SCHEDE
LA CANZONE NAPOLETANA

 

Dopo che -paradossalmente - è nato il Museo della Canzone Napoletana in Giappone, a Tokyo (!!), ora anche l'Italia, ha il suo museo canoro partenopeo. Ma non è nato a Napoli, nè in Campania, ma in Basilicata, nel ridente paese di Calvello. Promotore dell'iniziativa il prof. Aldo De Gioia (nella foto sotto), storico napoletano, tra i maggiori esperti nelle tradizioni teatrali e canore della sua città: "Mi sembrava impossibile che in Italia non vi fosse nulla che ricordasse la nostra canzone".


Grazie alla sensibilità del sindaco Avv. Rocco Coronato, del vicesindaco Pompeo Antonino, dell'Assessore alla Cultura Giuseppe Di Vacca e tutti gli entusiasti cittadini dell'amena località, che hanno messo a disposizione una sede per ospitarlo, la parola "impossibile" è stata cancellata, e nell'estate scorsa Calvello ha inaugurato il Museo della Canzone Napoletana, che raccoglie spartiti, libretti, locandine originali o copie di originali, a volte anche uniche, un fortepiano dell'epoca, fotografie dei più grandi autori da Caruso a De Curtis, Di Capua, Lama, Bovie, per citarne alcuni.

Adesso, dopo Tokyo anche Calvello, ora meta di visitatori provenienti dalla stessa Napoli, è la degna custode della canzone napoletana.


In "Frammenti di Napoli", volume che lo stesso Aldo De Gioia ha dato alle stampe nel 2000, nel richiamare rapidamente i motivi primari della storia di Napoli e nell'evocare tanti momenti magici della vita partenopea, vi è il capitolo "La Canzone", che qui riportiamo, sperando di non dimenticare tanti altri protagonisti.


"La canzone napoletana nacque dal melodioso sussurro del mare, che trasformò le ninfe in sirene dal canto lirico e sognante. La nostra terra fu patria canora consacrata dai greci, esaltata da Roma fino a Nerone che ne colse l'alloro nel vecchio Odeon.

I barbari non fermarono la nostra melodia che si fece più intensa nell'alto Medio Evo fino agli Svevi, quando si aprì il ciclo della canzone con lo stesso re Manfredi. In questo periodo emerse "Jesce sole!" diffusasi, in seguito, tra le lavandaie dell'Arenella.
Con Angioini, Durazzeschi e Aragonesi salirono ariette marinaresche che causarono, spesso, delle polemiche, come nel caso di "Frustaccà Margaritella" e "Muorto è lu purpu sotto la preta": una divagazione sentimentale sulla regina Margherita di Durazzo la prima, una satira rivolta all'altra regina Giovanna II ed al suo amante, Ser Gianni Caracciolo, la seconda.
Nel Cinquecento una canzone, "'Fenesta ca lucive", descrisse il tragico amore della baronessa La Gurna per Vincenzo Vernagallo e, sebbene la vicenda provenisse da Carini di Sicilia, divenne un grande successo napoletano, sul tipo delle "villanelle", motivi corali delle gare canore che si svolgevano in Piazza Castello e che in seguito si avvalsero dall'arte di famosi autori quali Velardiniello e Giovanni della Carriola.
Nel Seicento Salvator Rosa compose la famosa "Michelemmà" dedicata a Michela, splendida ragazza, per la quale gli innamorati si suicidavano, pazzi di gelosia. Fu un'anticipazione della "tarantella", peraltro già alle porte, in un ambiente come quello napoletano, pittoresco e chiassoso.
Ma, ancora più apprezzata, restò la famosa "Cantata dei pastori" di Andrea Perrucci, oriundo siciliano.

