SCHEDE BIOGRAFICHE
PERSONAGGI
FRYDERYK CHOPIN

Il Poeta del pianoforte

Non molto si conosce sulla famiglia e sulla gioventù di Nicola Chopin, padre di Federico. Pare (ma i francesi ne sono certi) che Nicola sia nato nei pressi di Nancy in Lorena, il 17 agosto 1776. Siccome la Lorena era stata annessa alla Francia, e Luigi XV aveva offerto il ducato della nuova provincia a Stanislao Leszczynsky suo suocero - re di Polonia due volte spodestato - si formò la convinzione fra i biografi di Federico Chopin che nelle vene paterne scorresse sangue polacco. Mentre invece sappiamo che Nicola Chopin, a diciassette anni lasciò la Francia per la Polonia, raggiungendo a Varsavia un amico francese per lavorare nella sua fabbrica di tabacchi.
Stranamente Federico non parlò mai di questa origine francese del padre nemmeno quando soggiornò in Francia e dove morì.
Nella spartizione della Polonia del 1772, ridotta a due terzi, il caos che ne seguì, assieme alla decadenza politica-economica, fece chiudere anche la manifattura di tabacchi dove lavorava Nicola. Nicola voleva far ritorno in Lorena, ma preferì entrare nell'esercito polacco partecipando perfino alla battaglia di Maciejovice, dove fu ferito il capo dei rivoluzionari polacchi Kosciusko.

Terminato il conflitto con i gradi di capitano, Nicola nell'impossibilità di far ritorno in Lorena si mise a dare lezioni di francese (!) e decise di non più muoversi dalla Polonia. Anzi frequentando le famiglie nobili - dove appunto insegnava ai loro rampolli il francese - si affezionò alla patria adottiva. In una di queste case conobbe la sua futura moglie, Giustina Krzyzanowska, che sposò il 2 giugno 1806.
L'anno dopo il matrimonio, con la Pace di Telsit, Napoleone creava il ducato di Varsavia. Un senso di indipendenza si diffuse allora sulla Polonia da tempo calpestata; una gioia che durò però soltanto otto anni, perchè alla caduta di Napoleone la Russia reclamò il ducato. A beneficiarne fu Nicola che tornò alla vita militare con la carica di professore alla Scuola di Artiglieria e successivamente alla Scuola di preparazione militare. Fu così in grado di formare una bella famiglia, con la nascita di quattro figli, tre femmine e un maschio: Federico.

Sulla data di nascita di Federico, ci sono sempre state contestazioni. Trovata e pubblicata una carta nel 1893 dall'abate Bielawski, Federico risulta esser nato il 22 febbraio 1810 a Zalazowa - Wola, presso Varsavia. Però la famiglia all'epoca festeggiava insieme l'onomastico e il compleanno di Federico il 5 marzo. Mentre lui, Federico, affermò sempre di esser nato il 1° marzo.
Comunque sia, Nicola nella sua nuova posizione mise casa a Varsavia dove iniziò a ricevere persone di fine cultura: poeti, pittori, professori e musicicisti. Nei suoi teneri anni Federico sembrava non sopportare la musica, ma poi a quattro anni prende lezioni di pianoforte dalla sorella Luisa, di tre anni maggiore di lui. I genitori non tardarono ad accorgersi di una sua sensibilità eccezionale, ed ebbero il buon senso a sei anni di affidarlo a un maestro: Adalberto Zywny, devoto discepolo di Sebastiano Bach, giunto dalla nativa Boemia in Polonia, come pianista di Corte. Non era un grande esecutore ma seppe dare al giovane allievo una solida base artistica, insegnandogli a penetrare la musica del grande polifonista Bach.

Presa confidenza con la tastiera, duE anni dopo, a otto anni, Federico suonò in un concerto di beneficenza, davanti a personaggi importanti, che affascinati da questo straordinario ragazzino, subito gli aprirono le porte delle migliori case aristocratiche. Divenne anche lui un aristocratico, le sue preferenze per la nobiltà, la sua ammirazione per le belle maniere e per la cultura dell'aristocrazia furono infatti un'essenziale parte di lui.
Chopin aveva avversione per il grossolano, e nel resto della sua breve vita, non dimenticò mai i gusti e le raffinatezze che aveva assimilato stando con le famiglie di nobili.
Tuttavia, pur avendo gran successo in questo ambiente, Federico non divenne mai un vanesio, nonostante assumesse un aria aristocratica e studiate ricercatezze. Nè divenne un presuntuos. Rientrando a casa dopo un concerto, la madre chiedendogli che cosa avesse di più ammirato il pubblico, lui gli rispose "il mio colletto".

