SCHEDE BIOGRAFICHE
PERSONAGGI
ANTON CECHOV

Anton Pavlovic Cechov nasce a Taganrog, porto del Mar d'Azov, il 17 gennaio 1860, da una famiglia di umili origini.
Il padre Pavel Egorovic è un droghiere, figlio di un ex servo della gleba che era riuscito ad ottenere il proprio riscatto mettendo insieme la somma necessaria con la sua attività di mercante. La madre, Evgenija Jakovlevna Morozova, è figlia di commercianti.

Sebbene l'infanzia del futuro scrittore e drammaturgo e dei suoi cinque fratelli non fu felice, ebbero una buona istruzione. Sognatore, innamorato della natura, Cechov apprende rapidamente a sopravvivere in solitudine al centro di una famiglia numerosa ed all'ombra della tirannia paterna.

Dopo avere terminato il liceo, raggiunge nel 1879 i genitori, che, a seguito del fallimento del padre, si erano trasferiti a Moscatre anni prima.

Diciannovenne, Cechov si iscrive agli studi universitari di medicina: studia fino al 1884, anno in cui consegue la laurea e inizia ad esercitare la professione di medico.

Gli anni dell'università vedono Cechov iniziare a scrivere novelle e reportage, che pubblica con diversi pseudonimi in riviste umoristiche. Sono gli anni del tumulto politico, tra i cui fatti più noti vi è l'assassinio di Alessandro II: Cechov diffida degli estremismi e delle ideologie e si mantiene distaccato da coinvolgimenti politici in ambito universitario. Osservatore freddo e razionale Cechov avrà modo di dichiararre: «La madre di tutti i mali russi è l'ignoranza, che sussiste in egual misura in tutti i partiti, in tutte le tendenze».

Cechov conduce una sorta di doppia vita: scrive ed esercita la professione di medico; scriverà: «La medicina è la mia moglie legittima, la letteratura è la mia amante». Il talento narrativo di Cechov impressiona favorevolmente lo scrittore Dmitrij Vasil'jevic Grigorovic. Conosce Aleksej Suvorin, direttore del grande giornale conservatore di Pietroburgo "Novoje Vremia" (Tempo Nuovo), il quale gli offre di collaborare con lui.

Cechov inizia così la sua attività di scrittore a tempo pieno, che lo porterà in breve tempo a collaborare con altre importanti riviste letterarie come "Pensiero russo", "Il Messaggero del Nord", "Elenchi russi".

Il primo libro è una raccolta di novelle, "Le fiabe di Melpomene" (1884), a cui segue una raccolta di brevi e scherzosi "Racconti variopinti" (1886), vivaci ritratti umoristici della vita di funzionari statali e di piccoli borghesi; entrambe i volumi vengono pubblicati con lo pseudonimo di Antosha Cekhonte. Appariranno poi "La steppa" nel 1888, e nel 1890 la sua sesta raccolta di novelle.

Tra la fine degli anni '80 e per tutti gli anni '90 Cechov si impegna in una più intensa attività di scrittura, in cui il pessimismo della triste monotonia della vita, in precedenza nascosto tra le pieghe dell'umorismo, diviene il carattere dominante, tuttavia attenuato a tratti da una voce di speranza e di fede.

Nascono quindi i suoi più celebri racconti che dal 1887 vennero pubblicati con il nome di Anton Cechov. Alcuni dei più significativi sono: "Miseria" (1887), "Kastanka" (1887), "Nel crepuscolo" (1887), "Discorsi innocenti" (1887), "La steppa" (1888), "La voglia di dormire" (1888)" (per il quale riceve il Premio Puškin, dall'Accademia delle Scienze), "Una storia noiosa" (1889), "Ladri" (1890), "La camera n°6" (1892), "Il duello" (1891), "La corsia" (1892), "Mia moglie" (1892), "Il racconto di uno sconosciuto" (1893), "Il monaco nero" (1894), "La mia vita" (1896), "I contadini" (1897), "Un caso della pratica" (1897), "L'uomo nell'astuccio" (1897), "La signora col cagnolino" (1898), "Nel burrone" (1900).