Dell'Opera Buffa, nata nel Settecento, i napoletani ritennero concorrenti i motivi di Paisiello, Cimarosa e Pergolesi. Ma la celebre "Palummella zompa e vola", tratta dalla Molinarella di Piccinni e "Amice mie nun credite alle zitelle" di Francesco Cerlone (musicata, dallo stesso Paisiello), sgomberarono il campo da ogni dubbio. Spopolarono "Lo guarracino" e "Cicerenella", satiriche e umoristiche, insieme a "Fenesta vascia", struggente e malinconica, tutte scritte da autori ignoti.
Negli indimenticabili anni della Festa della Madonna di Piedigrotta, celebrata il 7 settembre, iniziò l'uso di lanciare nuove canzoni. Tale manifestazione si svolse davanti alla chiesa, che sorge sull'ex tempio di Priapo, nei pressi della grotta che mena a Pozzuoli. Qui si raccolse il popolo festoso e vociante che, tra una tarantella e l'altra, intonò i nuovi motivi. Nel 1835, proprio nel giorno della citata festività, accadde che
Raffaele Sacco eseguì nel suo salotto, a balcone aperto, un nuovo componimento: "Io te voglio bene assaje" che venne immediatamente recepito, all'insaputa dell'autore, dalle tante persone che affollavano la via sottostante. La popolarità del motivo tu assicurata e Piedigrotta ne consacrò il successo.

Fu l'inizio della grande canzone e della fortuna delle case musicali, che si imposero con Tramer, Cali, Girard, Azzolina e Cottrau. Si stamparono canzoni e si vendettero le copielle di versi e musica (l'ultimo venditore di copielle tu il vecchio Iorio, ambulante, rintracciabile in Piazza della Carità, che morì negli anni Sessanta). Si pubblicarono "Lo zoccolaro", "Lo cardillo 'nnammurato" dì Masiello Bonito e "Santa Lucia" dì Teodoro Cottrau. Nel '75, Stellato e, Melber composero un'allegra canzone: " 'A cammesella", licenziosa e spinta, che ebbe grande successo.
Nel 1880, nella Hall di un albergo dì Castellammare dì Stabia, durante una testa organizzata per l'inaugurazione della funicolare del Vesuvio, il giornalista Peppino Turco e il direttore del Conservatorio di Londra, Luigi Denza, scrissero "Funiculì, funiculà". In tale periodo sorse la Casa Musicale Bideri, destinata a diventare la più grande casa editrice di canzoni napoletane, le cui vicende essa pubblicò e divulgò nel giornale "La tavola rotonda".

La canzone si diffuse fino ad arrivare ai divi delle opere liriche come Gayarre e De Lucia, i quali ne furono interpreti insuperabili, al punto da richiamare l'interesse straniero della casa discografica tedesca Poliphon e di quella inglese Aschenberg ed Enach. Da queste autorevoli case vennero stampati i motivi di Enrico de Leva, autore di molte sintonie e canzoni tra cui " 'E spingule francese" su versi di Salvatore Di Giacomo. Sì imposero successivamente: "Larìulà" dello stesso Di Giacomo, musicata da Costa, " 'A vongola" di Di Capua e "Carmela" di Gian Battista De Curtis, fratello del famoso Ernesto col quale scrisse "Torna a Surriento!" e tante altre composizioni. Crebbero i cenacoli letterari come la libreria Pierro in Piazza Dante (attualmente sede dell'Editrice Pironti) che pubblicò la rivista "Napoli Nobilissima".
Le case musicali si moltiplicarono rapidamente. Tra esse vanno ricordate: "La canzonetta", "Santa Lucia", "Gennarelli", "Feola'', "E.A. Mario", "Gill", "Santoianni", "Izzo","Acamporà". La Bottega dei quattro, Giba, Vela, Vian, Rendine.
Contemporaneamente, si diffuse "il pianino", ovvero "L'organo di Barberia", inventato nel 1700 dal modenese Giovanni Barbieri. Trainato a braccia o da un cavallo; il pianino si affermò in Europa, particolarmente in Belgio e in Olanda. In Italia, soprattutto a Napoli, divenne mezzo di diffusione di tutte le canzoni, anche di contrabbando, dal momento che i clandestini vendevano copielle stampate senza pagare i diritti d'autore. Tale romantico strumento decadde con l'avvento della radio e del sonoro, più specificamente dopo il secondo conflitto mondiale.
Nell' '83 comparvero le "chanteuses", cantanti francesi, subito imitate dalle napoletane che divennero "sciantose". Questo nuovo modello di canzonettista furoreggiò al "Circo del Varietà", locale di Via Chiatamone, odierna sede del quotidiano "ll Mattino"; la più grande interprete fu Armand D'Ary, per la quale Costa compose "A frangesa" su versi di Di Giacomo, seguito da Di Capua che musicò "Carcioffola", su testo dello stesso autore, per la napoletana Amina Vargas.
Ad una "sciantosa", Emilia Persico, è legato il successo di Gambardella " ' O marenariello", su testo di Ottaviano. Tale composizione, partendo dal nostro Politeama, si diffuse in Italia, Europa e America con l'aiuto della Casa Bideri che, intanto, scritturò il melodista, un giovane fabbro, il quale in seguito strimpellando il mandolino creò alcuni dei più celebri motivi della canzone napoletana.