Fra i dieci e i quattordici anni, era noto per la sua versatilità e per la spontaneità delle sue improvvisazioni, pensieri musicali che lui avrebbe voluto fissare sulla carta, ma non ne conosceva ancora il modo, nè possedeva il genio di Mozart, quindi pur cominciando a dedicarsi a studi musicali più profondi, ricorse al vecchio Zywny per trascriverli. Il padre si accorse di questa lacuna e con un'altra scelta felice lo affidò a Giuseppe Elsner, figlio di un costruttore di strumenti musicali; violinista, indi direttore d'orchestra a Brunn in Austria, indi nel teatro di Varsavia e infine al Conservatorio di questa città; inoltre era un fecondo compositore di opere (27) in lingua polacca. Da Elsner, Federico imparò le leggi e le forme musicali, e indubbiamente ricevette anche l'influsso della sua musica polacca. Modelli che vengono però solo assimilati, senza lasciare alcuna traccia evidente; Chopin prese soltanto alcuni spunti tematici, ritmici e armonici della sua terra, e li rielaborò nella sua musica, che perciò non è riferibile ad alcuna nazione geograficamente intesa, ma è patrimonio comune dell'umanità.

Si narra che a 12 anni Federico suonava meglio di Zywny; ma se è vero, va al suo maestro il merito grandissimo di non averlo imbrigliato, di avergli lasciato sviluppare liberamente i suoi istinti; e merito va anche a Elsner suo secondo maestro - che per fortuna non essendo un grande pianista, nè pretendeva di esserlo - cercò solo di guidare e affinare i gusti musicali del suo allievo. Un allievo che non era un discepolo ordinario, ma che bisognava trattare -disse- come un genio. Questo i due maestri pur diversi l'uno dall'altro, entrambi lo avevano capito subito.


Anzi di Elsner - che era anche una specie di filosofo - ci sono rimaste alcune sue massime: "Lo studio del pianoforte non deve esere fine a se stesso", "Lo studio della composizione non dovrebbe essere inceppato dall'osservanza di regole troppo meticolose", "l'allievo non deve stare attaccato molto tempo ad un metodo, nè fissarsi su un unico punto di vista". E a chi gli faceva osservare che Chopin aveva una certa trascuratezza nelle regole della composizione, Elsner ribatteva "Lasciatelo fare da solo. Egli segue un sentiero non comune, perchè non comuni sono le sue doti. Egli non deve ne può attenersi a un metodo tradizionale, perchè, ne ha uno proprio, e nelle sue opere rivelerà un'originalità mai raggiunta da altri". Che profeta !

Alcuni dicono che questo atteggiamento sia stato un bene altri affermano l'incontrario, perchè sia Zywny come Elsner se fossero stati un po' più severi con il giovane allievo e lo avessero approfondito nell'arte formale di scrivere musica, dandogli un metodo di notazione rapida, lo Chopin - caparbio perfezionista - dei primi ma anche degli ultimi anni - non avrebbe provato tanta difficoltà nel fissare sulla carta le sue inesauribili ispirazioni. Chopin, fino agli ultimi istanti di vita, fu sempre costretto a impiegare molto tempo per correggere, rimodellare, riplasmare le sue composizioni, con grande svantaggio della sua salute. Se fosse stato un poco artigiano e non solo artista, ci avrebbe guadagnato qualche anno di salute. Dopo dieci ore alla tastiera, ne passava altre dieci per scrivere in qualche modo quello che aveva suonato.
Nessuno ebbe l'inesauribile fluire di melodie e tanti momenti di genuina ispirazione come Chopin; ma nessuno provò come lui la difficoltà del tradurre in note scritte.

Chopin a 14 anni prima di entrare in liceo, aveva trascorso gli ultimi due anni con Elsner, e quando vi entrò, il tempo lo dedicò quasi tutto alla musica e poco allo studio. I genitori non si opposero a questa inclinazione, quindi lasciarono il fanciullo perseguire i suoi sogni. Tuttavia il ragazzo s'impegnò ugualmente negli studi scolastici, caparbio com'era voleva emergere anche come studente, ma l'applicarsi era un altro discorso, era, come scrisse lui a un amico a pochi mesi dall'esame finale, "un osso duro". E a quell'esame finale non giunse mai perchè si ammalò e dovette recarsi nella stazione di cura di Reinertz per rinforzare la sua debole salute.

