e simbolismo, l'Apocalisse cristiana. Tuttavia, da altra fonte, sappiamo che Neihardt in effetti ha parecchio ampliato il racconto e non si vede d'altra parte come si potrebbe tenere a mente un racconto cosi lungo e complesso pieno di infiniti simbolismi che non si comprendono. Il piccolo Alce Nero ricorda che

"...non raccontai questa visione a nessuno. Mi piaceva ricordarla, ma avevo paura di raccontarla" (pag 21)

non perchè teme di non essere creduto perchè gli indiani credono fermamente in queste cose ma perchè ha proprio paura del compito gli spiriti gli hanno affidato.

In seguito egli ha altre visioni . Divenuto adulto egli poi fa rappresentare tutto il complicato sogno da tutta la sua tribù perchè, secondo una credenza, una visione porta effetti solo se poi essa viene rappresentata in terra materialmente. Dopo Alce Nero comincia esercitare come guaritore ma è ben consapevole che il potere di guarire non gli appartiene e che è solamente un mezzo:

"... Era il potere del mondo dell'aldilà e le azioni e le cerimonie avevano fatto di me soltanto una specie di buco, attraverso il quale il potere poteva giungere ai bipedi. Se avessi pensato che ero io stato a farlo, il buco si sarebbe chiuso e non avrebbe lasciato passare alcun potere. " (pag 203)

Le visioni e le voci poi si ripetono per tutta la vita: alla fine Alce Nero si rimprovera di non aver seguito la sua prima grande visione e di essersi troppo fatto distrarre da quelle minori e imputa a questo fatto di non aver potuto fare nulla per salvare il suo popolo.

"...Quanto a me, l'uomo a cui fu concessa in gioventù una così grande visione, adesso mi vedete ridotto un vecchio pietoso che non ha fatto un bel niente, perchè il cerchio della nazione è rotto e i suoi frammenti sono sparsi. Il cerchio non ha più centro, e l'albero sacro è morto" (pag 275 )

Benchè si tratti della parte più ampia del libro che stiamo esaminando riteniamo pero che non sia utile al nostro assunto insistere ancora su questo aspetto.

LA GUERRA

Un indiano era soprattutto un guerriero: la guerra era la sua vocazione, la sua vita Prima di una battaglia essi si ripetevano scambievolmente che "oggi è un buon giorno per morire."

Fin dalla più tenera infanzia essi si preparavano giocando alla guerra. In genere anche i nostri bambini sono soliti fare un tale gioco ma per essi esso è " solo un gioco" in cui gli aspetti cruenti e crudeli della guerra sono ignorati. ma l'indiano invece fa un gioco che è una vera e propria preparazione:

"... tutti i bambini dai cinque o sei anni in su giocavano alla guerra. Si riunivano i piccoli delle diverse bande della tribù e giocavano alla guerra con palle di fango, scagliate con verghette di salice. E i ragazzi più grandi giocavano al gioco chiamato Buttarli-giu dai -Cavalli, che è esattamente come una battaglia, solo che non si uccidono; e a volte si facevano molto male. I cavalieri delle diverse bande si mettevano in fila e si lanciavano alla carica sugli altri, urlando; e quando alla fine della corsa i cavalli si incontravano, si impennavano e cadevano a terra e strepitavano, avvolti in una nube di polvere, e i combattenti lottavano corpo a corpo, finchè una delle bande non aveva perso tutti i suoi uomini, perchè I quelli che cadevano a terra venivano considerati morti. ! Eravamo sempre nudi, quando giocavamo, come lo sono i guerrieri quando combattono, se non fa troppo freddo, perchè senza indumenti si è molto più agili." (Pag 17-18 )

Altro gioco simile era quello di addestrare i bambini a rubare: il furto operato ai danni di estranei alla tribù era infatti considerato un fatto altamente onorevole e meritorio.

"... C'era un gioco della guerra che noi bambini eravamo soliti giocare. Avevamo un consigliere, e quando si faceva buio ci ordinava di andare a rubare un pezzo di carne secca ai grandi. Ci porgeva uno stecco e dovevamo morderlo per strapparne un pezzo.....Poi ci andavamo al villaggio dei grandi, strisciando e se tornavamo e non ci avevano scoperti, facevamo banchetto e un ballo, e discorsi di finto eroismi, contandoci le nostre prodezze come dei guerrieri " (pag 64)

Viene anche spiegata la tattica del cerchio resa familiare in tutti i film western.

