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CRONOLOGIA

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GRECIA - STORIA

LA NASCITA DELLE MONARCHIE ELLENISTICHE
(310-304 a.C.)

FIAMME IN BABILONIA (310- agosto 308) - IL NUOVO CONFINE - TOLEMEO RIPRENDE LE OSTILITA' (anno 310) - LA FINE DEGLI ULTIMI ARGEADI - TOLEMEO IN PELOPONNESO (310-309) - DEMETRIO LIBERA ATENE giugno 307 - TRIONFO A CIPRO (inverno 307-estate 306). - SCACCO IN EGITTO (novembre 306-primi mesi 305) - IL REGNO DI ANTIGONO - LISIMACHIA E SELEUCIA - SELEUCO IN BATTRIANA E IN INDIA (306-304) - CONCLUSIONE
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( Testi di ALESSANDRO CONTI - Scritti e concessi gratuitamente a Cronologia)


FIAMME IN BABILONIA (310- agosto 308)

La pace del 311 era stata sicuramente una grande vittoria diplomatica per Antigono, che aveva visto legittimare il proprio dominio su tutta l'Asia; Seleuco, il suo principale opponente non solo non aveva visto riconosciute le sue pretese sulla satrapia di Babilonia, ma non era stato nemmeno menzionato nell'accordo, e venne di fatto abbandonato dagli altri coalizzati. Eppure l'erosione della potenza antigonide in Asia procedeva in modo inesorabile:Seleuco aveva battuto già due volte le forze mandate dal Monoftalmo, aveva conquistato la Media, dove lo sfortunato Nicanore aveva incontrato una nuova sconfitta e la morte sul campo di battaglia, la Susiana, la Persia, l'Aria e la Partia. Il nerbo dell'esercito seleucide era costituito dai soldati che l'avevano accompagnato durante il ritorno, da quelli che erano passati subito dalla sua parte quando era ritornato a Babilonia e dalle truppe raccogliticce di Nicanore, che avevano disertato a lui dopo la sconfitta del loro comandante. Seleuco disponeva anche di gruppi di montanari Cossei: essi, abituati a taglieggiare gli uomini e carovane che attraversavano il loro territorio sui monti Zagros, erano stati affrontati prima da Alessandro e poi da Antigono in spietate campagne di sterminio. Sempre indomiti e vogliosi di vendicarsi di coloro che avevano devastato la loro regione, avevano risposto volentieri all'appello di Seleuco. I Babilonesi non li vedevano di buon occhio, dal momento che li chiamavano “Guti“ termine che ha sempre designato per i civili abitanti dei due fiumi i barbari selvaggi e sanguinari delle montagne. Tuttavia

anche la popolazione locale babilonese parteggiò per Seleuco dal momento che durante la sua precedente amministrazione aveva lasciato un buon ricordo e non aveva compiuto malversazioni o rapine, cercando sempre la collaborazione con i notabili locali e con l'influente clero dei Magi. Quando Antigono arrivò all'inizio del 310 Seleuco era già ritornato in Babilonia dopo le vittoriose campagne in Iran; senza venire subito allo scontro campale contro un esercito superiore di numero, fiaccò l'attaccante con la solita tattica dilatoria, senza mai impegnare in combattimento tutte le sue forze. Un forte contingente era stato lasciato da Demetrio a Babilonia nella campagna del 311 e questo garantì alle truppe di Antigono una facile penetrazione nella città. Una cronaca babilonese racconta che vi furono combattimenti per le strade, saccheggi e devastazioni da parte dei soldati invasori. Alla fine del 310 /inizio 309, dopo una lotta durata almeno sei mesi, quasi tutta Babilonia era caduta nelle mani di Antigono ad eccezione dell'edificio Bit-Haru. Antigono nel 309 si impadronì di altre città del contado come Cutha e Borsippa ed ebbe persino tempo di nominare Archelao come governatore. Ma gli scontri non erano finiti: Seleuco resisteva e finalmente nell'Agosto del 308 si arrivò alla battaglia decisiva nella quale Seleuco ripeté il solito schema di attaccare un nemico impreparato. Polieno nella sua raccolta di stratagemmi racconta che in uno scontro tra Seleuco e Antigono, la sera mise fine con un esito indeciso, ed entrambe le armate si ritirarono nei loro rispettivi campi, determinate a rinnovare lo scontro il giorno successivo. I soldati di Antigono si spogliarono delle armi e dormirono nelle loro tende, mentre Seleuco ingiunse ai propri uomini di prendere il pasto e di dormire armati proprio nel punto in cui erano schierati a battaglia. Il giorno seguente al sorgere dell'alba Seleuco riuscì a condurre i propri uomini già schierati contro gli avversari che, sorpresi disarmati, non ebbero tempo di schierarsi e furono messi in fuga. Vero o falso che sia questo episodio, Antigono subì una severa sconfitta, dovette venire a patti con Seleuco e perse non solo la Babilonia, ma anche parte della Mesopotamia fino all'incirca alla confluenza tra il Balikh e l'Eufrate. Seleuco aveva ottenuto la sua vittoria, anche se Babilonia, teatro della guerra, aveva subito devastazioni irrecuperabili, che sancirono il definitivo declino della gloriosa città.

