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ZENONE - MELISSO - ANASSAGORA
testi di Diego Fusaro

ZENONE

Sempre nel contesto eleatico visse anche Zenone, che nacque intorno al quinto secolo a.c. e che fu probabilmente ucciso per aver partecipato ad una congiura contro un tiranno che si era impadronito del governo della sua città . Egli , a differenza del maestro Parmenide , compose il suo scritto in prosa. In realtà non apportò grandi innovazioni , ma si limitò a difendere strenuamente le tesi del maestro a riguardo dell'essere : è uno , indivisibile , immutabile , eterno ...
Il suo intento era principalmente quello di difendere le dottrine del maestro Parmenide dagli attacchi ai quali gli avversari le avevano sottoposte . Per questo aspetto Aristotele chiamerà Zenone inventore della dialettica, intesa come tecnica della discussione a partire dalle premesse ammesse dall'avversario .

Per demolire gli attacchi mossi a Parmenide , Zenone ricorre in primo luogo , sulla scia del maestro , alla tecnica della dimostrazione per assurdo , di cuiviene ritenuto il padre ( più ancora di Parmenide ) . Zenone immagina di avere di fronte a sè un interlocutore fittizio che nega le sue tesi . Per argomentare parte dalle posizioni dell'avversario effettuando questo ragionamento : " Se tu avessi ragione , vediamo un pò quali sarebbero le conseguenze ; dato che conseguirebbero delle assurdità , significa che avevo ragione io " . Alla dimostrazione per assurdo Zenone affianca un altro importante strumento argomentativo : il regresso all'infinito , da lui applicato in relazione alla divisibilità delle grandezze ( spazio e tempo ) . Utilizzando questi due strumenti egli costruisce una serie di argomenti contro la molteplicità e contro il movimento . Essi saranno successivamente chiamati paradossi , letteralmente " proposizioni contrarie all'opinione " comune , dato che conducono a conclusioni che contrastano con quanto si pensa comunemente : Parmenide stesso era del parere che ciò che comprendiamo con la ragione va seguito anche se in contrasto con i nostri sensi .

Le due argomentazioni principali elaborate da Zenone sono quella della dicotomia e quella dell' Achille e della tartaruga . Partiamo dall'argomentazione della dicotomia ( dal greco "
temno " , tagliare a metà ) , con la quale Zenone dimostra che il movimento non esiste . E' la classica dimostrazione per assurdo : ammettiamo che il movimento esista ; sarà quindi possibile da un punto qualsiasi ( A ) arrivare ad un altro punto ( B ) . Tra A e B c'è però un punto medio C . A sua volta tra A e C c'è un punto medio D . Ma tra A e D c'è un punto medio E , e così tra A e E c'è un punto medio F , e così via . Per arrivare a B bisognerebbe percorrere un'infinità di punti intermedi ed è quindi impossibile arrivarvi : per quanto le distanze tra un punto e l'altro si accorcino sempre di più , avranno comunque sempre una loro dimensione . Il numero di " segmenti " da percorrere per arrivare da A a B è infinito e un numero di segmenti infinito non è percorribile in un tempo finito e quindi non si potrà mai arrivare a B : ne consegue che la supposizione iniziale dell'esistenza del movimento era errata : il movimento non esiste . Esaminiamo ora la dimostrazione detta di " Achille e la tartaruga " .

Zenone immagina un'ipotetica situazione in cui Achille ( A ) " il piè veloce " , il più veloce dei mortali , ed una tartaruga ( T ) , uno degli animali più lenti , debbano raggiungere un traguardo ( F ) . Immaginiamo che Achille dia un vantaggio alla tartaruga : essa parte quindi da più avanti rispetto ad Achille . Nel tempo in cui A si muove per raggiungere T , T ha già raggiunto T1 . Nel tempo in cui A si muove per raggiungere T1 , la tartaruga si muove da T1 a T2 . Nel tempo in cui A si muove per raggiungere T2 , la tartaruga ha raggiunto T3 e così via all'infinito . Il presupposto di questo regresso all'infinito è che la grandezza ( in questo caso lo spazio da percorrere ) sia divisibile all'infinito .
Anche Zenone , come già Parmenide , non parte dalla constatazione empirica che un uomo correndo raggiunga e superi la tartaruga , ma sottopone ad analisi il concetto di movimento ( ricordiamoci sempre quel che diceva Parmenide : ciò che comprendiamo con la ragione va seguito anche se in contrasto con i nostri sensi ) . Se si ammette che che lo spazio sia divisibile all'infinito , Achille correndo non riuscirà a raggiungere la tartaruga in un tempo finito .