"... Noi galoppavamo intorno a loro, continuamente, in un ampio cerchio che diventava sempre stretto. Quello è il modo migliore di combattere, perche è difficile colpire dei cavalli che galoppano in cerchio velocemente. E alle volte c'erano due cerchi l'uno dentro l'altro, che giravano rapidamente in senso opposto, e così era ancora più difficile colpire" (pag 96)

Contrariamente a quanto appare nei film si trattava di una tattica molto accorta ed efficace: una volta che i nemici avessero scaricate le loro armi da fuoco con scarsissimi risultati potevano poi assalirli con le armi bianche. Tuttavia va notato che quando poi entrarono in uso armi a rapida carica questa tattica dovette esser abbandonata: nella "battaglia dei carri "questo modo di combattere provocò una strage fra gli indiani. 

Non è da pensarsi che i nemici fossero per eccellenza i bianchi: anche nei momenti di maggiore pressione dell'esercito, anche quando le guerre con i bianchi erano ormai terminate le guerre interne tribali erano sempre onnipresenti. Anzi in effetti veniva richiesto agli indiani non solo di cessare le ostilità verso i bianchi ma tra le tribu stesse. infatti Alce Nero ci racconta dl terrore che prese i Sioux all'arrivo di una tribu nemica , i Crow e siamo già dopo il 1880.

"...adesso li sentivo parlare, e seppi che stavano preparando un piano di attacco. Dopo si ritirarono, sempre strisciando; poi si alzarono, corsero il colle di corsa e scomparvero. Eravamo così in pochi, che non ci azzardammo nemmeno a levare le nostre tende; ce ne andammo al più presto possibile. Dovevamo attraversare il torrente che era in piena e muggiva" (pag 158)

Contro la furia spietata degli assalitori si compiono atti di coraggio. Ad esempio un guerriero sacrifica la sua vita :

"...C'era un uomo chiamato Lupo Coraggioso che quel giorno compi un grandissimo atto di valore, mentre stavamo guadando, lui era vicino alla treggia dei due vecchi e della bella ragazza, quando rimasero impantanati; allora saltò giù dal cavallo, che era un veloce inseguitore di bisonti, e disse alla bella ragazza di scappare. Poi rimase accanto ai due vecchi e lottò finchè tutt'e tre vennero uccisi. La ragazza riuscì a salvarsi " (pag 159 )

Appare chiaro che i Crow non avrebbero certo avuto pietà per dei vecchi e di una donna

Ma la guerra per gli indiani ha le sue leggi ma sono leggi crudeli e spietate. Per esempio vi è la regola del "colpo rituale " per cui ogni membro della tribù colpisce il nemico:

"... L 'uomo che ha ucciso un nemico non deve toccarlo, perchè egli ha l'onore dell'uccisione. Deve lasciare che un altro gli dia il colpo rituale. Quando andai a vedere c'era un mucchio di pali per il colpo rituale accanto e le donne lo avevano tagliato a pezzi con l'ascia e sparpagliato i pezzi tutto intorno. Era orribile. Allora accesero un falò proprio accanto al Crow e ballarono. Uomini, donne e bambini ballarono nella notte fonda, e nel frattempo cantavano su Naso di Corvo che aveva ucciso il Crow e su Mano Gialla che aveva dato il primo colpo rituale." (pag 159)

E certo gli indiani non sono meno spietati verso i bianchi quando riescono a sopraffarli:

"... C'era un soldato per terra e ancora scalciava. Passò un Lakota a cavallo e mi disse: Ragazzo, smonta e levagli lo scalpo, io scesi dal cavallo e ubbidii. L'uomo aveva i capelli corti e il mio coltello non era molto affilato. Il soldato digrignava i denti. Allora gli sparai un colpo sulla fronte e gli levai lo scalpo" (pag 115 )

"... ci divertivamo a girare a cavallo, tirando frecce ai Wasichu. Ce ne era uno che si dimenava per terra con alcune frecce nel corpo, e io cominciai a levargli la giacca, ma un uomo mi scostò e si prese la giacca lui." (pag 128 )

Le donne non partecipano direttamente alla battaglia : tuttavia incoraggiano gli uomini, li spronano a gareggiare in valore.

