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CRONOLOGIA

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( QUI TUTTI I RIASSUNTI )   RIASSUNTO ANNI dal 35 - al 32 - a.C.

L'ULTIMA GUERRA CIVILE

* LEPIDO CONTRO OTTAVIANO - GUERRE DI OTTAVIANO - DISSIDIO FRA OTTAVIANO E ANTONIO 
ROMA CONTRO CLEOPATRA
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LEPIDO CONTRO OTTAVIANO

Dopo la sconfitta di Pompeo, M. Emilio Lepido tenta di mantenere il possesso della Sicilia delineando una nuova guerra. Lepido si era dimenticato che era stato Ottaviano a dargli, dopo la sconfitta di Lucio Antonio, il governo dell'Africa, ma lui voleva ritrarre vantaggi dalla vittoria sui pompeiani.

Delle terre assegnate a Sesto Pompeo dopo l'accordo di Miseno, l'Acaja era stata trattenuta da Marc'Antonio e la Sardegna e la Corsica, per il tradimento di Mena, erano venute in potere di Ottaviano. Non rimaneva che la Sicilia. Lepido vi mise gli occhi addosso e volle che, in compenso dell'aiuto da lui prestato ad Ottaviano nella guerra contro Pompeo, gli fosse assegnata.

Se egli aveva potuto protestare contro i trattati dopo Filippi e Brindisi per la sua inferiorit�, ora che disponeva di un considerevole numero di legioni e di navi lev� la voce e pretese che nel triumvirato egli tornasse ad avere quel posto che gli era stato dato nel convegno a Bononia sull'isola del Reno.

Egli faceva assegnamento sui suoi legionari; questi invece erano malcontenti di lui perch� aveva ammesso al bottino fatto in Sicilia anche le otto legioni di Pompeo datesi a lui a Messina. D'altra parte ai legionari di Pompeo non riusciva gradita l'idea di una nuova guerra. Le venti legioni quindi che Lepido aveva sotto il suo comando, divise da gelosie ed agitate da malumori, non costituivano una forza temibile.
Ben si rese conto delle condizioni delle truppe di Emilio Lepido, Ottaviano e ne approfitt� prontamente.
Recatosi nel campo del collega, disse che la responsabilit� della nuova guerra non  sarebbe stata sua, ma di Lepido. I pompeiani, i quali non erano in buoni rapporti con i veterani di Lepido, a poco a poco passarono tutti dalla parte di Ottaviano, che intanto iniziava le ostilit�. Emilio Lepido tent� di impedire che il numero dei disertori aumentasse, poi, avendo veduto che l'esempio era imitato dai suoi e che in breve egli sarebbe rimasto senza soldati, si diede ad Ottaviano.
Il triumviro fu generoso con lui. Senza interpellare Antonio, gli tolse il governo delle province d'Africa e l'imperio militare, non gli confisc� come avrebbe potuto i beni, n� gli tolse la vita, gli lasci� anzi la dignit� di pontefice massimo, ma lo confin� a Circejo.

Vinto Sesto Pompeo e deposto Lepido, Ottaviano rimase alla testa di quarantacinque legioni, che costituivano per lui una grandissima forza, ma che in quel momento rappresentavano un pericolo non indifferente. I soldati reclamavano terre, denari e il congedo e rifiutavano recisamente le onorificenze con le quali il triumviro cercava di tenerli tranquilli.
Ottaviano ne avrebbe congedati gran parte, ma egli forse pensava che prima o poi sarebbe venuto a conflitto col collega e sapeva che solo con un esercito potente avrebbe potuto mantenere la posizione che si era acquistata.
Si limit� pertanto a congedare circa ventimila legionari e per far tornare la calma tra le truppe, che avevano assunto un contegno minaccioso, impose alla Sicilia un tributo di guerra di 1600 talenti e pag� ad ogni legionario la somma di 2000 sesterzi.

Un altro pericolo e causa non trascurabile di disordini costituivano le molte migliaia di schiavi fuggiti dai loro padroni e messisi al servizio di Pompeo. Ottaviano ne fece arrestare trentamila e li restitu' ai loro proprietari. Circa seimila che si rifiutarono di rivelare i nome delle famiglie cui appartenevano furono mandati nelle citt� donde provenivano e qui uccisi.