IL NUOVO CONFINE

Antigono al termine della guerra aveva conservato il possesso dei ponti sull'Eufrate, di Tapsaco e della regione che si estendeva dall' Eufrate al Balikh; un territorio che costituiva un'ottima testa di ponte per ritornare a invadere la Mesopotamia qualora l'avesse voluto. Seleuco pertanto dovette ovviare alla mancanza di un confine naturale che proteggesse il proprio territorio, erigendo una linea di fortezze. Nicanore, lo sfortunato generale di Antigono che aveva perso la vita in Media è indicato dalla tradizione come il fondatore delle città di Nisibi e Dura, che senz'altro erano nate su precedenti insediamenti indigeni. Seleuco finì i lavori e le rinominò Antiochia ed Europos, dal nome di suo padre e del luogo in cui era nato. Dura Europos era situata sulla riva destra dell'Eufrate e sbarrava la strada che dalla Siria, costeggiando il fiume, portava in Babilonia. Antiochia Nisibis, era ubicata lungo la via di comunicazione che dal ponte di Tapsaco conduceva al corso superiore del Tigri e da lì scendeva verso la capitale seleucidea. Qualsiasi esercito nemico proveniente dalla Siria avrebbe dovuto abbattere la resistenza di almeno una di queste fortezze per avere l'accesso alla parte meridionale della Mesopotamia. Anche Antigono prese analoghi provvedimenti per garantire la sicurezza dei territori sotto il suo controllo. La città di Carre, già presidiata da una guarnigione antigonide prima che Seleuco riconquistasse Babilonia, rimase nelle mani di Antigono, e venne presto affiancata da Edessa e Ichnae, rispettivamente a nord e a sud di essa. A parte questa intensa attività costruttiva i rapporti tra Antigono e Seleuco rimasero pacifici per molti anni dal momento che entrambi tentarono di espandere i loro domini in direzioni diametralmente opposte.

TOLEMEO RIPRENDE LE OSTILITA' (anno 310)

La fine delle comuni ostilità con Antigono aveva lasciato gli altri diadochi svincolati da ogni obbligo reciproco; ciascuno cercò quindi di estendere la propria influenza in Grecia a spese degli altri, portando come vessillo tanto la tutela dei membri superstiti della dinastia Argeade, che le libertà dei Greci, ovviamente di quelli sotto il dominio degli altri, non dei propri. Tolemeo era rimasto il più danneggiato dalla fine della guerra: aveva perso la Siria e la Palestina e non aveva ottenuto nessuna contropartita in altri settori; inoltre doveva fronteggiare una nuova rivolta a Cirene, questa volta guidata dal suo abile ufficiale Ofella che aveva pensato bene di ritagliarsi un dominio autonomo nella fertile regione africana. Altro grave problema era costituito dall'isola di Cipro, dove Nicocle di Pafo, uno dei suoi re clienti, minacciava di tradirlo. In questo caso Tolemeo seppe agire tempestivamente e mandò due suoi emissari con l'ordine di togliere di mezzo il traditore. Nicocle si tolse la vita seguito dalla moglie che indusse anche tutta la famiglia a suicidarsi nel rogo della reggia. Alla morte di Nicocreonte Re di Salamina avvenuta in quello stesso periodo Tolemeo decise di imporre un dominio diretto sull'isola e nominò il fratello Menelao governatore di Cipro al comando di un forte contingente di truppe e di una flotta. Nello stesso tempo Tolemeo riprese il programma di espansione navale, alleandosi con Rodi. Col possesso di Cipro e l'alleanza con l'isola antistante l'Asia Minore, Tolemeo poteva ora minacciare i domini di Antigono e gli dichiarò guerra già nel 310, affermando che non aveva rispettato la libertà dei Greci installando guarnigioni nelle città. Forse cercava indirettamente di aiutare Seleuco, ma più probabilmente voleva approfittare delle difficoltà di Antigono a Babilonia per sottrargli qualche piazzaforte. Seguì una guerra di basso profilo: Tolemeo sbarcò in Cilicia e la conquistò provvisoriamente salvo esserne cacciato da Demetrio poco tempo dopo. Rivolse la sua attenzione alla Licia dove conquistò qualche località secondaria, si diresse nell'Egeo con la flotta e approdò a Cos dove nell'inverno 309 nacque suo figlio, il futuro Tolemeo II. Per il resto continuò una politica ondivaga, cercando di sobillare sia i Greci soggetti ad Antigono che quelli sotto il dominio di Cassandro.

Un'ottima occasione di interferire in Grecia gli venne dalla defezione di Polemeo, generale di Antigono nel Peloponneso: scontento per non essere tenuto nella giusta considerazione e per non avere ricevuto con la dovuta sollecitudine i fondi per pagare i soldati, si rivoltò nel 310 e riuscì a fare defezionare anche il comandante antigonide della Frigia ellespontica. Antigono mandò il figlio Filippo a riconquistare la regione degli stretti, ma non poté fare nulla per il Peloponneso che venne perduto in un attimo, dopo che erano occorsi anni per conquistarlo. Polemeo cercò dapprima di allearsi con Cassandro, poi si recò a Cos presso Tolemeo con tutta la flotta sperando di farselo alleato. Tolemeo invece si sbarazzò di lui facendolo arrestare e costringendolo al suicidio con l'accusa di complottare ai suoi danni e cercò di rimpiazzarlo nel Peloponneso.

