TABELLA BATTAGLIE NELLA STORIA

  BATTAGLIA DI CAPO SPADA  

di Tansini Davide

Data: 19 luglio 1940.
Luogo: Mar Egeo, nei pressi di Capo Spada.
Eserciti contro: flotte Italiana e Inglese.
Contesto: seconda guerra mondiale.
Protagonisti:
Contrammiraglio Ferdinando Casardi, Comandante 2a divisione di incrociatori leggeri;
Capitano di Vascello Collins, Comandante dell�incrociatore leggero Sydney;
Capitano di Vascello Umberto Novaro, Comandante dell�incrociatore leggero Bartolomeo Colleoni;
Capitano di Fregata Nicholson, Comandante del cacciatorpediniere Hyperion.

La battaglia



Nel luglio 1940 Supermarina � il Comando Supremo della Marina italiana � decise di dislocare alcune navi da guerra nella base di Lero, a Rodi, con l�intento di attaccare gli eventuali convogli inglesi in transito tra la l�Egitto e i Dardanelli. Per questo compito gli alti comandi italiani ritennero conveniente impiegare la 2a divisione incrociatori leggeri di stanza a Tripoli � il Bartolomeo Colleoni e il Giovanni dalle Bande Nere � comandata dal Contrammiraglio Ferdinando Casardi.

Questa scelta venne dettata da diverse ragioni. Come le altre quattro unit� gemelle che costituivano la classe Condottieri � Alberico da Barbiano, Alberto da Giussano, Armando Diaz e Raffaele Cadorna � i due incrociatori erano stati progettati per opporsi ai cacciatorpediniere, navi assai veloci ma poco armate e corazzate. Per ottenere una velocit� piuttosto elevata, si era dovuto progettarli con un contenuto dislocamento: la corazzatura venne perci� ridotta ad appena 24 millimetri, permettendo una cospicua diminuzione del dislocamento � solamente 6.500 tonnellate � e un proporzionale aumento di velocit�, che raggiunse il valore massimo di 37 nodi. L�armamento principale � 8 cannoni da 152 millimetri e 4 tubi lanciasiluri � avrebbe consentito a queste unit� di inseguire ed impegnare qualsiasi cacciatorpediniere nemico tenendosi fuori dalla gittata dei suoi proietti, e nel contempo di sfuggire rapidamente ad unit� pesantemente armate.

Progettati nel 1925 e varati nel 1930, erano gli incrociatori pi� vecchi della Regia Marina italiana: a causa della bassissima protezione erano scherzosamente chiamati �incrociatori di carta�.
Nel 1932 la corazzatura dovette essere portata a 32 millimetri affinch� le navi non soffrissero eccessivamente i colpi di mare: aument� cos� il tonnellaggio complessivo e la velocit� venne di conseguenza diminuita. Grazie al ridotto dislocamento questi incrociatori consumavano poca nafta: nelle basi del Dodecaneso � difficilmente rifornibili dal lontano territorio metropolitano � era infatti necessario schierare unit� che consumassero poco carburante. La scarsezza di combustibile condizion� la Marina italiana per tutta la durata del conflitto, portando al blocco quasi completo delle operazioni dall�estate del 1942.

Alle 21.00 del 17 luglio i due incrociatori salparono da Tripoli alla volta di Lero. Il giorno seguente usc� da Alessandria d�Egitto una formazione britannica diretta verso l�Egeo. Essa era costituita da due gruppi, comandati dal Capitano di Vascello Collins: il primo � agli ordini dello stesso Collins � comprendeva l�incrociatore leggero Sydney e il cacciatorpediniere Havock ed aveva il compito di perlustrare il Golfo di Atene; il secondo gruppo � al comando del Capitano di Fregata Nicholson � era formato dalla 2a flottiglia cacciatorpediniere � Hyperion, Ilex, Hero e Hasty � ed aveva l�ordine di compiere una ricognizione antisommergibile nelle acque fra l�isola di Caso e Creta, prima del passaggio di un convoglio britannico. Nella stessa giornata Supermarina ordin� al Comando Aereo di Rodi di effettuare ricognizioni aeree sul Canale di Cerigotto, dove sarebbero transitati i due incrociatori di Casardi, e di garantire alla formazione italiana la copertura aerea durante la traversata dell�Egeo. All�alba del 19 luglio la formazione italiana si trovava all�ingresso dell�Egeo, in navigazione a 25 nodi con rotta 75�. 

