SCHEDE BIOGRAFICHE
PERSONAGGI
BORIS ELTSIN


(1931)


di Giacomo Franciosi

Sale sullo scranno del cremlino nel 1991 uno tra gli anni più confusi e travagliati di ciò che fu del grande blocco sovietico.
Le riforme approntate da Michail Gorbaciov, lo sfaldamento del potere comunista di tutta l’Unione Sovietica, le calzanti spinte indipendentiste che condussero a scissioni e nascite di nuovi stati.

In un clima arroventato, dove il fallimento di un ideologia ottuagenaria è al suo culmine, Eltsin viene eletto nel giugno del 1991 con la prima elezione a suffragio universale, presidente della “nuova” Russia.
In un clima politico di aspro confronto, tra comunisti riformatori, comunisti conservatori, nazionalisti di destra e di sinistra, democratici occidentalisti, fautori del mercato capitalistico e loro oppositori di varia gradazione.

Gli anni che intercorrono tra il 1989 e il 1991 riconsegnano al mondo un nuovo assetto geopolitico, a partire dalla fine delle ostilità tra l’armata sovietica e il popolo afghano, al crollo del muro di Berlino, al primo governo non comunista in Polonia, al pluripartitismo anche in Ungheria, alla tirannia di Ceausescu in Romania spazzata via da una sanguinaria rivoluzione con despota e consorte trucidati in piazza, la transizione democratica di Bulgaria e Albania a fine del 1991, nel 1989 anche la Cecoslovacchia riconquista la democrazia che porta con sé anche l’erompere del separatismo slovacco, nel 1993 la scissione tra le due realtà.

Nel settembre 1991 ottengono riconoscimento quali stati sovrani le tre repubbliche baltiche (Estonia, Lettonia, Lituania) dal 1940 inglobate nel blocco sovietico come da accordi coi nazisti.

Boris Eltsin con la sua elezione a presidente della Russia diventa apertamente rivale di Gorbaciov e pare deciso a imprimere un ritmo più radicale al processo riformatore.

Nell' agosto 1991 in una condizione di confusione e catastrofica situazione economica, i comunisti conservatori azzardano l’estremo tentativo di un colpo di Stato, che fallisce miseramente per la resistenza opposta a Mosca e guidata fermamente da Eltsin, evento che ha rafforzato la sua immagine a discapito di Gorbaciov sempre più emarginato ed accusato d’aver lasciato fronte aperto ai reazionari del golpe.
Il partito Comunista viene messo la bando i suoi beni confiscati.

Il progetto gorbacioviano di salvare sia pure su basi rinnovate l’Unione subisce uno scacco totale.
Nel dicembre 1991 si sono avuti il distacco dell’Ucraina e la formazione di un Comunità di Stati Indipendenti (CSI) dai deboli legami.
Il 25 dicembre Michail Gorbaciov l’uomo della perestrojka, del glasnost, rassegna formalmente le sue dimissioni da presidente dopo sette anni.
Il 26 dicembre 1991 l’Unione Sovietica cessa formalmente di esistere.

Tra il 1992 e il 1994 la Russia è rimasta in uno stato di crisi politica e socio-economica, i legami flebili con gli altri Stati componenti la comunità divenuti luoghi di conflitti politici, religiosi, etnici.
Il passaggio storico da un economia pianificata statalista in un economia tendenzialmente di mercato.

Nel 1993 in un quadro di un aperto conflitto tra il Presidente Eltsin e il congresso, lo stesso Eltsin forte di un referendum popolare che gli conferiva fiducia, ordina l’assalto in ottobre da parte dell’esercito alla sede del Congresso, provocando secondo stime alquanto benevole un centinaio di morti.

Nonostante un economia che fatica immensamente, dove sempre più sacche di povertà vengono a crearsi, e dove la malavita organizzata pare avere vita facile, le difficili condizioni di salute e l'incapacità di gestire positivamente ripetute crisi politico-militari, come quella cecena (1994-96), Boris Eltsin nel 1996 viene nuovamente confermato presidente.

Ma la “musica” non cambia, Eltis con una salute sempre più minata, dipinto come un alcolista perso, un oligarchia finanziaria di sette persone che gestisce metà della ricchezza del paese, una corruzione sfacciata e dilagante, il focolare ceceno dove negli anni del primo conflitto sono state compiute porcherie indicibili, una pesante crisi finanziaria accompagnata al crollo dei mercati asiatici nel 1998 portano lo “Zar” Eltsin a rassegnare le sue dimissioni che condurranno alla salita al potere di Vladimir Putin tuttora Presidente.

Che Boris Eltsin si sia giocato male le sua carte con la storia è fuori discussione, da salvatore della patria,si è ritagliato un immagine poco nitida offuscata da alcolismo, che lo ha reso un fantoccio impotente dinnanzi a un crisi sociale debordante ed a una delinquenza inaggettivabile.

Di Giacomo Franciosi

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