Due mesi erano bastati per regolare tutte queste cose. Il 13 novembre il triumviro fece ritorno a Roma dove fu accolto con grandissimi onori e indicibili dimostrazioni di gioia.
Egli portava la pace dopo tanti anni di guerra; la sconfitta di Pompeo assicurava le comunicazioni con le province e il vettovagliamento di Roma, che sovente, a causa della pirateria tirrenica, aveva sofferto delle gravi carestie.

In un discorso al popolo e ai senatori Ottaviano promise la pace e che si sarebbe adoperato a far dimenticare le discordie passate. Il Senato gli decret� grandi onori, che in parte il triumviro accett� scegliendo i pi� modesti; nel Foro gli venne innalzata una statua e ai piedi di essa fu incisa una epigrafe che in poche parole attestava le benemerenze dell'uomo: " Ad Ottaviano, restitutore della pace per terra e per mare".

ma non soltanto del ritorno della pace egli si rese benemerito. L'Italia versava in tristi condizioni economiche ed Ottaviano che, per fare la guerra, era stato costretto ad imporre tasse, volle ora togliere quelle che aveva decretato per avere la possibilit� di combattere Lucio e Pompeo. Questa soppressione di tributi port� un sollievo non indifferente alle popolazioni, ma ben pi� grande fu quello recato dalle misure di sicurezza pubblica, per tutelare la quale l'erede di Cesare istitu� le coorti pretorie, destinate a pulire il territorio della penisola infestato da numerose dande di briganti.

L'Italia vide in Ottaviano il suo benefattore e non sospett� allora di aver trovato in lui un nuovo padrone. Prestando fede alle dichiarazioni di lui che promettevano la fine del triumvirato dopo la guerra contro i Parti, il popolo gli don� una casa e gli confer� l'inviolabilit� tribunizia.

Ma la pace non fu inerzia e se le armi tacquero nella penisola, oltre i confini non tutti sicuri c'era sempre un rumore di sciabole.
Specialmente poco sicuri erano i confini orientali, dove le Alpi Giulie non costituivano un serio baluardo contro i barbari e le popolazioni non avevano ancora conosciuta appieno la potenza romana. Fra tutti i popoli confinanti, i Pannoni erano i pi� irrequieti e di questi la trib� dei Japudi (Gepidi) rendeva malsicure le comunicazioni col Danubio per la valle della Sava e sovente molestava con incursioni e danneggiava con saccheggi i territori delle colonie di Aquileia e di Tergeste.

Contro i Japudi Ottaviano porto le armi. La guerra non fu breve n� facile; ma i Romani riuscirono a spingersi fino a Metulo (Mottling) loro capitale e porvi l'assedio.
La citt�. forte per natura, fu strenuamente difesa dagli abitanti e, solo quando le resistenza non fu pi� possibile, i difensori vennero a patti. Ma si rifiutarono fieramente di consegnare le armi. Uccise le donne e i fanciulli, essi incendiarono le case poi fecero disperate sortite e i superstiti si diedero la morte.

La caduta di Metulo non port� alla fine della guerra. Le trib� avevano anch'esse prese le armi ed Ottaviano dovette aspramente combatterle. Straordinariamente accanita fu la resistenza che oppose la citt� di Siscia alla confluenza della Sava e della Kulpa, che, isolata e priva di soccorsi, fu alla fine presa d'assalto e divenne piazzaforte dei Romani e sede di due legioni e mezza.