TOLEMEO IN PELOPONNESO (310-309)

Nel frattempo Cassandro doveva affrontare un altro pretendente al trono macedone. Poliperconte, con la sicura connivenza di Antigono aveva fatto chiamare da Pergamo, dove risiedeva con la mare Barsine, Eracle, il figlio mai riconosciuto di Alessandro, che aveva compiuto più di vent'anni. Con un'abile raccolta di finanziamenti e col contributo degli Etoli e dei numerosissimi Macedoni scontenti di Cassandro, raccolse un esercito di 20000 uomini e marciò sulla Macedonia. Il pericolo per Cassandro era davvero grave, perché gli uomini rimasti sotto il suo comando minacciavano di defezionare, ma lo stratego d'Europa doveva possedere un'abilità diplomatica ed un carisma senza pari, perché riuscì a convincere Poliperconte a desistere dal tentativo, ad ammazzare Eracle e la madre e a mettersi ai suoi ordini, il tutto per un posto di comandante del Peloponneso. Poliperconte per questo voltafaccia ruppe con i suoi ex alleati e non riuscì nemmeno a ritornare nella regione della quale gli era stato riconosciuto il comando essendone impedito dai Beoti. Ne approfittò Tolemeo che sbarcò nel Peloponneso agitando il vessillo della libertà dei Greci alle cui città ordinò di fornire cibo e denaro.

Aveva iniziato subito col piede sbagliato perché dopo essere state percorse per dieci anni da eserciti di “liberatori“ in lotta tra loro i Peloponnesiaci non avevano nulla da dare. Tolemeo non ottenne altro che le città di Sicione e Corinto, sottratte a Cratesipoli, la nuora di Poliperconte e venne presto a pace con Cassandro sulla base dell'uti-possidetis. Cassandro, piuttosto a buon mercato era così riuscito a riguadagnare tutte le posizioni perdute nel Peloponneso ed era ora più forte di quanto non fosse nel 311, dal momento che con l'estinzione della dinastia argeade nessuno poteva vantare maggiori diritti di lui sul trono di Macedonia. Tolemeo aveva avuto buoni motivi per rientrare in Egitto: suo ex ufficiale Ofella, che a Cirene aveva instaurato un dominio indipendente, aveva perso la vita in Libia, ucciso dal tiranno di Siracusa Agatocle, con cui aveva formato un'alleanza per conquistare Cartagine. Cirene fu allora facilmente riconquistata da Tolemeo che diede la carica di governatore a Magas, fratello di Berenice, la donna che gli aveva appena dato il figlio Tolemeo.

In questo stesso periodo Tolemeo entrò in contatto con Cleopatra, la sorella di Alessandro Magno confinata a Sardi. L'ultima discendente di Filippo e Olimpiade cercò di sottrarsi all'annosa prigionia a cui era costretta da tempo per raggiungere e sposare il satrapo d'Egitto, ma la sua fuga fu prevenuta dalle ancelle addette alla custodia, che le diedero la morte col veleno. Antigono, il probabile mandante dell'assassinio non si fece scrupolo di condannarle alla pena capitale, fingendo reale contrizione per la morte di Cleopatra. Con lei si spegneva la linea dinastica argeade: già sposata ad Alessandro d'Epiro e rimasta vedova di lui dopo che ebbe trovato la morte a Pandosia, era stata desiderata da tutti i diadochi, ansiosi di imparentarsi con la famiglia reale macedone, ma non era mai riuscita a convolare a nozze, essendo morti di morte violenta tutti coloro con cui aveva raggiunto un accordo in tal senso (Leonnato e Perdicca) e infine aveva seguito il destino dei discendenti di Filippo la cui condizione regale non si era rivelata altro che una maledizione.

DEMETRIO LIBERA ATENE giugno 307

Gli eventi in occidente richiedevano la presenza di Antigono. Il Monoftalmo aveva passato i settanta anni e la recente campagna contro Seleuco aveva prosciugato le sue energie. Era sempre più necessario per lui delegare i compiti ai suoi figli che stavano finalmente ripagando gli sforzi dell'educazione ricevuta. Demetrio era un ragazzo di cultura, che apprezzava discorrere con i filosofi ma si era rivelato anche uomo d'azione e di coraggio sfidando due vecchie volpi come Tolemeo e Seleuco a Gaza. Il suo fascino giovanile e la sua spontaneità promettevano di raccogliere quel consenso presso i Greci che Tolemeo non aveva invece ricevuto quando era sbarcato nel Peloponneso. Difatti quando nel giugno del 307 si presentò di sorpresa con una potente flotta al Pireo, gli Ateniesi deposero le armi davanti a lui, mentre il governatore di Cassandro ad Atene, Demetrio Falereo, fuggì a Tebe.
La città cadde senza colpo ferire nelle mani del figlio di Antigono mentre la fortezza di Munichia fin dal 322 occupata da una guarnigione macedone dovette essere cinta d'assedio. Per la prima volta Demetrio fece uso in grande stile di macchine da guerra, catapulte e balliste per le quali aveva un grande interesse, e finalmente piegò la resistenza dei difensori.