Mancano le prove che Federico, prima ancora di entrare al Liceo, fosse già malaticcio, ma Liszt incontrandolo giovinetto, descrisse il fanciullo "malaticcio e delicato" e che i genitori concentravano tutte le loro cure sulla sua salute. Le sue sofferenze, sempre al dire di Liszt
, "erano evidenti, ma egli si sforzava d'essere sempre sorridente, e di sembrare felice". E anche se mancano le prove della debolezza di salute, è certo che il suo sviluppo intellettuale era in ragione inversa del suo sviluppo fisico. La mancanza di esercizi fisici e di moto all'aria aperta, preferendo la meditazione e la musica del suo pianoforte ai giuochi dei fanciulli della sua età, contribuirono senza dubbio a indebolirlo e a impallidirlo. D'altro canto se avesse dedicato maggior tempo alla sua educazione fisica, sacrificando la sua sensitività, forse dicono alcuni, sicuramente dicono altri - non sarebbe mai diventato Chopin.

E Chopin fin da fanciullo da se stesso e dal pianoforte pretendeva molto; volendo trarre l'effetto da un accordo dominante nell'ultima ottava, non riuscendoci per le mani ancora troppo piccole, ricorse a un congegno di sua invenzione, che teneva fissato tra le dita perfino quando si coricava; perchè spesso in piena notte scendeva dal letto, si poneva a cancellare, a rifare, ad aggiungere qualcosa. E talvolta svegliava tutti con improvvisi accordi sulla tastiera.
Dalle sue dita lui voleva sprigionare solo sentimento. Il 16 agosto 1824, in un giornaletto umoristico con il quale collaborava col suo nome anagrammato in Pichon, a 14 anni scrisse questa sarcastica critica: "Il 13 agosto, Better Esquire suonò al pianoforte con bravura non comune. Egli suona con tale sentimento, che ogni nota sembra sprigionarsi non dalle sue dita ma da suo addome".

Quando lo mandarono a curarsi con le acque a Reinertz, se la cura gli fece bene al fisico, gli fece male allo spirito; scrivendo all'amico Kolberg, soffriva e si angustiava di non avere a disposizione un buon pianoforte. Chopin e il pianoforte sono un binomio indissolubile, e se il musicista sembra vivere e trovare ispirazione soltanto attraverso il suono dello strumento, questo a sua volta ha avuto nel compositore uno dei più geniali scopritori di tutte le sue possibilità tecniche ed espressive.
Quando più tardi, affermato musicista, gli fu chiesto perchè non si fosse ancora deciso a scrivere un'opera, rispose: "Lasciate che io sia soltanto quello che devo essere, nient'altro che un compositore per il pianoforte, perchè questa è l'unica cosa che so fare".

A 19 anni, a Varsavia, Chopin aveva composto già molto, e anche il successo non gli mancava, ma l'ambiente limitato della capitale polacca non poteva soddisfare il promettente musicista. Decise quindi di partire per Vienna,
desideroso di ottenere il giudizio di pubblici stranieri. Nella capitale austriaca i suoi concerti furono acclamatissimi. Recatosi poi nel 1831 a Parigi, ebbe come ammiratori Berlioz, BaIzac, Liszt, Heine, Meyerbeer. In seguito anche Praga, Teplitz e Breslavia furono teatro dei suoi meritati trionfi. Ritornato per un breve periodo in patria, si innamorò di Costanza Gladkowska; ma alla sua partenza per Vienna, ella va sposa ad un gentiluomo di campagna. INoltre da Vienna Chopin non potè rimpatriare essendo scoppiata in Polonia la rivoluzione. Appresa a Stoccarda la notizia della caduta di Varsavia, scrisse il suo famosissimo Studio in a do minore (op. 10, n. 12) detto anche Rivoluzionario, in cui espresse con fortissimi accenti il suo dolore per la tragedia della patria.

Ritornato in Francia da Londra, dove si era recato a tener dei concerti, venne presentato dal principe Valentino Radziwill alla società parigina. Ne seguì una serie di successi: in una serata memorabile si misurò al pianoforte con Franz Liszt. Il giovane pianista ungherese - quasi suo coetaneo, aveva un anno in meno - era pure lui un virtuso del pianoforte. Lo spettacolo che ne venne fuori fu memorabile per chi fu presente quella sera. Due geni al piano, non si era mai visto nè mai udito. Liszt scrisse di lui con la sua solita esuberanza d'immagini: "Tutto era armonia in lui, i suoi occhi erano più spirituali che sognatori; il suo blando sorriso non prendeva mai un'espressione amara. Il suo portamento era così distinto, le sue maniere erano così nobili, che veniva fatto di trattarlo come un principe..."