I pochi ricognitori che avevano sorvolato quel tratto di mare per tutta la giornata precedente non avevano rilevato alcuna unit� nemica, perci� il percorso fu ritenuto abbastanza sicuro. Alle 6.17 le vedette del Bande Nere scorsero all�orizzonte � controsole � i profili di quattro navi da guerra. Pochi minuti dopo esse vennero identificate come cacciatorpediniere britannici in rotta verso Sud-Ovest: le navi di Nicholson. Casardi decise di attaccare queste unit�, veloci quanto i suoi incrociatori ma molto meno armate: aument� la velocit� fino a 30 nodi e accost� a sinistra, badando bene a tenersi fuori portata dell�artiglieria nemica, assai pericolosa per le sue deboli navi. Alle 6.27 il Colleoni e il Bande Nere aprirono il fuoco dalla distanza di 17.500 metri. 

La flottiglia britannica venne colta di sorpresa: appena scorte le vampate delle salve italiane, Nicholson ordin� di ritirare gli apparati di scoperta antisommergibile, di invertire la rotta e di aumentare la velocit� a 35 nodi per sfuggire al pericoloso cannoneggiamento. Comunic� subito dopo a Collins l�attacco da parte di due incrociatori italiani di classe Condottieri. Collins, che stava terminando la sua ricognizione 60 miglia a Nord-Est, non rispose al messaggio ma ordin� alle sue unit� di invertire la rotta e di aumentare la velocit� a 35 nodi: sua intenzione era di portare il pi� velocemente possibile le navi italiane sotto il fuoco del Sydney, mantenendo il silenzio radio per non scoprirsi al nemico. Casardi si lanci� all�inseguimento dei cacciatorpediniere di Nicholson: non aveva infatti motivo di ritenere inattendibili le rilevazioni aeree della giornata precedente, perci� non sospettava neppure lontanamente la presenza di un incrociatore britannico in quelle acque. D�altra parte catapultare gli idrovolanti imbarcati sugli incrociatori avrebbe costretto ad una forte riduzione di velocit�, con il rischio di perdere il contatto con le unit� nemiche.

Il cannoneggiamento italiano � anche se intenso � si rivel� infruttuoso, a causa del mare agitato e dello scarso addestramento degli artiglieri. Alle 6.43 le navi britanniche lanciarono alcuni siluri da 18.000 metri e virarono a Nord, avvolgendosi in cortine fumogene. La formazione italiana cess� allora il fuoco per sganciarsi dai pericolosi ordigni, permettendo ai cacciatorpediniere di portarsi a 24.000 metri. A questo punto Casardi decise di serrare le distanze, anche col rischio di esporsi al fuoco nemico: alle 6.50 fece aumentare la velocit� a 32 nodi ed accost� per 60�, portandosi in rotta perpendicolare alla flottiglia inglese. Nicholson, vedendo il nemico avvicinarsi celermente, dovette virare a Nord-Est. Le navi italiane presero anch�esse questa rotta, in ogni caso la pi� rapida per raggiungere Lero. Contemporaneamente i cannoni italiani riaprirono il fuoco. Questo secondo cannoneggiamento si interruppe alle 7.05: i telemetristi italiani si trovarono in cattiva posizione rispetto al sole, e le navi britanniche ne approfittarono per virare a Nord. Casardi � ritenendo pericoloso questo continuo spostamento verso Settentrione � ordin� di accostare per 60�, costringendo la formazione inglese a riprendere la rotta precedente. Alle 7.22 il Contrammiraglio comunic� la situazione a Lero e richiese l�intervento dei bombardieri stanziati a Rodi: infatti, neppure uno degli aerei promessi si era fino ad allora visto.

