SCHEDE BIOGRAFICHE
PERSONAGGI
BENEDETTO XII - GIACOMO FOURNIER

BENEDETTO XII, Giacomo Fournier, francese
(
pontificato 1334-1342 )

Morto Giovanni XXII il 4 dicembre 1334, ad Avignone, nella stessa città si riunì il conclave per eleggere il suo successore. Dieci giorni dopo, il 20 dicembre dello stesso anno, veniva fatto il nome del neo-papa: Jacques Fournier, consacarato poi l'8 gennaio 1335 col nome di BENEDETTO XII.
Il Sacro Collegio era composto in prevalenza da cardinali francesi, e ovviamente venne fuori un papa francese. Cinonostante appena eletto lui aveva tutte le intenzioni di trasferirsi a Roma, ma le pressioni dei cardinali francesi fecero naufragare il suo progetto.

Jacques Fournier era un monaco Cistercense, aveva studiato a Parigi e nel 1317 era stato creato vescovo di Pamiers, successivamente di Mirepoix.
Venendo dal convento era un uomo dai rigidi costumi e, sempre immerso negli studi era un buon teologo e ottimo canonista. Essendo anche di animo mite e conciliativo, proprio con questa sua ultima dote si diede molto da fare per pacificare l'Italia piena di contrasti e di delusioni dopo la brutta e fallimentare esperienza del tedesco Ludovico il Bavaro. Anche se poi nella sostanza i suoi nobili tentativi approdarono a ben poco.

Costretto a rimanere ad Avignone, si dedicò con zelo alla costruzione di quell'immenso palazzo, fino a farla diventare quella gigantesca costruzione di torri massicce, mura colossali, che ricoprirono una superficie di 6400 mq. Un poderoso edificio - tra fortezza, chiostro, carcere, palazzo - che il Pastor - dice "riflettere la condizione della Santa Sede di quel tempo".
Era allora indubbiamente austero (dopo furono fatti lavori di abbellimento, rendendolo un palazzo lussuoso) ma benedetto era un monaco, disprezzava il lusso, e lo tolse anche a molti che erano stati beneficiati nel precedente pontificato, anche perchè molti (ecclesiastici e laici) i benefici se ne erano appropriati o comprati con gli abusi. Di benefici ne concesse pochi, e a quanto pare - odiando il nepotismo - non li concesse nemmeno ai suoi parenti. Solo un suo nipote assurse alla carica di arcivescovo di Arles, ma non era stato lui a intercedere, lo avevano proposto alcuni cardinali.

Nell'opera di pacificazione, oltre che in Italia, Benedetto fu subito impegnato nella pacificazione con l'imperatore tedesco Lodovico il Bavaro, ma questi tentativi furono intralciati dal re di Francia Filippo VI, che aveva il fondato timore che il riavvicinamento tra i due, avrebbe agevolato il rientro a Roma del papa, come del resto Benedetto XII desiderava fare; più volte rispondendo alle sollecitazioni dei romani (che gli offrirono anche la potestà senatoria), ebbe parole piene di attenzione, e tramite dei nunzi inviati a Roma riuscì pefino a far ristabilire l'ordine.
Premurosamente inviò anche grosse somme per far restaurare San Pietro e il Laterano.

Tuttavia Roma soffriva.  Malgrado le velleit� repubblicane del popolo e i propositi dei nobili di costituirsi una signoria, sia i grandi che i popolani sentivano la nostalgia della Curia la cui assenza aveva disseccato l'unica fonte di lucro, e ne desideravano fervidamente il ritorno.
Non era la prima volta che Roma rimanesse priva del Papa; per un motivo o per un altro, mai per� l'assenza dei Pontefici da Roma era stata cos� lunga, tanto lunga da sembrare che volesse esser definitiva (l'assenza si protraeva da 30 anni, una generazione!); e mai come al tempo dell' esilio avignonese la Santa Sede aveva esercitato cos� scarsa autorit� sopra i suoi stessi domini. Pareva anzi che fosse stata cancellata del tutto tale autorit� dallo stato pontificio, dove, accanto ai comuni quali Roma, Ancona e Perugia, erano sorte e si erano affermate non poche signorie: quella dei Pepoli a Bologna, i da Polenta a Ravenna, gli Ordelaffi a Forl�, i Malatesta a Rimini, i Varano a Camerino, i Montefeltro a Urbino, i Prefetto da Vico a Viterbo e Civitavecchia.