Alcune parole sulla situazione ateniese: per i dieci anni successivi ai disordini che avevano causato la morte di Focione Atene era stata amministrata da Demetrio Falereo, un filosofo della scuola peripatetica, fondata da Aristotele, che godeva di universale stima ed era effettivamente qualcosa di più di un lacchè della Macedonia: un uomo estremamente preparato per i compiti di governo e abbastanza onesto. Il suo governo fu improntato a favorire la cultura (nelle vesti, ovviamente dei filosofi peripatetici) e le classi più ricche: furono abolite le contribuzioni forzose al mantenimento della flotta, le imposte sull'allestimento dei cori negli spettacoli teatrali (coregie) e venne ridimensionato l'obbligo del servizio militare. Le azioni militari di Atene furono condotte in stretta collaborazione con quelle di Cassandro, e Atene ebbe la sua parte di problemi durante la guerra dei coalizzati contro Antigono, soprattutto al tempo dell'infelice spedizione di Cassandro in Caria. Il Falereo svuotò di ogni potere l'assemblea popolare, sottoponendo tutti i decreti al vaglio di una commissione di sette tutori della legge il cui compito era di cassare ogni proposta contraria all'ordinamento esistente. Naturalmente, come tutti i conservatori, si preoccupò dei costumi dei cittadini, emanando una serie di leggi suntuarie per ridurre le spese matrimoniali, dei banchetti e persino dei funerali. Le sue idee sul governo della città forse avevano fini onesti, ma contribuirono ad aggravare la crisi culturale della città che faceva ormai fatica ad esprimere uno statista, un oratore, un poeta o un drammaturgo. Non più di 21000 cittadini avevano i pieni diritti in una città che aveva ancora più di 100000 abitanti al tempo dell'ultimo censimento ordinato dal Falereo.

Come in tutti i casi in cui cade improvvisamente un regime bigotto e reazionario, la libertà assunse i contorni della licenza. La gratitudine dei democratici, allontanati dal potere da quindici anni e ora finalmente ritornati al potere, raggiunse e superò i confini del servilismo nei confronti del liberatore. Secondo Diodoro:
Gli Ateniesi, dopo che Stratocle ebbe redatto il decreto, stabilirono di erigere statue d'oro di Antigono e Demetrio su un cocchio vicino a quelle di Armodio e Aristogitone (venerati come eroi dagli ateniesi per avere assassinato il tiranno Ipparco), di onorarli ambedue con corone per una spesa di duecento talenti, di innalzare un altare e di chiamarlo “altare dei salvatori“, di aggiungere due tribù, Demetriade e Antigonide, alle dieci esistenti, di celebrare ogni anno in loro onore dei giochi, una processione e un sacrificio, e di raffigurare i loro ritratti sul peplo di Atena.

Plutarco aggiunge che gli Ateniesi spinsero la loro piaggeria a salutarli re e a venerarli da vivi come “dèi salvatori“. Il maggiore promotore di queste iniziative fu il democratico Stratocle, l'esatta antitesi di Demetrio Falereo in termini di costumi e di moralità, asservito a Demetrio e pronto ad assecondare i suoi desideri più di quanto lo fosse il Falereo a Cassandro. In tal senso solo alcune delle leggi più reazionarie del Falereo vennero abolite: i tutori della legge furono soppressi, ma i ricchi non furono costretti a sottoporsi alle liturgie; vennero tolti i paletti che limitavano il diritto di cittadinanza come l'esame giuridico, ma fu una mossa fatta per dare la cittadinanza ai seguaci di Demetrio. I peripatetici ovviamente caddero in disgrazia e, oltre all'esilio del Falereo dovettero lamentare anche la cacciata di Teofrasto, il successore di Aristotele nella cattedra del “Liceo“. Una legge di Sofocle proibì addirittura l'insegnamento ad Atene senza l'autorizzazione del consiglio e dell'assemblea, ma fu abolita subito dopo, forse perché ci si rese conto che rischiava di minare l'unica attività culturale fiorente ad Atene in quel periodo: l'istruzione filosofica. Zenone ed Epicuro fondarono le scuole dello stoicismo e dell'epicureismo proprio in quegli anni.

TRIONFO A CIPRO (inverno 307-estate 306).

Il soggiorno di Demetrio si prolungò per tutto l'inverno, ma più che per le attività belliche si fece notare per le proprie dissolutezze che tanto facevano inorridire il moralista Plutarco. Riuscì soltanto a occupare Megara, presidiata da una guarnigione di Cassandro, con un attacco di sorpresa. Cercò di fermare il saccheggio dei propri soldati e di dichiarare la città libera, ma si attirò le ironie del filosofo Stilpone che dichiarò che Megara era diventata una città libera dal momento che la soldataglia di Demetrio si era portata via tutti gli schiavi di proprietà dei Megaresi. Mentre Demetrio si godeva il premio dei suoi trionfi immergendosi nei divertimenti che la città poteva offrirgli, gli Ateniesi mandarono una delegazione ad Antigono per ringraziarlo di avere inviato la spedizione di soccorso e ottennero in cambio altri 150000 medimni di grano (75000 ettolitri) legname sufficiente a costruire 100 navi e le antiche cleruchie di Lemno e Imbro che Atene aveva perso dopo la guerra lamiaca. Nella primavera del 306 giunse improvvisamente un ordine di Antigono al figlio di portare la guerra a Cipro contro Tolemeo.