Vennero alla ribalta molti cantanti, tra i quali primeggiarono Enrico Caruso, Gennaro Pasquariello ed Elvira Donnarumma. Il primo resta il migliore tenore di tutti i tempi, sia nella lirica che nell'interpretazione della canzone; voce morbida e potente dal magico fascino, incantava e incanta chi l'ascolta. Nato nel rione di San Giovanniello, dopo un'infanzia triste e depressa ebbe un fortunato incontro con il maestro Guglielmo Vergine che, intuendo le particolari capacità della sua ugola, lo aiutò nello studio della lirica, portandolo al successo. Enrico spopolò in tutto il mondo ed impose la leggenda della sua voce.

Gennaro Pasquariello, nato nel 1869 iniziò la carriera nel cafe'-chantant "Scotto Jonno", locale ubicato nella Galleria Principe di Napoli. Fu subito trionfo che si consolidò al teatro Margherita per estendersi, poi, nei più grandi teatri d'Italia.
Elvira Donnarumma, nata nel quartiere Pendilo nel 1883, esordì bambina nella Birreria dell'Incoronata, situata nei pressi del Tondo di Capodimonte. Nel 1884 fu scritturata dal Circo del Varietà ma, a vent'anni si ammalò seriamente. Curata dal Prof. Cardarelli riprese a cantare diventando la più grande interprete femminile della canzone napoletana. Morì nel 1933, sopraffatta dal male che non l'aveva mai abbandonata.

Nel 1890 nacque la "mossa", gesto conturbante eseguito con movimento coordinato di anche, ventre e seno, al rullo di un tamburo, con colpo finale di grancassa. Fu il il biglietto da visita della sciantosa di turno. La palma spettò alla romana Maria Campi che ne fu l'inventrice, seguita immediatamente da Maria Borsa.
Un anno dopo, Ferdinando Russo confidò al famoso chansonnier Nicola Maldacea di essere intento a lavorare intorno ad un vecchio progetto: la composizione di canzonette appena cantate e un po' parlate, le quali, pur serbando interamente il carattere napoletano, avrebbero dovuto delineare anche una certa tipologia, e non soltanto passione d'amore. Secondo il suo pensiero, questi "tipi", sia curiosi, comici o grotteschi, avrebbero necessitato di una scrupolosa interpretazione. Dopo tre anni, l'Autore riuscì a realizzare questa idea e nacque la "macchietta", destinata ad assumere notevole importanza. L'inventore ne scrisse più di cinquanta, tutte musicate da Vincenzo Valente. Tra le più famose si ricordano: "L'elegante", " 'A rumanza d' 'o quart'atto", "Pozzo fai 'o prevete", "Il conte Flich", "Don Frichino", " 'O sciuglimento d' 'o cuorpo". Ferdinando Russo stabilì, con questo nuovo tipo di canzone, un rapporto immediato con il pubblico, specie con quello cosiddetto "minuto". Egli non fotografava scene, ma le viveva secondo il suo carattere allegro, malandrino e smargiasso.

