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IL NUOVO PREDOMINIO - LA NASCITA DEI RANCORI


222. 31) - IL PERIODO 1870-1880 IN EUROPA
* IN AUSTRIA


Una consiglio dei ministri a rapporto con l'Imperatore Francesco Giuseppe


Non diversamente dalla Francia e dalla Germania, stavano le cose in Austria-Ungheria. Anzi i problemi erano sorti già qualche anno prima del 1870.
Questo Impero singolare, abitato da tanti popoli così dissimili aveva avuto prima una certa unità a causa della prevalenza dell'elemento tedesco.


la popolazione linguistica nell'impero Austro-Ungarico
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Poi dopo la grave sconfitta del 1866 tutto l'organismo statale dovette essere riordinato. L'influsso dei Tedeschi era diminuito per la soppressione della loro unione con l'Impero. Mentre nel frattempo la coscienza dei Magiari era invece cresciuta; e l'Ungheria non poteva più esser trattata dall'Austria come una povera provincia soggetta.
L'Imperatore Francesco Giuseppe decise pertanto di acconsentire a una completa bipartizione della monarchia, la quale fu compiuta nel così detto «compromesso», del 1867; ovvero la legge fondamentale dello Stato asburgico. Primo passo verso quella successina dizione di "Impero Austro-Ungarico".

Così, alle due parti dell'Impero, la cisleitania (a cui appartenevano anche Galizia e Dalmazia) e alla transleitania, rimase in comune la persona del monarca, la politica estera, l'esercito e la marina, come pure le entrate necessarie a provvedere alle spese di queste istituzioni.
(la transleitania situata a Est del fiume Leitha (a differenza della cisleitania) comprendeva l'Ungheria, la Transilvania e la Croazia-Slavonia).

Le entrate dovevano esser distribuite fra i due paesi secondo la approssimativa capacità economica di ciascuno; subito fu fissata per dieci anni una «quota» del 70% per la Cisleitania, e del 30% per la Transleitania. Commissioni di ambedue i Parlamenti, le così dette Delegazioni, dovevano riunirsi annualmente a deliberare sulle faccende comuni e alternatativamente sul suolo di una delle due parti dell'Impero.

Inoltre furono trattate una quantità di questioni non certo comuni, ma regolabili conformemente; a queste appartenevano la moneta, le dogane, le questioni economiche, l'amministrazione interna dell'esercito e della marina. In tutti gli altri affari entrambi i paesi dovevano essere del tutto indipendenti.

Per la Transleitania fu ristabilita con poche modifiche la costituzione del 1848, che a quel tempo era stata abrogata. Al Parlamento erano riservati diritti molto ampi; nella Camera alta dominava esclusivamente la nobiltà magiara e nella Camera dei Deputati indirettamente l'alto censo, che escludeva però la maggior parte della popolazione croata, serba e romena dai diritti politici.
Solo la Croazia conservava una certa autonomia. Nel resto del paese i Magiari, che formavano appena la metà della popolazione transleitanica, potevano proseguire indisturbati il loro dispostismo, ed essi con il loro talento organizzatore e con una certa brutalità magiareggiarono quasi del tutto nella pratica questa metà del Regno, quantunque sotto l'aspetto culturale di poco superassero la razza slava e fossero come numero inferiori ai numerosi Tedeschi, abitanti nel paese.

Molto più confusa era la situazione nella Cisleitania; dove fu creato con l'integrazione della costituzione del 1861 un parlamento comune, il consiglio dell'Impero; accanto alla Camera dei Signori c'era anche qui una Camera dei deputati, la quale doveva poi risultare non da elezioni dirette del popolo, ma formarsi da delegazioni delle diete di tutte le singole regioni dell'Impero.
Le diete locali, a loro volta, erano elette secondo un procedimento complicatissimo. I grandi possidenti e le camere di commercio eleggevano una parte dei deputati, mentre l'altra parte, le città e i comuni rurali separatamente, con elezioni indirette.
La competenza del consiglio dell'Impero si restringeva al bilancio, agli affari economici e militari della metà dell'Impero, a questioni di traffico, al diritto di cittadinanza, alla stampa, all'organismo della sanità, al diritto di associazione e di riunione, all'organizzazione giudiziaria e amministrativa, a problemi confessionali e scuole.