Probabilmente il Monoftalmo pensava che senza la neutralizzazione dell'importante base tolemaica antistante l'Asia Minore nessuna conquista in Grecia o nell'Egeo poteva essere assicurata. Tuttavia l'interruzione della campagna in Grecia poteva costituire un problema perché Tolemeo aveva ancora due importanti guarnigioni a Sicione e Corinto: invano Demetrio cercò di corrompere il comandante tolemaico Cleonide perché gliele consegnasse. Nella primavera del 306 Demetrio in ottemperanza agli ordini del padre salpò per Cipro con 118 navi da guerra, numerosi trasporti e 15400 soldati. Cercò di riunire gli stati greci suoi alleati in una lega ma non ebbe il tempo materiale di radunarli, cercò di persuadere Rodi ad allearsi con lui contro Tolemeo, ma i Rodii gentilmente rifiutarono, decisione di cui avrebbero in seguito dovuto pagarne le conseguenze. Lo sbarco e l'assalto all'isola ebbero invece un successo immediato: Demetrio batté in uno scontro campale Menelao, fratello di Tolemeo e stratego dell'isola, e lo costrinse a rifugiarsi nella piazzaforte di Salamina che era munita di robuste mura e dotata di rifornimenti per sostenere un lungo assedio. Demetrio per avere ragione dei difensori iniziò la costruzione di imponenti macchine ossidionali, fra le quali l'Elepoli, un'immensa torre di nove piani alta circa quarantadue metri che poteva ospitare arieti, catapulte e parecchie centinaia di uomini armati.. Gli ordigni di Demetrio riuscirono a fare parecchi danni alle mura di Salamina, ma vennero incendiati tutti in una sortita dei difensori, mostrando a Demetrio - che non intese la lezione- come le opere in legno fossero vulnerabili senza adeguata protezione.

Il prolungamento dell'assedio offrì a Tolemeo la possibilità di allestire una spedizione navale per venire in soccorso del fratello. Approdò senza contrasti a Pafo e da lì si diresse a Cizio a trentasei chilometri da Salamina, con una flotta che, grazie alle contribuzioni degli alleati ciprioti, aveva raggiunto le 140 unità da guerra, tutte quinqueremi o quadriremi, e 200 navi da trasporto che potevano contenere 10000 uomini. Tolemeo mandò alcune staffette a Menelao, con l'ordine di far uscire da Salamina le navi su cui aveva il comando, che erano sessanta, non appena fosse iniziata la battaglia con Demetrio, in modo da prenderlo tra due fuochi; ma il figlio di Antigono aveva previsto questa mossa e fece presidiare la stretta imboccatura del porto da dieci navi, quante bastavano a bloccare l'uscita. Con le altre 108 uscì ad affrontare Tolemeo in una battaglia che ebbe luogo tra Salamina e Cizio. Tolemeo era superiore come numero di navi ma inferiore come grandezza dal momento che Demetrio possedeva navi a sei e anche a sette ordini di remi. E furono queste mirabili navi a garantire al figlio di Antigono la vittoria, dal momento che riuscirono a fare breccia nell'ala destra e a schiacciare la flotta egizia contro la costa. Tolemeo con la sua nave e altre venti riuscì a riguadagnare Cizio, ma tutte le altre navi da guerra e 100 navi da trasporto con 8000 uomini furono affondate o catturate da Demetrio. Tolemeo fuggì in Egitto e Menelao, che non aveva potuto far nulla per aiutarlo si consegnò a Demetrio. I prigionieri catturati, 16800 entrarono quasi tutti a far parte dell'esercito antigonide.

SCACCO IN EGITTO (novembre 306-primi mesi 305)

Demetrio era uscito vincitore in una delle più grandi battaglie della storia navale, e la gloria che gliene derivò si manifestò sotto forma di onori divini da parte delle città più compiacenti, alcune delle quali, a imitazione di quanto aveva fatto Atene, intitolarono delle tribù a nome suo e del padre. Antigono venne informato della splendida vittoria mentre stava attendendo alla costruzione di Antigonea sull'Oronte, e si sentì incoraggiato a fare il grande passo dell'assumere il titolo regale per sé e per il figlio Demetrio. Con una ben orchestrata scena prima l'ammiraglio Aristodemo, poi l'esercito e la folla acclamarono Antigono Re. Con ciò il Monoftalmo rivendicava il ruolo di erede di Alessandro e il compito di riunificare tutto l'impero: gli altri diadochi non potevano essere più considerati suoi pari, ma semplici ribelli da ricondurre all'obbedienza o da annientare.
Antigono e Demetrio cercarono di approfittare dell'indebolimento di Tolemeo per attaccarlo direttamente in Egitto e, allo scopo, allestirono un immenso esercito di 88000 uomini e 83 elefanti, spalleggiato da una flotta di 150 navi da guerra e 100 da trasporto. L'armata partì da Antigoneia sull'Oronte e raggiunse Gaza senza difficoltà, ma ben presto iniziarono i problemi, perché una tempesta colse la flotta antigonide tra Gaza e Rafia, mentre la truppa, nonostante il servizio di sussistenza creato da Antigono con l'aiuto di cammelli Arabi, attraversò con grandi sofferenze il tratto di deserto che separava Gaza da Pelusio. Accampato oltre il ramo orientale del Nilo Antigono trovò Tolemeo con l'esercito schierato. Il satrapo d'Egitto intendeva difendersi con gli stessi mezzi impiegati per fronteggiare l'invasione di Perdicca: utilizzo di fortini lungo il Nilo, di una flottiglia di zattere per sorvegliare il fiume e prevenire tentativi di sbarco, e un'ampia opera di corruzione per convincere i mercenari di Antigono a disertare. Un tentativo effettuato dalla flotta di Demetrio di aggirare le postazioni difensive fu neutralizzato grazie all'intervento delle guarnigioni costiere e di un'altra tempesta che fece cadere tre quadriremi e alcune navi da trasporto nelle mani di Tolemeo.