Tra le "macchiette" di altri autori, celeberrima è " 'A risa", il cui ritornello è un'interminabile risata. Grandi furono le interpretazioni di Nicola Maldacea, Bernardo Cantalamessa, Peppino Villani e Francesco Rondinella.
La novità si impose in maniera strepitosa. Poi, la canzone riesplose con "' Ndringhetendrà" di Cinquegrana e De Gregorio, per approdare al trionfo memorabile di " 'O sole mio" di Capurro e Di Capua, destinata a diventare motivo rappresentativo non solo di Napoli ma, spesso, d'Italia.


Ciò accadde nel 1948 alle Olimpiadi di Londra, allorché il motivo venne eseguito come inno nazionale (!!). Questo capolavoro, cantato innumerevoli volte in tutto il mondo, fruttò incassi favolosi senza, peraltro, dare agiatezza agli autori. Capurro, pur essendo giornalista del "Roma", trascinò una vita stentata, come dei resto Di Capua.

Le canzoni che sgorgarono dal cuore napoletano furono migliaia, tutte bellissime, molte meravigliose. Per citarne alcune, basti ricordare: "Core 'ngrato" di Cardillo e Cuordiferro (napoletani emigrati in America); "Marechiaro" di Di Giacomo e Tosti; "Palomma "e notte" di Di Giacomo e Buongiovanni; "J' te vurrìa vasà" e "Maria Mari", musicate da Di Capua su versi di Vincenzo Russo, delicato poeta e grande promessa della nostra canzone che la morte rapi in età giovanile. La Commissione Toponomastica Cittadina del Comune di Napoli su personale iniziativa ha dedicato a questo indimenticabile personaggio, una lapide che lo scrivente ha dettato: "A Vincenzo Russo(1876-1904)Qui scrisse i versi di canzoni che portano nel mondo il nome di Napoli."

Ernesto Murolo è un altro eccellente autore di numerosi successi, spesso in coppia con l'ottimo Ernesto Tagliaferri. I loro celebri motivi: "Piscatore 'e Posilleco"; "Nun me scetà"; "Adduormete cu mme"; "Tarantella Internazionale"; "Qui fu Napoli", si cantano ancora in tutto il mondo.
Ma sono tante le canzoni che resteranno eterne nel nome di Napoli, tra le particolarmente care" 'O surdato 'nnammurato" di Aniello Califano ed Enrico Cannio. Tra quelle che hanno fatto epoca negli anni successivi, sono da ricordare: "Torna" di Pacifico Vento e Nicola Valente, "Chi siete?" di Cosentino e " 'Na sera 'e maggio" di Pisano e Cioffi, altro famoso binomio.
Negli anni trenta si affermò Ada Bruges con la sua voce sensibile e raffinata, mentre emergeva il poeta Peppino Fiorelli. Dal suo estro nacquero in periodi successivi "Madonna delle rose", "Serenata celeste", "Buongiorno tristezza", "Corde della mia chitarra", "E la barca tornò sola" che furono vincitrici al Festival di Sanremo.

Anche Giuseppe Russo, altro autore di rilievo, si classificò ai primi posti in diversi festival napoletani.
In questo rapidissimo excursus della nostra canzone napoletana meritano una doverosa menzione gli autori: Domenico Furnò, Adolfo Genise, Nello De Lutio, Emanuele Nutile, Francesco Feola, Gennaro Ciaravolo, Carlo De Flavys, Vincenzo Di Chiara, Vittorio Fassone, Ferdinando Albano, Giuseppe Capaldo, Antonio Barbieri, Falconi-Fieno, Alberto Ferrara, Giovanni Capolongo, Beniamino Canetti, Mangione, Staffelli, Ciro Parente, Vincenzo De Crescenzo, Francesco Fiore, Enzo Fusco, Rodolfo Falvo, Alberto Montagna. Un particolare riconoscimento va ad Armando Gill (pseudonimo di Michele Testa); eccezionale improvvisatore, fenomeno del varietà, scrisse moltissime canzoni, tra cui le famosissime "Come pioveva", " 'E quatt' 'e maggio", " 'O zampugnaro "nnammurato", "Nun so' geloso", "Palomma", "Bella ca bella sì", "La donna al volante", "Villeggiatura a Capri".