A causa della foschia gli incrociatori italiani non poterono avvistare le navi di Collins, che durante l�inseguimento si erano dirette a tutta velocit� verso la zona dello scontro. Alle 7.30 l�incrociatore britannico � avvolto nella nebbia � apr� il fuoco da 18.300 metri di distanza. Casardi, colto di sorpresa, ordin� immediatamente di accostare per 150� e di rispondere al fuoco: i telemetristi italiani non riuscivano per� a vedere il nemico, cos� che il tiro risult� quasi completamente casuale. Il Bande Nere fu raggiunto da una granata da 152 millimetri, che scoppi� sotto coperta presso l�albero di trinchetto uccidendo quattro uomini e ferendone altrettanti. Anche il Sydney venne colpito da un proietto italiano, che attravers� il fumaiolo prodiero e fer� leggermente un marinaio inglese. Gli italiani credettero da principio di fronteggiare ben due incrociatori britannici: l�Havock era stato infatti confuso con un�unit� gemella del Sydney. Casardi ordin� di stendere una cortina di fumo per coprire la ritirata delle sue navi: i cacciatorpediniere nemici avevano infatti invertito la rotta e anche la loro artiglieria avrebbe potuto rivelarsi micidiale per i fragili incrociatori. Alle 7.46 Casardi ordin� di cessare la copertura fumogena, poich� il tiro britannico era diventato impreciso. Diradatosi il fumo, gli italiani rilevarono erroneamente due incrociatori di classe Leander, la cui distanza non era ancora misurabile coi telemetri. Dopo pi� di un�ora di inseguimento, le navi si trasformarono da inseguitrici ad inseguite!

Creta chiudeva alla formazione italiana la fuga verso Sud. Vi erano perci� due possibilit�: verso Est, cos� da raggiungere Lero con un ampio giro, oppure verso Sud-Ovest, verso il mare aperto, in modo da sfruttare l�alta velocit� per liberarsi degli inseguitori. Con la prima soluzione � durante la stretta virata che gli incrociatori italiani avrebbero dovuto compiere � le navi nemiche si sarebbero avvicinate notevolmente, e con esse le pericolose bordate d�artiglieria. Con la seconda possibilit� si sarebbero per lo meno mantenute le distanze dagli inseguitori, e minori sarebbero state le probabilit� di essere raggiunti da proietti nemici. Inoltre Casardi sapeva che verso Occidente la situazione era tranquilla, mentre verso Oriente nulla gli impediva di imbattersi in altre unit� nemiche. Perci� alle 8.00 il Contrammiraglio italiano ordin� alle sue navi di virare a Sud-Ovest. Collins approfitt� della posizione favorevole e tent� di tagliare la strada agli incrociatori avversari: diede perci� ordine all�Havock di raggiungere gli altri cacciatorpediniere e di inseguire il nemico alla massima velocit�. Le navi inglesi uscirono dalla foschia e a quel punto gli italiani si resero conto che nella formazione inglese vi era un solo incrociatore. Entrambe le parti ripresero quindi a scambiarsi cannonate. I veloci cacciatorpediniere di Nicholson cominciarono a serrare le distanze, tanto da poter piazzare qualche salva a cavallo della formazione italiana. Ma il forte vento di maestrale e le ondate costrinsero i contendenti ad inserire dispositivi giroscopici nei circuiti elettrici dell�artiglieria: con ci� era possibile neutralizzare la perdita di salve dovuta a rollio e beccheggio, sebbene le bordate venissero notevolmente ritardate.

Alle 8.10 le navi di Casardi si trovavano all�altezza di Capo Spada. Otto minuti dopo gli incrociatori italiani accostarono a sinistra per evitare l�isolotto di Agria. Improvvisamente, alle 8.23 accadde l�irreparabile: il Colleoni venne colpito da un proietto che esplose nella sala macchine lasciando la nave alla deriva. Attorno all�incrociatore cominciarono a levarsi sempre pi� numerose colonne di acqua e fuoco, quasi nascondendolo alla vista. Nonostante si moltiplicassero i colpi a segno sulla nave, i pezzi del Colleoni continuarono incessantemente a tuonare. Ma in pochi minuti 38 cannoni britannici ebbero ragione sulla valorosa nave: ben presto le caldaie di prua vennero colpite, cos� che l�artiglieria � rimasta senza energia � dovette cessare la strenua difesa. Dovunque vi erano incendi ed esplosioni. Alle 8.29 i cacciatorpediniere britannici lanciarono alcuni siluri, di cui uno distrusse l�intera prora dell�incrociatore. L�equipaggio, che fino ad allora non aveva lasciato i posti di combattimento, sal� in coperta per abbandonare la nave ormai distrutta. 