Antigono non aveva nemmeno tenuto conto del fatto che il Nilo a novembre era piuttosto alto e non permetteva di essere attraversato con facilità. Antigono si ritrovò nella stessa situazione di stallo in cui era incorso Perdicca quando aveva tentato di invadere l'Egitto con l'esercito bloccato sul braccio orientale del Nilo e sempre più indebolito dalle diserzioni. Un consiglio di guerra convocato d'urgenza espresse il parere di rimandare tutto alla buona stagione e Antigono accettò di buon grado il parere dei suoi ufficiali anche se con ciò riconosceva la sconfitta. Tolemeo allora scrisse agli altri diadochi dei successi ottenuti e poco dopo si fece proclamare faraone d'Egitto: la vittoriosa difesa del territorio che governava era stata l'impresa necessaria per rendere legittimo il titolo regale. Ben presto cadde ogni remora anche negli altri generali che si fecero acclamare re dalle proprie truppe: Seleuco in Babilonia, Lisimaco in Tracia e Cassandro in Macedonia. Ognuno di essi non diede una caratterizzazione geografica al proprio titolo, come del resto aveva fatto Antigono. La loro ascesa alla monarchia era avvenuta per compenso ai successi militari e si sentivano pertanto autorizzati a regnare su tutto ciò che veniva da loro conquistato.

IL REGNO DI ANTIGONO

Cosa comportava esattamente essere Re per Antigono e i suoi colleghi? Innanzi tutto il comando militare, l'autorità sull'esercito e sui comandanti di guarnigione, poi la possibilità di disporre finanziariamente dei tesori raccolti da Alessandro e delle entrate delle satrapie, nonché quella fondamentale di battere moneta, strumento indispensabile di regalità poiché era l'unico mezzo di comunicazione di massa dell'antichità. Il territorio su cui si trovavano a regnare, comprendeva una popolazione estremamente eterogenea dal punto di vista etnico e culturale, ch poteva essere unificata soltanto dal culto del sovrano e da una struttura amministrativa da affiancare a quella militare. Vedremo poi come ogni diadoco risolse la sua situazione. Antigono e Demetrio cercarono in tutto e per tutto di imitare Alessandro, esercitando le piene prerogative legali (possesso del territorio, esazione dei tributi) nei confronti delle popolazioni indigene dell'Anatolia e della Siria ma cercando al tempo stesso di rispettare la libertà e l'autonomia delle città greche all'interno del regno.

Le poleis godevano di una totale autonomia amministrativa e di una certa libertà anche in politica estera, limitata ovviamente dal dovere essere per forza “fedeli“ ad Antigono. In genere non cambiò le istituzioni politiche delle poleis e dei piccoli stati inglobati nel suo. Mitridate di Kios, i re fenici e Dionisio di Eraclea, rimasero re o tiranni delle loro città che già possedevano. Se altrove vi era un regime oligarchico o una democrazia Antigono non interveniva a cambiarle. Le città potevano avere un legame personale con Antigono e Demetrio, ma più spesso venivano raggruppate in entità politiche superiori, come la la lega ionica, la lega delle isole con al centro il santuario di Apollo a Delo. Tali leghe non erano stati sovrani, non battevano moneta, non avevano assemblee, e non deliberavano in temi di politica estera. In genere il loro scopo era la celebrazione di feste in onore di Antigono che vi riceveva un culto divino. Il sogno di Antigono e Demetrio rimaneva quello di ricreare la vecchia lega ellenica fondata da Filippo nel 337 e di assumerne l'egemonia, ma non avrebbero potuto conseguire l'obiettivo fin tanto che Cassandro e Poliperconte dominavano la scena greca.
Antigono inaugurò la politica, che fu anche quella dei Seleucidi, di fondare molte nuove città, con lo scopo di creare entità politiche nuove, che dipendessero completamente da lui per poter avviare l'attività economica e sociale, e che quindi gli fossero fedeli: Antigoneia sull'Oronte venne eletta a capitale e fu in quella città che si fece proclamare Re. In Anatolia iniziò a ricostruire Smirne, costrinse al sinecismo sette città per fondare Antigoneia nella Troade, mentre una terza città con quel nome sorse sul lago Ascanio. Tutte queste poleis erano autonome e i loro cittadini potevano contare su appezzamenti di terreni concessigli dal Re. Normalmente invece la terra era proprietà di Antigono che incassava quindi i proventi dei terreni agricoli. Il grano poi lo rivendeva alle città greche autonome ad un prezzo da lui fissato. Dal momento che aveva proibito alle stesse città greche l'importazione di grano dall'estero si ritrovò ad essere l'unico venditore disponibile, e realizzò non pochi profitti. Oltre a ciò, pur senza istituire un regolare sistema di tributi, pretese dalle città greche delle contribuzioni per le sue guerre, e dal momento che queste erano continue non poche amministrazioni finirono per contrarre debiti per pagare gli sforzi bellici del loro protettore.