Gill era l'artista chic, il signore del palcoscenico che non smetteva mai l'abito da sera. Fu il primo cantautore, si presentava al pubblico dicendo: "Ascolterete una canzone di Armando, musicata da Gill, cantata da Armando Gill". Si proponeva di divertire e declamava versi all'impronta. Nella trattoria romana "alla Scrofa" sostenne un memorabile scontro all'ultima rima con Ettore Petrolini. Circondato sempre da ammiratori fu attore aristocratico, acclamatissimo in Italia e all'estero.

Restano indelebili nella memoria Umberto Davide ancora vivente, famoso tenore di Sorrento, Salvatore Papaccio e Vittorio Parisi, cantanti lirici, rivali e amici, che divisero la città in due schiere di appassionati del bel canto. Chi tra i due sia stato il migliore è difficile dirlo, di sicuro Papaccio e Parisi, insieme a Pasquariello, sono le preziose tre "P" della canzone napoletana.
Né va dimenticata Gilda Mignonette, la piccola Griselda Andreatini, figlia di un professore di lettere, nata nella Duchesca. Ella conquistò Napoli e l'Italia partendo da Forcella e si allineò, dopo la prima guerra mondiale, con le grandi Lidia Johnson, Mary Foster e Anna Fougez. Sposatasi in America, divenne la regina della canzone napoletana per migliaia di emigranti. Morì nel 1953 sulla nave che la riportava a Napoli.

Grande è, altresì, Michele Galdieri, figlio di Rocco, eccelso poeta. Immortale la sua "Munasterio 'e Santa Chiara" musicata da Barberis. La sua fama non si legò esclusivamente alla canzone napoletana, in quanto fu autore acclamato di molte riviste teatrali, nonché di canzoni in italiano come "Tu solamente tu" e "Ma l'amore no".

Un meritato plauso spetta anche ai due pugliesi di Napoli: Mario Costa ed Evemero Nardella che, con i loro motivi, diedero un grande contributo all'affermazione delle nostre melodie. Né sono da dimenticare i cosiddetti napoletani di Milano "Bixio, Frustaci, Fragna, Nisa, Concina" e il ben noto Buonavolontà, papà del compianto presentatore Mario Riva. Ricordiamo, infine, i posteggiatori che si annoverano come gli ultimi menestrelli di un mondo poetico sempre presente nella nostra canzone; quegli stessi che interpretarono, a Sanremo, il primo festival (detto, appunto, Festival di Sanremo) che propose canzoni italiane e napoletane insieme. Presentò i nuovi motivi Ernesto Murolo, mentre diresse l'orchestra Ernesto Tagliaferri; vi parteciparono tra gli altri: Nicola Maldacea, Enzo Romagnoli e Carlo Buti.

Tra i più importanti posteggiatori citiamo: don Antonio 'o cecato, l'Olandese, Vicienzo 'e mare, Shotler, Sivoli e 'o Zingariello.
Particolari interessanti accompagnano il nostro slancio canoro; tra questi si annovera la discografia che nacque proprio a Napoli, nel 1901, dopo l'invenzione del grammofono a cilindro perfezionato da Giovanni Bettini. Gli impresari sfruttarono questa novità e i fratelli Americo e Raffaele Esposito fondarono la prima casa discografica in Via De Marinis. Tale iniziativa precedette "La voce del padrone", la "Columbia" e la "Phono Elettra", impegnate in questo campo.