I suoi racconti sono ammirevoli per la semplicità e la chiarezza, straordinari per l'arguzia e il senso d'umorismo. Cechov sa esprimere il suo profondo rispetto per la gente umile, e riesce a rendere visibile il dolore e l'inquietudine presenti nella decadente società del tempo.

Incapace di trarre vantaggio dalla sua grande notorietà e nonostante i primi effetti della tubercolosi, Cechov parte per l'isola di Sakalin, ai confini della Siberia. Il suo scopo è quello di visitare e indagare il mondo delle carceri («tutto ciò che c'è di terribile nella vita si deposita in qualche modo nelle carceri»), in Siberia, dove i prigionieri vengono deportati e conducono una vita drammatica, e il cui sistema anticipa quello dei campi di concentramento che si vedranno nell'Europa del XX secolo.

Dopo un soggiorno di tre mesi Cechov pubblica uno studio - geografico, sociologico e psicologico - molto documentato. La pubblicazione de "L'isola di Sakalin", nel 1893, avrà per conseguenza l'abrogazione delle punizioni corporali, oggetto della sua denuncia.

Nel 1891 Cechov si reca sia in Francia (dove tornerà per farsi curare nel 1894 e nel 1897), sia in Italia. Nonostante il suo entusiasmo per Firenze e Venezia, ha nostalgia della Russia e della pianura moscovita; acquista nel 1892 una proprietà a Melikhovo, dove riunisce tutta la famiglia.
Qui si dedica al giardinaggio. La residenza è spesso frequentata da visitatori, e per trovare la concentrazione e la solitudine necessarie al lavoro di scrittore fa costruire una casetta lontano dalla residenza. In questo periodo Scrive "La camera n° 6", "Il Monaco nero", "Racconti di uno sconosciuto" e "Il gabbiano".

Nel periodo 1892–1893 scoppia un'epidemia di colera. Cechov si dedica in modo prioritario alla sua attività medica, che esercita per lo più gratuitamente. Nel frattempo matura il racconto terribile intitolato "Mugichi" (1897).

Nel 1897, la tubercolosi peggiora: deve ammettere la sua malattia, vendere Melikhovo, lasciare i dintorni di Mosca per il clima più secco della Crimea. Va a vivere a Yalta nel 1899, dove cura un nuovo giardino.

La sua malattia non rallenta il suo impegno sociale: fa costruire tre scuole e, nel 1899, dà l'allarme all'opinione pubblica sulla carestia che regna nelle regioni della Volga promuovendo una raccolta di fondi.

Nel maggio del 1901 sposa Olga Knipper, giovane attrice del teatro d'Arte che ha conosciuto tre anni prima in occasione del trionfo de "Il Gabbiano" a Mosca. Mentre Olga lavora a Mosca, Cechov resta solo, esiliato in una regione che non ama.

Dopo avere assistito al trionfo della sua ultima commedia, "Il giardino dei ciliegi", Cechov si reca in Germania con la moglie, alla ricerca di una possibilità di cura. Anton Cechov muore in viaggio, a Badenweiler, località della Foresta Nera, il 2 luglio 1904, all'età di quarantaquattro anni.


Aforismi di Anton Cechov

«Fra "Dio c'è" e "Dio non c'è" si estende un campo vastissimo, che un autentico saggio attraversa con grande fatica.»

«Perfino essere malato è piacevole quando sai che ci sono persone che aspettano la tua guarigione come una festa.»

«Se temete la solitudine non sposatevi.»

«La medicina è la mia legittima sposa, mentre la letteratura è la mia amante: quando mi stanco di una, passo la notte con l'altra.»

«Un matrimonio felice può esistere solo fra un marito sordo e una moglie cieca.»

«I pregiudizi e tutte le brutture della vita sono utili perché col tempo si trasformano in qualcosa di utile, come il letame in humus.»

«In una sciocchezza c'è assai più vitalità e più salute che nei nostri sforzi per giungere ad una vita di meditazione.»

«Non permettere alla lingua di oltrepassare il pensiero.»

«La capacità di credere a qualcosa è una facoltà dello spirito.»

«La buona educazione non sta nel non versare la salsa sulla tovaglia, ma nel non mostrare di accorgersi se un altro lo fa.»

ultimo aggiornamento: 15/01/2005

Da "Biografie" del portale Leonardo
http://biografie.leonardo.it/home.htm


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