La conclusione ottenuta mediante questo ragionamento che conduce all'assurdo la nozione del movimento , è che l'essere è immobile , come appunto aveva sostenuto Parmenide . Interessante è poi la difesa dell'unitarietà dell'essere ( sostenuta dal maestro Parmenide ) da parte di Zenone . Egli dice : " Se gli enti sono molti , è necessario che siano tanti quanti sono e non di più nè di meno . Ma se sono tanti quanti sono saranno limitati . Se gli enti sono molti sono infiniti : sempre infatti in mezzo agli enti ve ne sono altri e in mezzo a questi di nuovo degli altri . Ed in tal modo gli enti sono infiniti " . Va subito notata l'estrema "secchezza " del linguaggio zenoniano : non vi è una parola di troppo : a differenza del maestro Parmenide , che ci teneva molto alla raffinatezza del suo poema , Zenone si serve di uno stile essenziale , senza divagazioni , nel quale le proposizioni si susseguono senza amplificazioni .

Zenone vuole dirci che se gli enti sono molti , sono di numero finito , perchè sono quanti sono e non di più . Ma se gli enti sono molti sono infiniti , infatti se gli enti ad esempio sono due ci deve essere un qualcosa che li separa e quindi sono già tre ; ma anche quest'ultimo ente che separa i primi due dovrà essere separato dagli altri da un qualcosa e così via all'infinito .Dunque dire che gli enti sono molti porta a dire che sono sia finiti sia infiniti : ma una stessa cosa non può essere finita ed infinita al tempo stesso ; l'errore era proprio nella premessa " gli enti sono molti " : ne consegue che l'essere è uno solo .

A parlarci di Zenone ( oltre ad Aristotele ) è anche Platone , che immagina nel " Parmenide " un incontro tra Socrate giovane con Parmenide (ormai vecchio) e Zenone maturo : anche qui Zenone non fa altro che difendere strenuamente il maestro con una sfilza di argomentazioni per assurdo . Il dialogo stesso inizia con una presentazione da parte di Zenone della sua argomentazione contro la molteplicità , che abbiamo appena analizzato . Socrate si accorge subito che Zenone sta difendendo il maestro e che le sue tesi sono esattamente uguali a quelle di Parmenide ( sebbene Zenone con qualche modifica cerchi di far credere che stia dicendo qualcosa di nuovo ) . Fa semplicemente notare come l'introduzione del molteplice non faccia altro che complicare le cose .

MELISSO

Melisso (che visse dopo la metà del quinto secolo a.c.) viene generalmente collocato nell'ambito dei filosofi eleatici (insieme a Parmenide e a Zenone ) sebbene fosse originario di Samo , nella Ionia minore . Il giudizio di Aristotele nei suoi confronti è molto duro : infatti non lo apprezzava a causa della sua rozzezza e grossolanità . Nonostante i giudizi di Aristotele , Melisso risulta essere molto importante per la storia della filosofia . Fu allievo di Parmenide , come Zenone , ma non si limitò a difendere le tesi del maestro (come aveva fatto Zenone ) , ma apportò alcune modifiche ed innovazioni , in particolar modo l'attribuzione dell'eternità e dell'infinità all'essere .

Con Melisso ci troviamo di fronte ad una contaminazione tra gli eleati e gli ionici : il risultato di questa mescolanza è che Melisso dà interpretazioni prettamente fisiche ai concetti astratti di Parmenide . In altre parole , egli traduce in termini fisici ciò che per Parmenide era solo in termini logici . La sua opera si intitolava "
Perì fuseos" o "Sull'essere" e a differenza di quella del maestro Parmenide era in prosa . Qui egli afferma che essere e non essere sono rispettivamente pieno e vuoto . Per un certo verso riprende le argomentazioni ioniche dei Milesi : l'essere era e sempre sarà (a differenza di ciò che diceva Parmenide) : tra i vari aspetti in comune con gli Eleatici troviamo proprio il costante dimostrare per assurdo . Egli dimostra che l'essere è sempre esistito e sempre esisterà per assurdo : ammettiamo che l'essere sia nato. Una cosa che nasce deve per forza nascere da un'altra realtà , da qualcosa di diverso : se nascesse da sè allora significherebbe che esisteva già ! Quindi è nato da qualcosa di diverso : in altre parole deve essere generato da qualcosa che non è essere ; ciò che non è essere è il non essere , ma il non essere non esiste (l'aveva dimostrato Parmenide) .