Altre spedizioni guerresche furono fatte ad occidente contro i Salassi e ad Oriente contro i Dalmati e i Liburni, dediti alla pirateria. Questi ultimi furono vinti in breve tempo e consegnarono le navi; gli uomini validi vennero venduti come schiavi. Pi� lunga fu la guerra contro i Dalmati, che, unitisi in forte lega, diedero da fare non poco ai Romani.
la guerra culmin� con l'assedio di Promona. A liberare la citt� accorse un esercito numeroso di Dalmai, ma esso fu sbaragliato dalle legioni di Ottaviano. Allora i difensori di Promona tentarono una vigorosa sortita. Respinti sanguinosamente dovettero ripiegare verso le mura e cercare rifugio nella citt�, ma i legionari che li inseguirono entrarono con essi e la difesa si ridusse alla rocca che dopo pochi giorni capitol�.
Un'altra citt� che resistette validamente ai Romani fu Setoria, sotto le cui mura Ottaviano tocc� una ferita al ginocchio che lo consigli� a ritornare a Roma e a lasciare  il governo della guerra a Statilio Tauro.

Intanto Marc'Antonio in Oriente come il suo collega  anche lui proseguiva la sua guerra contro i Parti, anche se di farla non aveva proprio voglia. Dopo la ritirata disastrosa da Fraaspa e un breve soggiorno in Asia, riprese la strada che lo portava in Egitto, dove c'era la sua Cleopatra, e si era ridato alla vita di una volta, dedicandosi ai divertimenti ed all'amore della regina, dalle cui braccia ormai non poteva pi� sciogliersi.
Ma tra l'amore e le mollezze orientali non gli era stato possibile dimenticare lo scacco subito sotto le mura della capitale della Media dalla quale aveva dovuto allontanarsi. Quella infelice campagna gli aveva fatto perdere gran parte del suo prestigio presso le truppe ed aveva scemata la popolarit� di cui godeva in Italia, mentre i successi contro Pompeo, contro i Dalmati e i Pannoni facevano crescere sempre pi� quella di Ottaviano.
Egli addossava tutta la responsabilit� al re d'Armenia il quale lo aveva lasciato solo alle prese coi Medi, e si era ritirato con la cavalleria che tanto aiuto poteva invece arrecargli.
Per punire appunto l'Armeno, Antonio si alle� segretamente col suo antico nemico. Artavasde re di Media, e nella primavera del 34 a. C. raccolse le sue legioni a Nicopoli.
Sua moglie Ottavia, la quale, sebbene dimenticata per Cleopatra, amava sempre il marito, aveva ottenuto che Ottaviano mettesse a disposizione di Antonio, per la spedizione alla quale questi si apprestava a fare, duemila soldati scelti e nella speranza di riguadagnarsi l'affetto dello sposo aveva voluto essa stessa guidare in Asia quelle schiere. Ma non le fu concesso di rivedere il marito. Giunta ad Atene, un ordine di Antonio le proib� di proseguire il viaggio, e lei, spediti i soldati al consorte, dovette ritornarsene a Roma.

Da Nicopoli Antonio marci� su Artassata e, invitato nel suo campo il re d'Armenia. gli riusc� di mettere le mani su di lui e farlo prigioniero. Gli Armeni per� non si sbigottirono all'annunzio che il loro sovrano era stato catturato e, raccoltisi sotto Artasse, figlio del re, cercarono di contrastare il passo all''invasore.
Le legioni del triumviro ebbero ragione della resistenza degli Armeni. Astasse, venuto a battaglia con Antonio, fu sconfitto e dovette abbandonare il regno e cercare ospitalit� presso la corte di Fraate, re dei Parti. L'Armenia cadde allora tutta in potere di Antonio, il quale lasciatevi a presidiarla alcune legioni, fece ritorno in Egitto, portandosi dietro il re prigioniero, onde celebrare il suo trionfo ad Alessandria, alla maniera romana davanti alla sua amata. Quindi spartisce le province asiatiche come di cose di sua propriet� con Cleopatra e i suoi quattro figli; di cui tre avuti in questi vari "soggiorni" del bell' Antonio. Che non si considera pi� un magistrato della repubblica, ma un sovrano.