� La citt� eterna � scrive Pietro Orsi � presentava a quest'epoca un aspetto di desolazione e di miseria; la popolazione, che era andata man mano diminuendo, aveva abbandonato la periferia per restringersi attorno al Campidoglio, cos� che molti dei grandi monumenti dell'antichit� s'innalzavano in mezzo alla campagna deserta. Eppure tanto decadimento non aveva cancellato nella mente dei suoi abitanti la memoria dell'antica grandezza, cui il nome dei suoi magistrati municipali (senatori) sembrava perpetuare. Queste vecchie tradizioni per� non avevano impedito che anche a Roma penetrasse l'elemento feudale; anzi i baroni si servivano degli antichi monumenti per innalzare al disopra delle loro case quelle torri, dalle quali sostenevano lotte continue contro i rivali". 
Fra le famiglie potenti di Roma - come sappiamo - due si segnalavano sulle altre: i COLONNA (che si erano sempre atteggiati a Ghibellini) e gli ORSINI (che per contro si dicevano Guelfi): entrambe approfittando dell'assenza dei Papi miravano ad impadronirsi della signoria della citt� seguendo l'esempio dei tiranni dell'Alta Italia -, perci� si combattevano pi� aspramente di prima.

Cosicchè in questa anarchia, nel corso del pontificato di Benedetto, nel 1339 il popolo insorto contro i grandi si ordin� a repubblica democratica e mand� ambasciatori a Firenze a studiare quella costituzione ed a richiedere copia degli ordinamenti di giustizia. Ma fu un fuoco di paglia, A Roma mancava quasi del tutto quella borghesia, che reggeva il governo fiorentino; e la repubblica allora proclamata non pot� conservarsi di fronte agli attacchi dei nobili ed alle opposizioni del Papa�.(Pietro Orsi)
E quando Benedetto XIII morì - come leggeremo nella prossima biografia di Papa Clemente VI - subito partì un'ambasciata da Roma guidata da Stefano Colonna che si onorava della compagnia di Francesco Petrarca (leggeremo la cronaca nella successiva biografia).

In Germania quelle manovre e quelle pressioni fatte su Benedetto dal re di Francia, i principi elettori, indubbiamente le avevano capite e scoperte, l'indignazione verso il re francese si faceva sentire, e di riflesso colpivano anche il papa, perchè sempre francese lui era. La lotta divenne esasperata nel 1338, quando gli elettori tedeschi il 16 luglio si raccolsero a Rense, dichiarando che Lodovico il Bavaro era stato eletto da loro, e quindi aveva il diritto di amministrare l'impero e di assumere il titolo di imperatore, anche senza l'approvazione di Roma. Nell'agosto dello stesso anno, in un'altra dieta a Francoforte, Lodovico protestò che l'imperatore non poteva essere giudicato dal papa per il fatto che l'autorità imperiale viene direttamente da Dio. E nel dirlo, forse per far un ulteriore dispetto, si mise a sostenere apertamente l'Inghilterra che da qualche tempo stava maturando simili idee, e come i tedeschi da tempo si era mossa contro la Francia.

A ingarbugliare le cose, e a renderle ancora più difficili, perfino in casa sua, fu Lodovico stesso, quando nel 1342, mise di traverso alle vicende politiche una vicenda matrimoniale di suo figlio. Con losche manovre fece sciogliere il matrimonio di Margherita Multash erede del Tirolo e della Carinzia, con Giovanni di Boemia, per darla a suo figlio Lodovico. Le intenzioni erano quelle di mirare all'eredità della prima, per poter ingrandire i possessi del secondo, suo erede al trono. La cosa non era per nulla gradita ai principi elettori, cosicchè se li trovò sempre più contro. Lui, sfidando l'impopolarità, fece l'ostinato, e quelli si rivolsero al papa, che intervenne energicamente affinchè nè quello scioglimento nè quell'unione avvenisse.

Ma Benedetto non compì l'opera fino in fondo, il 25 aprile 1342 moriva ad Avignone. Ma ci sono dubbi che potesse andare oltre nella questione, negli affari ecclesistici era energico e risoluto, ma negli affari politici era esitante ed incerto. Lasciò però un successore piuttosto avveduto e come leggeremo, per nulla esitante.

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