Sempre nella sua opera , Melisso conferma tesi parmenidee e zenoniane : il movimento non c'è . Si serve di una dimostrazione paradossale : abbiamo detto che l'essere è il pieno e il non essere è il vuoto : tutti sappiamo che perchè avvenga un movimento ci deve essere un qualcosa che si sposta nel vuoto ; pensiamo ad una fetta di pane che viene tagliata con un coltello : il coltello si sposta nel vuoto . Ma il vuoto è il non essere e il non essere non esiste !!! Quindi si arriva alla conclusione che il movimento non esiste . Melisso si cimenta anche a dimostrare contro la molteplicità : se l'essere fosse molteplice , il molteplice dovrebbe per forza avere alcune caratteristiche dell'essere quali l'immutabilità , l'eternità ... Ma siccome non le ha , l'essere non è molteplice , ma è uno solo . I successori si servirono delle tesi di Melisso capovolte : in effetti se ci pensiamo attentamente il movimento esiste sennò come mi sarebbe possibile spostare le cose ? Dunque se voglio giustificare l'esistenza del movimento devo ammettere il vuoto (siamo tutti d'accordo che il movimento possa essere solo nel vuoto) : il vuoto è il non essere e di conseguenza il non essere esiste . Stessa cosa per la molteplicità dell'essere : la molteplicità la vediamo di continuo e quindi deve esistere e di conseguenza tutti questi enti molteplici devono per forza avere caratteristiche dell'essere . Melisso dimostra poi l'infinità dell'essere : si riprende la dimostrazione precedente : se l'essere è sempre stato e sempre sarà è quindi infinito e di conseguenza deve anche essere uno : se infatti l'essere , per esempio , fosse non uno ma due , i due non potrebbero essere infiniti , ma l'uno avrebbe limite nell'altro .
E' la classica dimostrazione per assurdo ; qui Melisso riesce a dimostrare a modo suo l'unicità dell'essere.

ANASSAGORA

Anassagora si colloca nel contesto dei pluralisti , coloro cioè che pur conservando alcuni presupposti degli Eleatici (quale l'immutabilità dell’essere ) , si allontanano dalla concezione tipicamente eleatica dell'immobilità dell'essere: immutabile non è l’essere nel suo insieme, ma i princìpi ultimi che lo costituiscono, i quali sono – secondo Anassagora, e pure secondo Democrito - un’infinita pluralità (da qui il nome "pluralisti"). La filosofia pluralista parte proprio dalla confutazione , o meglio , dal ribaltamento delle tesi di un Eleatico , Melisso : egli aveva detto che se l'essere fosse molteplice , il molteplice dovrebbe avere alcune caratteristiche dell'essere , quali l'eternità , l'immobilità , ed altre : ma dato che non le ha , l'essere non è molteplice . I pluralisti ribaltano completamente le tesi di Melisso e dicono : dato che il molteplice c'è (e lo vediamo tutti) , bisogna ammettere per forza che questi esseri molteplici abbiano caratteristiche dell'essere .

Per i pluralisti vi è dunque una molteplicità di elementi in movimento , ciascuno dei quali è immutabile : si rendono infatti conto che è contraddittorio parlare di nascita e di morte (da dove si nasce? Dove si finisce una volta morti? Nel non essere! Il che è assurdo) e perciò chiamano morte e nascita i processi di aggregazione e disgregazione . Sono proprio i concetti di aggregazione e disgregazione che implicano la pluralità ed il movimento degli elementi : per aggregarsi e disgregarsi, infatti, devono essere diversi ed in movimento . Anassagora nacque a Clazomene , nella Ionia , e sappiamo che nel 462 a.c. abbandonò la sua città per stabilirsi in Atene . Qui visse per circa 30 anni , stringendo amicizia con il famoso Pericle . Ma nel 438 un indovino di nome Diopite fa approvare un decreto in base al quale sono perseguibili dalla legge tutti coloro che insegnano e divulgano cose empie a riguardo dei fenomeni celesti : Anassagora viene processato per aver sostenuto che il sole è una pietra incandescente e la luna un corpo terroso . Possiamo cogliere in questo processo non tanto un processo contro ciò che effettivamente affermava Anassagora , quanto piuttosto una condanna a carattere politico - sociale rivolta a tutti i conoscenti di Pericle .

Tuttavia le dottrine fisiche di Anassagora erano un esplicito attacco a credenze e pratiche religiose . Se infatti si accettavano le sue tesi , i fenomeni celesti non potevano più essere considerati segni inviati dalle divinità agli uomini . Va poi detto che il libro in cui Anassagora esponeva le sue dottrine fisiche ("Perì fuseos", Peri fusewV) si era sparso a macchia d'olio per via del suo basso costo nella città di Atene , che si stava progressivamente alfabetizzando . Così Anassagora fu sottoposto ad un processo e dovette abbandonare Atene per rifugiarsi a Lampsaco , nella Ionia , dove morì nel 428 a.c.