Successivamente, negli anni Venti, quando Roma trasmise con l'U.R.I. (Unione Radiofonica Italiana), nacque nei locali di Via Cesario Console, Radio Napoli, diretta da Silvio Del Bono, seguita a distanza dai nuovi uffici di Via Egiziaca a Pizzofalcone, gestiti dall'E.I.A.R (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche).
I primi cantanti radiofonici furono, Tina Castigliano, Ciro Formisano, Ester Baroni, Ferdinando Rubino, Franco Capaldo, Ria Rosa, Ettore Fiorgenti, Emilia Verdesi, provenienti dal teatro.

Con la radio, la nostra canzone varcò più velocemente gli oceani e si estese in tutto il mondo, trasmettendo oltremare l'incanto di Napoli.

Dopo la seconda guerra mondiale, i cantanti che accrebbero e ancora promuovono il successo sono: Alberto Amato, Luciano Valente, Mimi Ferrari, Eva Nova, Isa Landi, Grazia Gresi, Maria Paris, Pina Lamara, Franco Ricci, Virginia da Brescia, Giacomo e Luciano Rondinella, Sergio Bruni, Mario Abbate, Mara Del Rio, Nicla Di Bruno, Tullio Pane, Antonio Basurto, Alberto Berri, Nunzio Gallo, Aurelio Fierro, Gabriele Vanorio, Roberto Murolo, Ugo Calise, Armando Romeo, Gino Vanorio, Amedeo Pariante, Fausto Cigliano, Gloria Cristian, Sergio Centi, Maria Longo, Claudio Villa, Peppino Gagliardi, Luciano Lualdi, Enrico Fiume, Tina De Paolis, Nino Fiore, Nino Nipote, Peppino Di Capri, Dino Giacca, Gege Di Giacomo, Marino Marini, Renato Carosone, Marina Pagano, Teresa De Sio, Domenico Attanasio, Francesco Albanese, Bruno Venturini, Myrna Doris, Tony Astarita, Miranda Martino, Gennaro Cannavacciuolo, Marisa del Frate, La Nuova Compagnia di Canto Popolare, Peppe Barra, Tullio De Piscopo, Pino Daniele, Eugenio ed Eduardo Bennato, Enzo Gragnaniello, Maria Nazionale, Mario Merola, Gloriana, Nino D'Angelo, Gigi D'Alessio, Carlo Missaglia, Egisto Sarnelli, Andrea Mellino, Massimo Ranieri, Giulietta Sacco, Isa Landi, Mario Trevi, Antonio Corbara, Pino Di Maio, Antonello Rondi, Nora Palladino. Lino Cavallaro, Consiglia Licciardi, Nicola Mormone, Tonino Apicella, Claudio Carluccio, Olga De Maio, Lina Iammarino, Aurora Giglio, Franco Manuele, Mario Balestra, Gigi Finizio, Pietro De Rosa, Mario Maglione.

Per i cantanti non citati... ai posteri l'ardua sentenza.

Per completare la panoramica della canzone napoletana, è giusto menzionare anche gli autori: Antonio Vian, Furio Rendine, Enrico Buonafede, Felice Genta, Renato Matassa, Eduardo Alfieri, Salvatore Mazzocco, Domenico Modugno, Enzo Barile, Tito Manlio, Enzo Bonagura, Francesco Saverio Mangieri, Mario Festa, Salve D'Esposito, Vincenzo Belfiore, Marcello Gigante, Augusto Cesareo, Mario Salerni. Raffaele Viviani, Trusiano, Dino Verde, Enzo Di Gianni, Riccardo Pazzaglia, Umberto Boselli, Totò, Raffaele Cutolo, Peppino De Filippo, Giuseppe Marotta e Salvatore Palomba.

Infine, un pensiero va ai musicisti, maestri direttori d'orchestra, Giuseppe Anepeta, Luigi Vinci, Gino Conte, Giuseppe Di Martino".

Aldo De Gioia
da "Frammenti di Napoli"
(riproduzione autorizzata dall'autore)


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