Poco dopo altri due siluri esplosero a dritta: il Colleoni, sbandato a dritta, cominci� ad imbarcare acqua e si capovolse inabissandosi con 150 marinai. Il Bande Nere assistette alla distruzione del suo gemello, ma dovette continuare la fuga senza poter far nulla per salvarlo. Alle 8.30 un idrovolante italiano comparve sul luogo del combattimento: il primo aereo nazionale ad essersi sino ad allora visto. Alle 8.50 un proietto britannico trapass� il castello di prua del Bande Nere ed esplose nei compartimenti inferiori causando 4 morti e dodici feriti. Poco dopo una caldaia si surriscald� e dovette essere isolata, facendo scendere la velocit� a 29 nodi. Le navi inglesi cominciarono allora ad avvicinarsi: alle 9.15, con notevoli sforzi, la velocit� fu riportata a 32 nodi. Il Sidney nel frattempo era stato inquadrato da sempre pi� salve del Bande Nere ed aveva quasi esaurito le munizioni delle torri di prua. Alle 9.26 la formazione inglese cess� il fuoco e accost� a dritta: la battaglia di Capo Spada si era conclusa.

I cacciatorpediniere Hyperion, Ilex e Havock ritornarono indietro e recuperarono 525 naufraghi del Colleoni, fra cui il comandante, Capitano di Vascello Umberto Novaro, gravemente ferito, che mor� ad Alessandria quattro giorni dopo: gli venne assegnata la medaglia d�oro per il valore dimostrato nel combattimento, in rappresentanza di tutto l�equipaggio. Alle 11.30 sei trimotori S-79 attaccarono le navi inglesi, che sospesero subito le operazioni di recupero lasciando parecchi marinai italiani in mare. Alle 13.30 sei bombardieri S-81 assalirono la formazione: una bomba trapass� lo scafo dell�Havock rendendone inagibile una caldaia. Altre incursioni � alle 17.00 ed alle 18.30 � non ebbero conseguenze. Il Bande Nere si era diretto nel frattempo verso Bengasi, dove arriv� la sera del 20 luglio.

Dopo questa sconfitta la Marina italiana non cerc� in Casardi un capro espiatorio: egli s� avrebbe dovuto portare le navi affidategli a Lero senza esporle a rischi, ma se le ricerche aeree fossero state effettuate con accuratezza, certamente non avrebbe attaccato i cacciatorpediniere britannici � la cui inferiorit� rispetto agli incrociatori italiani era comunemente accettata � per non esporsi ai micidiali proietti del Sydney. Responsabilit� anche del Comando Aereo, e di Supermarina, che commise certamente l�errore di schierare a Rodi quei due fragili incrociatori, ritenendo la rapidit� un vantaggio per le unit� basate nel Dodecaneso: in un mare chiuso e disseminato di isole come l�Egeo, in cui manovrare � difficoltoso, una robusta corazzatura � come quella degli incrociatori leggeri di classe Garibaldi � si sarebbe dimostrata ben pi� utile dell�alta velocit�.

Se da un lato la perdita del Colleoni non ebbe grandi effetti sull�economia della flotta, dall�altro fece nascere seri dubbi sull�efficienza della flotta nazionale: dopo la battaglia di Punta Stilo � dieci giorni prima � e lo scontro di Capo Spada la Marina italiana non era riuscita ad infliggere alcun danno alla Royal Navy, contrariamente alle aspettative. Del resto, gi� prima del conflitto molti gerarchi non riponevano alcuna fiducia nella tanto decantata superiorit� navale dell�Italia � praticamente virtuale � che si tramut� in autentica inferiorit� meno di quattro mesi dopo, col disastro di Taranto.

testo  di Tansini Davide
Bibliografia
La Sierra, Luis de: La guerra navale nel Mediterraneo 1939-43, Mursia;
Infante, Nino - Nava, Massimo: Le belle navi che non tornarono, Libritalia;
Arrigo Petacco Arrigo: Le battaglie navali del Mediterraneo nella seconda guerra mondiale, Mondadori;
Rocca, Gianni: Fucilate gli ammiragli, Mondadori;
Rocca, Gianni: I disperati, Mondadori.


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