Lo scopo a cui tende Antonio � chiarissimo: egli vuole in Oriente un grande impero, formato dalla federazione di parecchie monarchie rette da membri di una stessa famiglia, quella di Cleopatra, che � poi la sua. Dall'Oriente poi egli muover� verso Occidente, si sbarazzer� di Ottaviano, dar� il colpo di grazia alla repubblica e diventer� il padrone del mondo.
A questo grandioso progetto sono infatti informati i suoi atti segreti come vedremo pi� avanti. A Cleopatra d� il titolo di Regina dei Re e a suo figlio maggiore Cesarione (avuto da Cesare) quello di Re dei Re, ad entrambi conferisce la sovranit� sull'Egitto, sulla Celesiria, su Cipro, sulla Cilicia e su Creta. Non manca, naturalmente, di assegnare domini ai tre figli avuti dalla sua amante: ad Alessandro d� l'Armenia e altri territori non ancora occupati, a Tolomeo Filadelfo la Siria e l'Asia Minore, alla piccola Cleopatra, l'ultima nata, detta Luna, la Cirenaica.

Nel 33 a.C. queste notizie raggiungono Roma, togliendo a Ottaviano ogni dubbio sulle intenzioni che ha Antonio. Appoggiandosi alla maggior parte dei senatori, cavalieri e nobili, il triumviro accusa Antonio di aver tradito lo spirito e i costumi romani a favore di quelli orientali, di aver condotto una fallimentare politica militare in Asia, di comportarsi come un signore assoluto e di distribuire illegalmente ai suoi famigliari i territori orientali.
Con Antonio, Ottaviano ha combattuto insieme, ha diviso il governo dello Stato, ha sterro vincoli di parentela, ha firmato trattati, ma Ottaviano non ha dimenticato che Antonio � stato colui che gli ha rubato il patrimonio ereditato da Cesare; colui che lo costrinse a gettarsi in braccio al Senato; Ottaviano non dimentica che Antonio ha gettato nel dolore Ottavia, umiliandola ed offendendola con una tresca che tutti conoscono: Egli sa che, prima o poi, il conflitto tra lui ed Antonio scoppier�, e si � venuto preparando alla grande contesa.

I saggi provvedimenti adottati per lenire la miseria gli hanno procurato la popolarit� in Italia, la distribuzione di terre nella penisola e nella Gallia gli ha assicurata la devozione dei soldati, la pace e la sicurezza pubblica che ha dato all'Italia hanno accresciuto il suo prestigio.

La condotta ignominiosa di Antonio gli fornisce un'arma potentissima, della quale egli non trascura di servirsi per abbattere il suo avversario. Ora Ottaviano si atteggia a difensore di Roma, di quella Roma che Antonio vuole -secondo le dicerie che su tutta Roma girano- regalare a Cleopatra, di quella Roma alla quale Antonio vuol sostituire Alessandria.
Egli accusa pubblicamente il rivale di aver celebrato in Egitto il trionfo, di aver lasciata la toga romana per la porpora orientale, di aver negletti i costumi nazionali per quelli d'Africa e d'Asia, di essersi arrogato il diritto di conferire titoli e regalare le terre conquistate dai soldati della repubblica.

Antonio ha a Roma non pochi partigiani, specie nel Senato, e i suoi fautori sono i due consoli, Domizio Enobarbo e Cajo Sosio. Tentano questi di difenderlo e riescono a vietare che venga data lettura della lettera con la quale Antonio chiede la sanzione all'assetto da lui dato all'Asia. Dal canto suo Ottaviano proibisce che sia letta la relazione sulla conquista dell'Armenia.

La lotta � ormai palesemente iniziata n� entrambi possono pi� tornare indietro.

Preparando l'Oriente contro l'Occidente, Antonio si schiera fatalmente contro Ottaviano. E Ottaviano fatalmente � costretto a schierarsi contro Antonio.
I consoli e i senatori che parteggiano per Antonio abbandonano Roma e si recano in Oriente proprio quando dall'Oriente giunge a Roma la lettera con la quale Antonio ripudia Ottavia.
Allora Ottaviano si vendica clamorosamente rendendo di pubblica ragione non solo la spregevole missiva, ma anche il testamento di Antonio, depositato nel tempio di Vesta, che si � procurato per mezzo di Munazio Planco e Marco Tizio.