"...A metà strada vidi una ragazza molto bella, nel mezzo di una banda di guerrieri che si avviavano alla battaglia sul colle, e la ragazza cantava così: Fratelli, sono arrivati i vostri nemici Siate coraggiosi! Siate coraggiosi! Vi piacerebbe che mi facessero prigioniera? ". (pag 115 )
"...Vedevamo le donne che adesso ci venivano incontro tutte insleme , tutte facendo il tremolio !" (pag 119 )
"...Dopo aver fatto vedere a mia madre il mio scalpo, rimasi un poco con le donne; tutte cantavano e facevano il tremolo" (pag 128)

I BIANCHI

Il temine con cui sono indicati i non-indiani è Wasichu: non vi è riferimento al colore della pelle e comunque esistono anche" Wasichu "neri "

Essi appaiono al piccolo Alce Nero :

"...Avevo ormai dieci anni, e quell'inverno vidi per la prima volta un Wasichu. Pensai che tutti sembravano malati, e temevo che in qualsiasi momento ci avrebbero attaccati , ma poi mi abituai alla loro presenza" (pag 68)

L'impressione di malattia derivava dal colore chiaro della pelle proprio degli anglosassoni ( anche noi italiani individuamo i nordici da questo carattere). I racconti che aveva sentito da bambino li facevano apparire minacciosi. Diciamo che al piccolo i bianchi sembrano anche all'apparenza dei demoni, qualcosa di inumano.

In seguito conoscendoli meglio comprende elementi essenziali :

"... Capivo che i Wasichu non si curavano gli uni degli altri Wasichu, come faceva la mia gente, prima che il cerchio della nazione fosse spezzato. Ognuno prendeva all'altro tutto quello che poteva. C'erano alcuni che aveva più di quanto potesse servire loro, e moltitudini di altri non avevano proprio nulla e forse morivano di fame. Avevano dimenticato che la terra era la loro madre. Questo non poteva certo essere una vita migliore di quella antica della mia gente " (pag. 219)

Viene colto quello che noi definiremmo l'individualismo e l'egoismo della società borghese e moderna, le grandi differenze sociali della civiltà. Alce Nero invece vive in una società in cui ognuno si cura del proprio vicino, in cui le modeste, preziose risorse vengono divise equamente fra tutti: una società insomma solidaristica contrapposta a una individualista che non gli sembra certo migliore della sua .

Rileva poi la disonestà dei Wasichu che mentono continuamente:

"...I soldati si erano presi tutti i nostri cavalli, e dicevano che il Grande Capo di Washington ce li avrebbe pagati; ma se mai lo ha fatto non me ne sono accorto. " (Pag. 179 )

e soprattutto ricorrono all'inganno :

"... I Wasichu andarono a parlare con alcuni capi, separatamente, e li convinsero a mettere i loro segni sul trattato. Forse alcuni di loro lo fecero perchè erano impazziti per via del wakan (acqua stregata, whisky) che i Wasichu avevano dato loro. Così ho sentito dire; non so. Ma solo uomini pazzi o molto stupidi potevano vendere la loro Madre Terra. A volte penso che sarebbe stato meglio se fossimo rimasti tutti insieme per farci ammazzare tutti." (pag. 179)

 

i sotterfugi legali appaiono chiaramente solo inganni e imbrogli.

Ma soprattutto vi è proprio un diverso modo di concepire la realtà. Ad esempio per Alce Nero molta importanza assume la forma delle abitazioni:

"... La vita dell'uomo è un circolo, dall'infanzia all'infanzia e lo stesso accade ogni cosa dove un potere si muove. Le nostre tende erano rotonde, come i nidi degli uccelli, e inoltre sempre disposte in circolo, il cerchio della nazione un nido di molti nidi, dove il Grande Spirito vede che noi covassimo i nostri piccoli....Ma i Wasichu ci hanno messi in queste scatole quadrate. Il nostro potere se ne è andato e stiamo morendo, perchè il potere non è più in noi. " (Pag 198-199 )

L'indiano vive in un mondo di simboli magici e religiosi: fuori di esso la realtà per lui diventa qualcosa di incomprensibile. Alce Nero pare individuare in questo sovvertimento delle sacre tradizione la causa fondamentale della morte del suo popolo. In qualche modo ha ragione:ogni popolo ha la sua cultura: se ne viene privato a forza perde il suo senso della vita e incomincia veramente a morire se non fisicamente certamente spiritualmente. Altro è l'evoluzione lenta e graduale verso forme di civiltà più complesse, altro è esservi spinti con la violenza senza comprenderla.