Cosicchè dentro il più vasto stato federale Austria-Ungheria, esistevano due minori Stati confederati, i cui singoli membri avevano, è vero, tutti e due lo stesso Sovrano, ma però parlamenti speciali con quasi la medesima sfera d'azione, come i singoli Stati tedeschi.
Il tacito presupposto della intera azione costituzionale era che la dominazione dei Tedeschi si conservasse almeno nella Cisleitania. Gli Slavi superavano per numero indubbiamente i Tedeschi, ma si spezzavano in una serie di stirpi rigidamente separate, e in parte perfino nemiche fra loro, cosicché relativamente i Tedeschi costituivano la parte più forte della popolazione.

La loro superiorità civile non era dubbia, e il sistema elettorale per le diete regionali e per il Consiglio dell'Impero assicurava loro nelle assemblee parlamentari una maggioranza. Essi desideravano però di attuare l'accentramento del territorio cisleitanico e garantire la loro prevalenza mediante l'introduzione del tedesco come lingua di Stato per il parlamento, l'amministrazione, l'insegnamento e la giurisdizione.
Questo desiderio era praticamente giustificato anche perchè gli altri popoli non si comprendevano fra loro e perchè allora la lingua tedesca, abituale per tutti, era tuttavia veramente l'unico mezzo per intendersi.

L'ostacolo principale a questo disegno dei Tedeschi consisteva nella loro disunione; il grande possesso fondiario seguiva sempre e dappertutto idee feudali-clericali e tendeva a dare il più forte rilievo possibile all'autonomia delle singole regioni della Corona.
La borghesia invece aveva tendenze liberali e desiderava l'emancipazione dello Stato dall'influenza clericale, che appunto in Austria era piuttosto fortissima, come pure l'adattamento delle singole regioni nello Stato.

L'Imperatore Francesco Giuseppe lasciò all'inizio mano libera ai liberali; ma dopo aver concesso le ampie concessioni all'Ungheria, volle almeno conservare l'unità della Cisleitania.
Il ministero Auersperg (dal 1868) cominciò però la lotta contro il clericalismo: denunziò il concordato vigente, assicurò a tutti i cittadini, senza riguardo alla confessione, uguali diritti civili, dichiarò l'insegnamento un affare dello Stato e introdusse il matrimonio civile facoltativo; inoltre il principe Auersperg cercò in qualche modo di ordinare le finanze interamente rovinate e di migliorare la forza difensiva dell'Austria con l'introduzione dell'obbligo del servizio militare generale per tre anni secondo il modello prussiano.

Ma contro il predominio dei Tedeschi si mossero subito i Cechi e i Polacchi; i primi chiesero per il Regno di Venceslao una posizione indipendente, simile a quella ottenuta dall'Ungheria; i Polacchi galiziani domandarono invece di avere almeno una efficace autonomia delle singole diete.
Rigettati dal ministero, ricorsero all'espediente di non frequentare il Consiglio dell'Impero contestandogli al tempo steso il diritto di prendere deliberazioni valide durante la loro assenza. L'intera efficacia del Parlamento fu così ostacolata, e a quel punto i ministri di Francesco Giuseppe chiesero all'Imperatore lo scioglimento delle singole diete e la riforma del diritto elettorale.

Ma l'Imperatore era stato da molto tempo messo sull'avviso da parte dei clericali sui suoi "irreligiosi ministri"; essi - dicevano - "seppellivano insieme con l'autorità della Chiesa anche quella dello Stato e suscitavano fra le popolazioni non tedesche odio contro la dinastia e lo Stato". Sotto l'influsso di queste voci, l'imperatore rifiutò di acconsentire al desiderio dei suoi ministri; i quali per questo rifiuto si dimisero (1870).