LISIMACHIA E SELEUCIA

Antigono non fu l'unico diadoco che aveva progettato e costruito la propria capitale: se Cassandro poteva regnare a Pella, la capitale della Macedonia, e Tolemeo si era limitato a proseguire l'edificazione di Alessandria proponendosi come successore del fondatore, Lisimaco e Seleuco , come Antigono non avevano una città che per tradizione potesse fare da centro di una monarchia greco/macedone e dovevano quindi edificarne una ex-novo.
Lisimaco già nel 309 aveva dato inizio ai lavori della città che doveva diventare la sua capitale: Lisimachia, nella parte più a nord del Chersoneso tracico, tra Cardia e Pactie, la cui popolazione fu forzata ad entrare nel nuovo insediamento. La città doveva servire tanto come baluardo contro gli attacchi provenienti dai barbari Traci e da nemici asiatici, ma, sorgendo sulla rotta commerciale che dal Ponto portava al mar Egeo e alla Grecia, aveva tutte le possibilità di prosperare economicamente: Lisimaco ebbe sempre fama di investitore oculato e la fondazione di Lisimachia fu decisa tenendo conto del profitto che se ne poteva trarre.
Come abbiamo detto in precedenza, il terribile conflitto tra Antigono e Seleuco aveva ridotto la città di Babilonia alla rovina. Seleuco, impegnato dapprima nel consolidamento della nuova frontiera con Antigono, non si era preoccupato di ricostruirla, ma ora, dopo la sua proclamazione a Re, cercò una soluzione al problema. Si trattava di decidere se riedificare quanto restava della città o rifondarla ex-novo. Seleuco optò per la seconda soluzione e a poca distanza da Babilonia pose diede inizio alla costruzione di una città che avrebbe dovuto diventare la nuova capitale: Seleucia sul Tigri. Naturalmente i babilonesi, specialmente il potente clero dell' E-sagila, avevano tutti i motivi per essere scontenti di dover subire la rivalità di una città con propri templi, sacerdoti e officianti del culto, e temevano seriamente che la popolazione dei nativi avrebbe seguito i Greci abbandonando Babilonia per risiedere nella capitale seleucidica. Ci furono resistenze che le fonti ci tramandano sotto forma di aneddoto.
Appiano nei suoi Syriaca racconta che: quando ai Magi venne ordinato di indicare il giorno propizio e l'ora per iniziare gli scavi, essi falsificarono l'ora perché non volevano avere una tale fortezza costruita contro di loro. Mentre Seleuco nella tenda attendeva l'ora data, e l'esercito, pronto ad iniziare il lavoro, aspettava tranquillo che il re desse il segnale, improvvisamente nell'ora realmente più propizia, i soldati balzarono su come se qualcosa li chiamasse al lavoro, in modo che nemmeno gli araldi riuscivano a trattenerli. Quando il lavoro fu portato a termine, Seleuco era scoraggiato e ancora interrogò i Magi riguardo alla città, ed essi, essendosi assicurati una promessa di impunità replicarono:- ciò che è destino, o Re, che sia buono o cattivo, né gli uomini né le città possono cambiarlo, perché c'è un destino per le città, così come per gli uomini. E' stato deciso dagli dei che questa città debba durare per il tempo più lungo, perché ebbe principio nell'ora in cui avrebbe dovuto. Noi temevamo che fosse costruita come una fortezza contro di noi e dicemmo il falso sull'ora fissata, ma il destino è stato più forte degli astuti magi e dell'inconsapevole Re-
Naturalmente l'aneddoto termina col perdono garantito da Seleuco ai Magi. Dopotutto, la divinità non non avrebbe potuto mandargli un segno più favorevole. La città conobbe immediatamente una grande fioritura e numerosi Babilonesi abbandonarono la loro vecchia città per abitare nella nuova.


SELEUCO IN BATTRIANA E IN INDIA (306-304)

Negli anni in cui in Occidente si combattevano le guerre tra Demetrio, Tolemeo e Cassandro, Seleuco muoveva alla conquista dell'Iran Orientale in un territorio in cui, dalla morte di Alessandro, i rappresentanti del governo centrale avevano esercitato una sovranità puramente teorica e dove anche Antigono non si era spinto per affermare il proprio potere. L'ultima occasione in cui i satrapi delle satrapie superiori si erano riuniti era stata al tempo della guerra tra Antigono ed Eumene. Poi per oltre dieci anni non si seppe nulla di loro e Seleuco, quando si spinse in Battriana trovò una situazione piuttosto confusa in cui dovette far fronte all'opposizione dei Battriani, forse comandati da regoli locali, forse dal vecchio satrapo Stasanore. Giustino afferma che i Battriani furono battuti e sottomessi senza fornire ulteriori particolari; gli storici moderni ipotizzano che Seleuco abbia vinto tanto con la guerra che con la diplomazia, grazie all'influenza di Apama, la figlia di Spitamene che Seleuco aveva sposato durante le nozze di Susa e che non aveva mai ripudiato, anche nei momenti in cui i vantaggi politici del matrimonio erano nulli
.
Subito dopo la conquista della Battriana Seleuco marciò verso l'India con l'intento di restaurare il dominio macedone che lentamente era stato cancellato dalle lotte tra i satrapi e dall'assorbimento dei pochi coloni greci ivi impiantati nelle popolazioni indigene. Questa volta però non avrebbe dovuto affrontare la disorganica resistenza di capi locali e di tribù che aveva incontrato Alessandro. I soldati del conquistatore si erano rifiutati di proseguire oltre l'Ifasi, dato che le notizie sull'imponenza del regno del Maghada erano bastate a scoraggiarli. Pochi anni dopo la dinastia dei Nanda che regnava sulla capitale del Maghada, Patalipura, era stata rovesciata da un usurpatore, Chandragupta Maurya, fondatore dell'omonima dinastia che, di conquista in conquista, arrivò a dominare su quasi tutta l'India. La sua eminenza grigia era in verità il primo ministro Kautilya, un brahamano emarginato dalla corte dei Nanda che, non potendo aspirare al trono per via di una deformità fisica, aveva fatto da mentore a Chandragupta, compilando per il suo protetto un trattato di arte dello stato chiamato Arthasastra.