Anassagora , come molti altri filosofi , affronta il problema di come si sia costituito il mondo nel quale viviamo . Egli ravvisa la matrice originaria del mondo in una totalità indistinta di tutti i materiali da cui risultano costituite le cose . Questi materiali sono da lui chiamati SEMI ed egli afferma , seguendo la scia degli Eleati , che non nascono nè periscono , ma permangono costanti: al di là del mutamento degli enti fenomenici, questi semi restano come sono, eterni. Egli riprende il concetto di mescolanza introdotto da Parmenide e sfruttato contemporaneamente da Empedocle : dice che ogni cosa è una mescolanza di questi semi , che però non sono visibili ad occhio nudo : prendiamo ad esempio un libro blu : noi lo vediamo blu perchè i semi di colore blu sono in netta prevalenza su quelli degli altri colori , che tuttavia sono tutti presenti .

Probabilmente Anassagora era arrivato a trarre queste conclusioni a riguardo dei semi partendo dall'osservazione del processo di crescita degli esseri viventi mediante la nutrizione . Egli si deve essere posto questa domanda : "Come è possibile che il pane che noi mangiamo diventi sangue , muscoli , ossa...? " . La risposta che egli dà a questa domanda è che "tutto sta in tutto" : nel pane ci sono semi di tutte le cose , di sangue , di ossa , di carne , di muscoli... Quindi quando mangiamo il pane i semi di muscoli vanno ad alimentare i muscoli , quelli di ossa vanno ad alimentare le ossa , e così via . Ma come mai noi vediamo solo il pane e non tutti gli altri semi ? Così come nel caso del quaderno noi vediamo il verde perchè c'è una prevalenza di semi verdi , così nel caso del pane noi vediamo il pane perchè i semi di pane sono in maggioranza . Partendo dal visibile (il pane), arriviamo a capire l’esistenza dell’invisibile (i semi): ecco spiegato il celebre motto anassagoreo, "
oyiV adelwn ta fainomena" (le cose che appaiono sono uno sguardo su quelle che non appaiono"), con il quale è messa in luce la possibilità di un’inferenza dal visibile all’invisibile. Va specificato che nel mondo in cui viviamo non esistono propriamente parlando semi , ossia particelle allo stato puro dal momento che in ogni cosa continuano a sussistere particelle di tutte le altre cose : noi vedremo il verde non perchè una sostanza sia effettivamente verde , ma perchè il verde prevale su tutti gli altri semi , che tuttavia sono presenti , anche se noi non riusciamo a vederli .

In questo senso Anassagora ammette la divisibilità all'infinito , senza che sia mai possibile raggiungere un minimo . Aristotele riprenderà questi concetti e chiamerà i semi di Anassagora col nome di "omeomerie" , vale a dire entità le cui parti sono simili al tutto . Tale è per esempio il caso della carne : se prendiamo una qualsiasi parte di carne sempre carne è , ma se prendiamo una faccia e la dividiamo non avremo tanta facce , ma parti differenti dalla faccia iniziale . Ma propriamente per Anassagora il rapporto di mescolanza tra i semi è diverso secondo i casi e nel mondo che ci circonda non c'è nessuna entità omogenea , ossia tale che tutte le sue parti siano simili al tutto di cui fanno parte . Anassagora è convinto che dalla totalità indistinta di tutti i semi non si è formato soltanto il nostro mondo : per lui si sarebbero formati anche altri mondi , anch'essi abitati da uomini e da esseri viventi . Quindi per Anassagora il nostro mondo non è il centro del tutto così come coloro che lo abitano . Resta però da spiegare come avvenne la transizione dalla totalità originaria alla pluralità dei mondi nelle loro differenziazioni .