Dopo due ministeri di ripiego di breve durata salì al potere all'inizio del 1871 il ministero clericale Hohenwart; già con l'assunzione di due Cechi nel gabinetto manifestò il suo proposito di romperla con il predominio dei Tedeschi.
Ai Cechi fu concessa un'ampia autonomia per i paesi della corona di Vanceslao nei così detti 18 articoli (7 ottobre 1871).
Se fossero stati eseguiti, si sarebbe dovuto acconsentire qualcosa di simile anche ai Polacchi galiziani, e la Cisleitania si sarebbe spezzata in tre gruppi statali quasi indipendenti.

La conoscenza di questi accomodamenti scatenò una vera tempesta d'indignazione fra i Tedeschi. Ma Francesco Giuseppe sostenne i suoi nuovi ministri; il Consiglio dell'Impero e le singole diete furono sciolte e nelle nuove elezioni i Tedeschi si videro ridotti in minoranza. La loro assenza dalle deliberazioni difficilmente sarebbe bastata a mutare la situazione, se non si fosse all'ultima ora posto in mezzo il ministro degli esteri austro-ungarico, conte Beust.
Egli temeva che una politica estera uniforme sarebbe stata molto difficoltosa e avrebbe creato complicazione costituzionali; e perciò non protestò solo contro i propositi dell'Hohenwart, ma spinse anche il presidente del ministero ungherese, conte Andrassy, a dichiarare che il Compromesso del 1867 presupponeva una Cisleitania unita; se questa situazione si mutava, sarebbe stata messa in discussione la validità dell'intero Compromesso.

L'Imperatore vide così sorgere impensate difficoltà e vietò ai ministri di presentare al Consiglio dell'Impero gli accordi conclusi con i Cechi. Quindi il ministero si dimise, ma anche il Beust fu sacrificato agli Slavi e ai clericali.
A capo del nuovo ministero salì il principe Adolfo Auersperg, ma al ministro degli esteri ritroviamo l'ungherese conte Andrassy.
Tutto questo procedimento attestò non solo la violenza dei contrasti nazionali e dei partiti politici, ma anche la completa inettitudine dell'Imperatore, il quale ascoltava ora questi, ora quei consigli. La conseguenza più manifesta di questi tentennamenti fu un forte aumento dell'influenza ungherese su tutto l'Impero.

Il ministero Auersperg ottenne così il consenso dell'Imperatore, prima negato, alla riforma del sistema elettorale. Il 2 aprile 1873 si riuscì ad annunciare la nuova legge elettorale, per la quale il Consiglio dell'Impero austriaco fu da un organo delle singole diete trasformato in un vero parlamento.
La distribuzione degli elettori in quattro classi, come si usava per le diete, e le elezioni indirette per i Comuni (con elettori primari e delegati elettori) rimasero quali erano prima.
La spartizione dei deputati fra le singole regioni riuscì molto favorevole ai Tedeschi; nei primi anni dopo la riforma si contrapponevano nel Consiglio dell'Impero circa 220 voti tedeschi a 115 soltanto degli Slavi e solo 18 erano le altre nazionalità minori.
Ma questa prevalenza di voti non poteva essere pienamente sfruttata, poiché la disunione fra singoli gruppi tedeschi perdurava, quantunque la maggioranza di essi spettasse al grande partito dei costituzionali, il cui scopo era la conservazione dell'unità imperiale conforme ai capisaldi della costituzione del 1861.

La seconda notevole azione del ministero Auersperg fu la ripresa della lotta, interrotta nel 1870, contro il clericalismo. Le deliberazioni del concilio vaticano e lo scoppio della lotta per la civiltà in Germania vi contribuirono, ma anche la circostanza, che nei conflitti precedenti il clero cattolico era stato sempre dalla parte della fazione feudale e federalistica.
Nel parlamento il promotore delle nuove leggi, il ministro dei culti Stremayr, disse apertamente: "
Il Governo non può permettere che i servitori di Dio si trasformino in mandatari dell'opposizione costituzionale".
Le leggi stesse, quattro di numero, mantennero il placet sovrano di fronte a tutte le dichiarazioni papali e vescovili, e introdussero l'annunzio obbligatorio per tutti gli ecclesiastici da collocare.