Si crede magari che vi sia un segreto, una specie di magia che si possa conoscere perchè gli indiani possano riuscire a rifiorire :

"...Forse se riuscivo a vedere il grande mondo dei Wasichu, avrei imparato il modo di ricostruire il cerchio sacro e di far fiorire nel suo centro l'albero " (pag 156 )

Ma poi si rende conto che non esiste alcun segreto e che il mondo dei bianchi e solo un mondo malvagio. una specie di incarnazione del male

ll mondo degli indiani allora diventa il paradiso perduto, il mondo "giusto, quello "vero", il mondo dei bianchi una specie di incubo che forse si dissolverà :

"... aveva visto un'acqua grande, e di là dall'acqua grande c' era una bella terra verde dove tutti gli indiani che erano mai vissuti e tutti i bisonti e gli altri animali vanno a vivere tutti insieme...... e non ci sarebbero Wasichu nel nuovo mondo che doveva arrivare con una nuvola in un turbine e distruggere la vecchia terra che moriva. " (pag. 236 )

Alce Nero fa parte del circo di Buffalo Bill, viaggia all'Est e poi va anche in Europa, gira in molte nazioni e accenna anche a Napoli e Pompei

"... dalla Germania andammo a un luogo dove la terra bruciava. C'era un monte alto, che finiva a forma di tenda, e lassù bruciava.Sentii dire che molto tempo fa una grossa città e molte persone erano scomparse nella terra, in quel luogo." (pag 226 )

Rimane favorevolmente impressionato dall'Inghilterra e si noti che in Canada , paese facente parte della corona inglese gli indiani avevano ricevuto un trattamento molto più umano che in Usa. Rimane in particolare colpito dalla gentilezza della Nonna, come gli indiani chiamavano la regina Vittoria che si intrattiene affabilmente con i pellerossa e mostra considerazione e rispetto per essi, cosa alla quale non erano certo abituati a ricevere dai Wasichu.

Tuttavia di tutto il viaggio Alce Nero mostra molti ricordi ma sostanzialmente non ha compreso nulla di quello che ha visto che troppo lontano è dal suo mondo dalla sua concezioni: è come se fosse passato attraverso un sogno dal quale si riscuote appena torna alla sua gente.

LA FINE

Dopo una indomita lunga quanto inutile resistenza venne la fine per la cultura indiana. Un mondo finì per sempre anche se il suo ricordo seppure molto alterato cominciò a diffondersi per il mondo intero attraverso il nascente mito del West.

I grandi spazi di cui avevano bisogno gli indiani venivano loro sottratti con la forza e con l'inganno dai bianchi:

"...vennero per toglierci via circa la metà della terra che ci era rimasta. Il nostro popolo non voleva questo trattato, ma Tre Stelle venne e fece il trattato lo stesso, perche i Wasichu volevano la nostra terra, tra laTerra Fumosa e il fiume Buono. Così l'inondazione di Wasichu, sporchi di cattive azioni, si portò via la metà dell'isola che ci era rimasta. Eravamo chiusi e recintati ! Non potevamo fare nulla." (pag 322)

Il loro mondo era finito, erano estranei in un mondo che nemmeno comprendevano e che sembrava un brutto sogno:

"... Ormai tutta la nostra gente si stava sistemando in case grigie quadrate, sparse qua e la su questa terra da fame, e i Wasichu avevano tracciato intorno a loro una linea, per recintarli. Il cerchio della nazione era stato spezzato, e non c'era più un centro per l'albero fiorente. La gente era disperata. Li sentivo pesanti e bui.... che non gli si poteva più far vedere nulla. La vita del popolo era in quel cerchio; e che sono molte piccole vite, se la vita di quelle vite se n'è andata?" (pag 216)

La miseria, la fame e le malattie dilagano:

"...La fame ritornava spesso tra di noi, adesso, perchè buona parte di ciò che il Grande Padre a Washington ci mandava, probabilmente lo rubavano i Wasichu, che erano pazzi per il denaro. C'erano , molte menzogne, non le potevamo mangiare." (pag 215)

"...i malati, e ce n'erano molti, perche il male aveva colpito la mia gente, che era sempre debole per via della fame. Ci furono molti altri malati. L'inverno, quando venne la pertosse uccise i bambini piccoli che non avevano abbastanza da mangiare ' Così stavano le cose. Il nostro popolo era ridotto disperazione, in uno stato pietoso." (pag 232 )

In questo contesto di disperazione cominciano a circolare le voci di una possibile salvezza: come spesso avviene quando l'uomo non vede speranza in terra la cerca nel cielo. Nasce allora l'illusione finale e drammatica della " danza degli spettri "cioè di un rito magico che avrebbe salvato gli indiani e fatto scomparire l'incubo dei bianchi.