Chiaramente questa transizione richiede un movimento , ma da che cosa dipende tale movimento ? Qui subentra quella che già a Platone e ad Aristotele era sembrata la maggiore innovazione di Anassagora , anche se ai loro occhi non sufficientemente sfruttata . Anassagora infatti introduce un intelletto cosmico , il " NOUS " (NouV) , come agente dell'impulso originario di questo movimento . Aristotele ci parla di questo "nous" nella "Fisica" : ciò che più emerge è il fatto che questo intelletto cosmico è un potere assoluto , separato da tutto (autokratwr) e per questo non impacciato o condizionato da nulla e quindi capace di sottoporre tutto al suo dominio . E' proprio questo potere che consente al " nous " di dare origine alla formazione e alla progressiva differenziazione delle cose , pur nella persistenza in tutte dei semi di ogni tipo . L'intelletto cosmico ha quindi un'intelligenza totalmente differente rispetto a quella umana : il nous ha un potere incomparabile e questo è per Anassagora dovuto al fatto che esso sia l'unica realtà data non da una mescolanza di semi . Se fosse mescolato con qualcosa sarebbe infatti impedito nella sua azione e non potrebbe pertanto imprimere il movimento iniziale alla massa originaria . Ciò non comporta che per Anassagora il nous sia una sostanza spirituale nè che esso si identifichi con la divinità . Pur chiamando questo motore originario "intelletto" , Anassagora non gli attribuì la funzione di progettare secondo un fine e precisamente in vista del meglio .

La principale differenza rispetto ad Empedocle è che non ci sono le due forze che aggregano e disgregano ; va poi detto che non è una visione ciclica e pendolare (come era quella di Empedocle ) , ma è unidirezionale : non si tornerà più alla situazione di partenza . Dunque per Anassagora si parte da questa totale mescolanza dei semi (lui la chiama "MIGMA" - migma - , dal verbo "mignumi" , mescolo = mescolanza totale) ; poi interviene il nous che smuove il tutto . Da notare che la forza del nous non può essere nè totalmente aggregatrice nè totalmente disgregatrice .
Abbiamo detto che Platone e soprattutto Aristotele lo accusavano di usare poco la causa finale che aveva abilmente introdotto (il nous) : molto probabilmente però Aristotele (Metafisica) e Platone (Fedone) hanno preso una cantonata perchè hanno tradotto la parola " nous " con " intelletto " ; ma il Greco di Anassagora era differente rispetto al loro : ai suoi tempi infatti la parola " nous " veniva spesso usata con il significato di " anima " , " vita" .
Probabilmente Anassagora non voleva parlare di un'intelligenza divina e di una causa finale , ma voleva semplicemente dire che dove c'è movimento c'è vita . Tuttavia se l'intelligenza umana è inferiore rispetto a quella del nous , essa è superiore (come già aveva detto Alcmeone ) a quella degli animali . Essa richiede l'impiego della procedura che inferisce ciò che non è visibile a partire da ciò che lo è . Questa procedura sorregge buona parte della stessa costruzione teorica di Anassagora , come si è visto . Il sapere umano per lui è acquisito gradualmente e non è un possesso istantaneo . Anassagora traccia una sequenza cronologica delle acquisizioni : 1)ESPERIENZA 2) SOPHIA (sofia, sapienza) 3) TECHNE (tecnh, tecnica) . La sensazione avviene per contrari , in quanto il caldo può essere avvertito mediante il freddo e viceversa : se mettiamo una mano in un secchio pieno di acqua fredda e ne aggiungiamo di calda , la sentiamo benissimo quella calda . Se però ne aggiungiamo di fredda non percepiamo quella fredda aggiunta . Dalla sensazione e dall'osservazione ripetuta si passa alla conservazione di questa nella memoria . Su questa base diventa possibile il costruirsi di un sapere .

E' interessante che come ultimo momento Anassagora indichi la tecnica : è essa che propriamente permette agli uomini di servirsi degli stessi animali e quindi di collocarsi al di sopra di essi. La superiorità dell’uomo sugli altri animali riposa sul fatto che solo l’uomo sa costruire oggetti a lui utili, ossia sa sfruttare al meglio il proprio sapere. Del resto, Anassagora vive in quell’Atene del V secolo, brulicante di cantieri e di lavori splendidi. In questo contesto si comprende forse meglio il significato della celebre tesi secondo la quale l'uomo è più intelligente degli altri animali perchè ha la mano che gli consente di stabilire un diverso rapporto con la realtà . Il possesso della mano si collega strettamente all'esercizio di attività tecniche , che appaiono indice decisivo di umanità . Aristotele invece avanzerà un'ipotesi antitetica rispetto a quella di Anassagora : dal momento che l'uomo è il più intelligente degli animali la natura gli ha dato la mano . Tra l'altro l'affermazione di Anassagora ci consente di capire quanto poco il finalismo rientri nelle sue teorie e di conseguenza se ne evince che la traduzione di Aristotele di nous con intelligenza è erronea . Sempre Aristotele (Metafisica, libro I) ribalta la tesi anassagorea della superiorità della tecnh sulla sofia, arrivando a mettere al vertice del sapere il "sapere per il sapere", ossia il sapere disinteressato, privo di risvolti pratici.

Pagina di Diego Fusaro
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