Nonostante i grandi trionfi, nella vita di Chopin, provato da una nuova delusione d'amore (Maria Wodzinski), entrò nel 1838 la scrittrice di successo George Sand (Aurore Dupin) sei anni più vecchia di lui, virile, amante dei vestiti mascolini, reduce di un amore burrascoso con De Musset. L'aveva conosciuta due anni prima, poi iniziò la relazione. Con Chopin già malato di petto, la Sand partì alla ricerca di un clima mite. Dopo un soggiorno di sei anni nell'isola di Majorca, alloggiati al monastero di Valdemosa, ritornarono, per Marsiglia e Nohant, a Parigi. Ma l'anno 1844 fu un anno tristissimo per il grande compositore: gli giunse notizia della morte del padre, ed ebbe un pericoloso aggravamento del male.
Quando poi nel 1847 l'avventuriera Sand l'abbandonò a se stesso, Chopin non era più che una larva, assillato per di più da gravi difficoltà finanziarie. Solo la generosità di alcuni amici potè permettergli di non vivere nella più nera miseria.

Nonostante la critica salute, fece ugualmente una tourneè in Inghilterra e in Scozia per tenervi gli ultimi concerti, ma quando ritornò nuovamente a Parigi, era stremato; ai primi di ottobre il male peggiorò, il 15 pur cosciente entrò in agonia; quando il 16 l'abate recitò le preghiere al suo capezzale, i medici che lo assistevano gli chiesero se soffriva, lui con un sussurro debole ma distinto rispose "Plus", (non più); passò la notte poi alle prime ore del mattino del 17 ottobre 1849, gli amici fedeli si accorsero che il genio nella notte aveva cessato di vivere. L''artista Kwiatkowski, con il corpo ancora caldo fece del viso parecchi disegni a matita....

Prima di morire aveva espresso alcuni desideri; al cimitero di Père Lachaise (qui il suo corpo riposa ancora oggi, posto fra quello di Cherubini e di Bellini) di versare sulla sua tomba la terra delle Polonia che aveva portato con sè diciannove anni prima e conservata in una coppa d'argento; di suonare al suo funerale il Requiem di Mozart; di riportare il cuore nella sua adorata terra natale.

LA MUSICA DI CHOPIN

Romantico per il colore del suono, e a volte per un senso di mistero insito nella sua arte, gli elementi dello stile di Chopin sono caratterizzati dalla cantabilità di un'invenzione melodica personalissima, da un intenso, struggente senso elegiaco, dalla raffinata sensibilità, dall'originalità dell'armonia, dalla poesia anche nel virtuosismo, al quale conferì l'imprevisto e la varietà dall'uso di un nuovo rubato, dalla novità di un pedale che innalza al massimo l'estensione dell'accordo e degli armonici. Espresse inoltre con efficacia il sentimento eroico ed epico, il fasto dell'aristocrazia polacca e il nazionalismo folcloristico della sua patria.

Lasciò 213 lavori numerati, quasi tutti per pianoforte solo, alcuni dei quali pubblicati postumi. Sono 2 concerti per pianoforte e orchestra; 3 sonate; 4 improvvisi; 4 scherzi; 4 ballate, ispirate a leggende nazionali; 13 polacche, di tipo coreografico o guerriero; 15 valzer, di carattere brillante, ma velati di malinconia; 19 notturni, pieni di incanto; 25 preludi, brevissime pagine di intimità quasi autobiografica; 24 studi in due raccolte (op. 10 dedicata a F. Liszt e op. 25 dedicata alla contessa Marie d'Agoult); 57 mazurche, vive di colore locale; numerose composizioni isolate, fra le quali si nota Berceuse, Barcarola, Bolero, 2 Fantasie, Allegro da concerto, Polacca brillante, 3 Scozzesi.

Il pianoforte, al quale egli conferì una impronta inconfondibile, fu il suo strumento e ad esso adeguò il proprio sentire e il proprio intimo tormento di poeta. Chopin è detto infatti il "poeta del pianoforte".

La sua musica, specchio fedele dell'animo, non "comunica" con un pubblico vasto, anzi predilige la confessione intima, rivolta a quegli ascoltatori cui non è necessario dire tutto, ma si può anche soltanto suggerire.


Bibliografia:
Chopin, di William Murdoch, Garzanti
Storia della Musica, X vol, Garzanti-Feltrinelli
Grande Storia della Musica, Fabbri
Alla voce "Mozart" Enciclopedia Motta
Alla voce "Mozart" Enciclopedia del Sapere, Fabbri


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