Corrono voci che il Grande Spirito secondo le antiche credenze ha parlato:

"... c'era uno stregone, tra la palude, il quale aveva parlato con il Grande Spirito in una visione, e il Grande Spirito gli aveva detto come fare per salvare i popoli indiani, per fare scomparire i Wasichu e ritornare tutti i bisonti e tutte le persone che erano morte. Aveva visto un'acqua grande, e di là dall'acqua grande c' è una bella terra verde " (pag. 233)

Per fare questo bisogna operare dei riti , la "danza degli spettri "appunto come fu chiamata:

"... diede un poco di pittura rossa sacra e due penne d'aquila a Tuono Buono. La gente doveva tingersi la faccia con quella pittura e doveva ballare una danza degli spiriti e come lo stregone aveva insegnato. Disse loro che stava per arrivare un altro mondo, proprio come una nuvola. Sarebbe arrivato dall' ovest. in un grosso turbine, e avrebbe distrutto tutto questo mondo, che era vecchio e morente. In quell'altro mondo c' era abbondanza di cibo, come nei tempi andati; in quel mondo tutti gli indiani morti erano vivi, e tutti i bisonti che erano stati uccisi, correvano di nuovo per le praterie." (pag 234)

I bianchi furono molto preoccupati che un movimento del genere rimettesse in moto la rivolta degli indiani che era stata sedata in tanti anni di lotte e proibirono queste pratiche. Questo però non fermava il movimento :

"... Se i Wasichu vogliono battersi con noi lasciateli fare, fortificate Ia vostra volontà, e fatevi coraggio. Dobbiamo fidarci degli scomparsi che sono nel nuovo mondo che si annuncia " (pag 256 )

Si pone la premessa di altre tragedie. Un gruppo di indiani infatti si muove dalle riserve, viene intercettate al Wounded Knee. Benchè essi consegnassero tutte le armi tuttavia un ufficiale dell'esercito fu ucciso da un indiano e i soldati compirono una terribile strage che Alce Nero ricorda:

"...C'erano uomini e donne e bambini ammucchiati e sparsi per tutta la pianura, sotto il monticello dove i soldati avevano piazzato le loro armi a carro, e verso ovest, su per il burrone asciutto quasi fino alla cresta della montagna, si vedevano le donne e i fanciulli e i bambini piccoli, tutti uccisi.
Quando vidi questo, rimpiansi che non avessero ucciso anche me; ma non rimpiangevo troppo le donne e i bambini: per loro era meglio essere felici nell'altro mondo, dove volevo andare anch'io." (pag 265)

E questo come dice Alce Nero fu la fine di tutto:

"... Non sapevo in quel momento che era la fine di tante cose. Quando guardo indietro, adesso, da questo alto monte della mia vecchiaia, ancora vedo le donne e i bambini massacrati, ammucchiati e sparsi lungo quel burrone a zigzag, chiaramente come li vidi coi miei occhi da giovane. E posso vedere che con loro mori un'altra cosa, lassù, sulla neve insanguinata, e rimase sepolta sotto la tormenta. Lassù morì il sogno di un popolo. Era un bel sogno. " (pag 275)

Era un bel sogno è vero per un indiano ma purtroppo era incompatibile con un un altro bel sogno, quello degli uomini bianchi : uno dei due doveva finire e fini, come sempre, quello del più debole.

OLTRE LA FINE

Neihardt chiude il libro con l’immagine suggestiva di Alce Nero che ormai vecchio e disperato grida dall’alto della collina agli spiriti per il suo mondo ormai finito 40 anni prima. Ma si tratta di una licenza poetica, o se si preferisce di un falso o di una mistificazione dell’autore. In realtà Alce Nero nel 1930 era ben diverso dalla immagine che ci ha tramandato Neihardt: era un uomo cambiato, cosi come era cambiato il suo popolo. Nel libro invece viene disconosciuta l'evoluzione avvenuta oramai da quasi trenta anni: Alce Nero non era più uno stregone ma un catechista cattolico. 