Sotto la guida del suo illuminato maestro Chandragupta aveva creato uno stato solido e forte che dominava dall'Indo fino al Deccan e poteva far fronte a qualsiasi invasore, come Seleuco ebbe modo di scoprire quando nel 304 varcò l'Indo sulle orme di Alessandro e tentò invano di abbattere il potente sovrano del Maghada. Il trattato di pace che mise al conflitto fu tutto in suo sfavore, dato che dovette rinunciare alle satrapie dell'India, della Aracosia e della Gedrosia. In cambio ebbe 500 elefanti, che avrebbero giocato un ruolo decisivo nelle successive campagne e l'amicizia del regno dell'India che non avrebbe mai dato alcun fastidio ai Seleucidi nei decenni a venire.
Nonostante lo scacco parziale e la rinuncia ad alcune delle conquiste di Alessandro le campagne di Seleuco in Oriente furono decisive per la conservazione dell'Ellenismo nell'Iran e anche da sole gli avrebbero ben meritato l'apellativo di “vincitore“ con cui è passato alla storia. Di tutti i diadochi fu l'unico che capì l'importanza dell'Oriente per la sopravvivenza del mondo ellenistico, anche se più avanti si sarebbe sentito sempre più irresistibilmente attratto dalla macedonia e dal mondo mediterraneo il cui accesso gli era per il momento impedito dal regno di Antigono.

CONCLUSIONE

In questo capitolo abbiamo visto concludersi le tristi vicende della dinastia argeade i cui ultimi membri furono eliminati l'uno dopo l'altro nell'indifferenza o rassegnazione dei sudditi macedoni. Al loro posto, i generali sopravvssuti a lunghi anni di lotte intestine si sentivano ormai in grado di rivendicare la piena sovranità ui territori che occupavano, strappati ai loro rivali dopo guerre interminabili e continui ribaltamenti di fronte. L'acclamazione popolare, la fondazione di città, le conquiste militari o la difesa vittoriosa da un attacco fornirono i pretesti per legittimare la loro pretesa ad una sovranità piena e assoluta Nel 304 il mondo greco aveva quindi visto sorgere sulle ceneri dell'impero di Alessandro cinque regni greco/macedoni: quello di Cassandro in Macedonia, di Lisimaco in Tracia, di Antigono in Asia Minore e in Siria, di Tolemeo in Egitto e di Seleuco in babilonia e nell'Iran Orientale. Pochi potentati in Asia minore (Bitinia, Cappadocia Armenia) e alcuni stati greci come Bisanzio, Rodi, Sparta e l'Etolia erano rimasti realmente indipendenti dai nuovi regni.

Alcuni dei diadochi come Cassandro sembravano volersi accontentare dei paesi su cui già regnavano, altri come Seleuco e Antigono ripercorsero le orme del conquistatore cercando di riconquistare i paesi barbari da lui sottomessi o di abbattere gli altri generali e di presentarsi come protettori dei greci e restauratori dell'impero universale. I loro tentativi avrebbero portato ancora a lunghe e sanguinose guerre, prima che diventasse palese che nessuno aveva mezzi sufficienti per ricostruire la perduta unità. Antigono e Demetrio tentarono, forti dei loro apparentemente invincibili mezzi militari, di abbattere gli altri diadochi a cominciare da Cassandro e il racconto del loro ultimo tentativo, con tutte le conseguenze che ne sarebbero derivate, sarà oggetto del prossimo capitolo.

BIBLIOGRAFIA
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DIODORO SICULO- BIBLIOTECA STORICA LIBRI XVIII-XX - RUSCONI
GIUSTINO - STORIE FILIPPICHE - RUSCONI
PLUTARCO - VITE PARALLELE - DEMETRIO E ANTONIO - RIZZOLI
E.WILL Histoire politique du mond hellénistique, vol 1 Nancy 1979
STORIA ANTICA CAMBRIDGE- VOL V- GARZANTI
JOHN D. GRAINGER Seleukos Nikator ECIG
KEAY- Storia dell'India NEWTON
FRANCA LANDUCCI GATTINONI -Lisimaco di Tracia - Jaca book 1992
RICHARD A. BILLOWS Antigonos the One-Eyed (University of California Press 1997)

SITI CONSULTATI
http://www.livius.org/home.html
http://hometown.aol.co.uk/bobbbennett/synopsis.htm

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