Inoltre fu conferito allo Stato un ampio diritto di vigilanza sui chiostri e sui loro stabilimenti; i chiostri con il loro ricco patrimonio vennero anche interessati più di prima alla retribuzione dei ministri della religione; infine a tutte le società religiose, le cui dottrine non contrastassero con le leggi dello Stato e con la moralità, fu garantita piena libertà di culto. Queste leggi, come Papa Pio IX disse espressamente, derivarono dalle medesime cattive concezioni, donde provenivano le leggi prussiane per la lotta per la civiltà.
Ma fa impressione che la Chiesa cattolica si comportò dinanzi a quelle in un modo del tutto diverso. I vescovi si premunirono, conforme un ordine del Papa, con singole dichiarazioni contro il riconoscimento delle massime statali, anche se nella pratica si assoggettarono all'informazione obbligatoria e a tutte le altre esigenze dello Stato.

La causa di questo contegno sta certo, in parte, nella considerazione che l'Austria era una delle più importanti Potenze cattoliche, dei cui servizi la Curia poteva all'occasione (come nel recente passato) aver bisogno; ma oltre a ciò il Papa sapeva, per partecipazione dell'Imperatore medesimo, che Francesco Giuseppe, personalmente sempre più tendeva alle opinioni clericali e non alle liberali, e se concordava con i provvedimenti dei suoi ministri, lo faceva solo per riguardo alla momentanea condizione parlamentare e per evitare un conflitto con loro.

In ogni caso la politica dell'attesa si dimostrò come la più giusta per la Curia; dopo un paio di anni la corrente liberale era passata; e, con tutte le leggi ecclesiastiche, l'Austria rimase nei suoi caratteri fondamentali uno Stato cattolico, in cui il clero affermava la sua antica influenza.

Finalmente il Governo rivolse anche la propria attenzione al risollevamento economico del paese. La riforma del sistema delle imposte, l'acquisto delle ferrovie da parte dello Stato e il rimaneggiamento della tariffa doganale erano in prima linea.
Nella questione doganale anche qui i desideri degli industriali per una maggiore protezione dei prodotti locali contrastavano con le convinzioni teoriche del proprio partito liberale (del libero scambio), e solo un po' alla volta questi scrupoli di principio furono superati guardando soltanto alla propria la situazione economica di fatto; nel 1877 la maggioranza della Camera era ormai convertita alla protezione doganale.

Ma sempre più complicate divennero le relazioni dell'Austria con l'Ungheria, dove c'era un partito, il quale aspirava a un completo distacco dell'Ungheria dallo Stato austro-ungarico e contemporaneamente all'attuazione di un regime rigidamente parlamentare: il suo campione era il Presidente del ministero, Tisza.
Questo partito governava, quando si doveva riconoscere il Compromesso nel 1877, e credette di approfittare di queste trattative per conseguire un miglioramento economico nella condizione dell'Ungheria. Il Tisza disdisse la lega doganale e commerciale con la Cisleitania e fece dipenderne il rinnovamento dall'assenso alle altre pretese ungariche; per ciò il Compromesso non poté esser rinnovato a tempo e giunse infatti in porto solo nel 1878.
Furono fatte concessioni agli Ungheresi nell'amministrazione della Banca comune e nella formazione della tariffa doganale; la quota rimase la stessa del 1867, e la lega doganale e commerciale fu rinnovata per un decennio.

Già durante queste trattative la concordia tra i vari gruppi del partito costituzionale era stata talvolta esposta a grave pericolo e così era stata posta in dubbio la continuazione del Governo liberale. Siccome fra le opinioni personali dell'Imperatore e i desideri della maggioranza nelle questioni ecclesiastiche e militari c'era da moltissimo tempo un acuto dissenso, la posizione del ministero divenne insostenibile quando venne a cessare il sicuro appoggio parlamentare.

Ma la completa dissoluzione della maggioranza e quindi una nuova trasformazione nelle sorti dell'Austria si ebbe soltanto durante il corso della guerra russo-turca e la questione bosniaca.
Ma parleremo di questi eventi nei successivi capitoli.

Dobbiamo ora scendere a sud, in Italia.

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223. 32) - IL PERIODO 1870-1880 IN EUROPA
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