Alla fine dell’800 infatti gli indiani avevano cominciato a convertirsi al cristianesimo e lo stesso movimento della “ danza degli spettri” era in realtà un movimento religioso sincretico fra cristianesimo e religioni tribali. I Sioux in particolare si erano rivolti ai cattolicesimo forse perchè non era propriamente la religione dei loro nemici bianchi (in generale protestanti) o perchè provenivano dal Canadà (francofono e cattolico) che li aveva sempre trattati meglio o perchè consideravano forse le funzioni cattoliche più consone al loro spirito. Anche Alce Nero nel 1904 si fece battezzare e prese il nome di Nicolas: il suo nome all’incontro con Neihardt era quindi: “Nicholas Black Elk (Nicola Alce Nero): gli indiani prendono nomi cristiani e conservono i vecchi soprannomi tribali come cognomi trasmissibili ai figli ( anche i figli di Alce Nero hanno il cognome di Black Elk) Non si tratta di una differenza solo formale ma della assunzione di una diversa identità.

Alce Nero dopo la conversione abbandonò le sue primitive convinzioni magiche e religiose . Affermò testualmente a proposito della sua magia :

"... È una cosa tutta priva di senso esattamente come i maghi che avete presso gli uomini bianchi. È proprio la stessa cosa. Non va confusa con il pregare con la pipa, che è una cosa molto più importante. Se un uomo prega con la pipa, spinge gli altri uomini a pregare con lui. Ma quest’altra cosa, lo yuwipi, è fare come fanno i maghi, che tentano di ingannare. Lo so perché l’ho fatto io stesso" ( pag 36 del testo di Lucy Looks Twice)

Alce Nero quindi divenne un fervido cattolico, per oltre 40 anni fino alla sua morte avvenuta ben venti anni dopo dopo gli incontri con Neihardt , nel 1950, svolse sempre opera di catechista presso la locale parrocchia. In particolare egli teneva in chiesa accorati e efficaci discorsi in lingua lakota : manteneva cosi la sua propensione religiosa che aveva sempre manifestato sin dalla tenera età. Negli ultimi anni della sua vita vide con diffidenza il diffondesi di un certa indifferenza verso la religione come ogni altro americano della sua età.

Le civiltà e le culture finiscono ma non per questo finiscono i popoli che possono continuare la loro vita assumendo nuovi e usi e credenze e tecniche . Sarebbe erroneo pensare che un popolo abbia una cultura data una volta per sempre. Anzi tutti i popoli evolvono sempre, le culture evolvono, ciascuna influenza le altre in uno scambio ininterrotto. La nostra cultura italiana e europea non è che il risultato di un evolversi continuo che ha avuto momenti altamente drammatici e violenti e altri invece di lenta e pacifica evoluzione.

Gli indiani che popolavano il West non sono affatto spariti, anzi il loro numero è molto superiore a quelle dei tempi della conquista : essi continuano a vivere inserendosi in una civiltà moderna. Pensare che essi invece debbano essere sempre legati a un passato ormai finito, vederli ancora inseguire le mandrie di bisonti che non esistono più, credere in pratiche sciamaniche superate dalla scienza è una astrazione e una astrazione pericolosa: significa operare una emarginazione, metterli in un ghetto, di arretratezza di povertà il che è esattamente quello che avviene nelle superstiti riserve. Il mondo cambia, dobbiamo stare al passo con il mondo non nel senso che dobbiamo subire il progresso ma che dobbiamo dare anche noi un nostro contributo: ma se non stiamo al passo dei tempi il progresso ci spazza via , nella migliore delle ipotesi ci mette in un canto .

Saggiamente disse "Due Lune" un capo indiano, :

"...quaranta anni fa io combattei Custer fino a che furono tutti morti. Io allora ero nemico degli uomini bianchi. Ora io sono amico e fratello, vivendo in pace insieme sotto la bandiera del nostro paese. " Due Lune (da Indian Memorial At Little Bighorn Battlefield National Monument)

Con questo non si vuol assolvere o nascondere o minimizzare gli eccessi , i massacri inutili, le ruberie e le ingiustizie commesse contro gli indiani.

Giovanni De Sio Cesari
( www.giovannidesio.it )

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