Il testamento � la conferma delle accuse mosse da Ottaviano al triumviro. In esso Antonio dichiara che Cesarione � figlio naturale di Cesare, nomina suoi eredi i figli avuti da Cleopatra ed ordina che lo seppelliscano in Alessandria, accanto alla regina.
Il testamento viene letto al Senato, al popolo e muove a sdegno la cittadinanza.
Il Senato toglie ad Antonio il consolato assegnatogli per l'anno appresso ( 31 a. C.), la potest� triumvirale e dichiara guerra a Cleopatra per non dar l'impressione di una ripresa delle guerre civili, dichiarandola ad Antonio.

Saeva anche Antonio che si doveva giungere ad un conflitto armato ed aveva cominciato a prepararsi fin dall'anno prima ( 33 a.C.). Dichiarata la guerra, il ritmo dei preparativi fu accelerato. Al re di Media, alla cui figlia Jotape Antonio aveva promesso si sposare il proprio figlio Alessandro, vennero chieste truppe , altre truppe furono domandate a principi amici dell'Asia e della Tracia, e fu messo insieme un esercito che, secondo Plutarco, assommava a centomila fanti e dodicimila cavalieri.
Nello stesso tempo si diede mano alla costruzione di nuove navi da battaglia di grandi dimensioni, avendo le piccole dato cattiva prova nella giornata di Nauloco.
Durarono i preparativi alcuni mesi. Nella primavera del 32 a.C. Antonio e Cleopatra erano gi� pronti per la guerra e disponevano di circa cinquecento navi da battaglia e di quasi trecento onerarie da trasporto.
Se avessero allora iniziate le operazioni belliche avrebbero ben presto avuto ragione di Ottaviano che non aveva ancora terminati i suoi preparativi anche perch� ostacolato da una sommossa; ma Antonio e Cleopatra non seppero approfittare dell'occasione, sciuparono un tempo prezioso fra divertimenti ad Atene e in altre citt� e, venuto l'inverno. lasciarono le truppe nei loro quartieri della costa ionica e adriatica e si ritirarono a Patro (Patrasso) dando cos� agio al loro nemico di compiere i necessari preparativi.
Il primo gennaio del 31 a.C. Ottaviano assunse per la terza volta il consolato assieme con Valerio Messalla Corvino. Egli usciva proprio allora da una situazione abbastanza grave. Per sopperire alle spese della guerra aveva dovuto, suo malgrado, imporre una tassa straordinaria, che aveva provocato un malcontento vivissimo tra i proprietari e in special modo tra i liberti che la nuova imposta veniva pi� degli altri a danneggiare. Insurrezioni erano scoppiate a Roma e in vari punti della penisola, mentre il figlio di Lepido cercava con ogni mezzo di render pi� grave l'agitazione e gli emissari di Antonio tentavano col denaro di comprare i legionari.

Il triumvirato era morto e, risorta la repubblica consolare ci si preparava ascrivere con le armi ancora una pagina della sua storia, l'ultima.
Ottaviano volle mostrare al popolo che alla guerra preferiva la pace e invi� ad Antonio ambasciatori proponendogli un convegno allo scopo di risolvere pacificamente la contesa. IL nipote di Cesare si aspettava un rifiuto e un rifiuto fu la risposta che l'amante di Cleopatra diede.
Non c'era da fare altro che affidare la soluzione alle armi, e ci� era quello che desiderava Ottaviano. 

PROSEGUI CON L'ANNO  31 - 30 a. C.

 * LA BATTAGLIA DI AZIO
* CLEOPATRA E MARC'ANTONIO - * OTTAVIANO IN EGITTO
* MORTE DI MARC'ANTONIO E SUICIDIO DI CLEOPATRA
* IL MEDITERRANEO "MARE NOSTRUM"

Fonti: 
PAOLO GIUDICI - STORIA D'ITALIA 
APPIANO - BELL. CIV. STORIA ROMANA
CASSIO DIONE - STORIA ROMANA 
PLUTARCO - VITA DI BRUTO 
SVETONIO - VITE DEI CESARI 
SPINOSA - GIULIO CESARE
UTET - CRONOLOGIA UNIVERSALE
I. CAZZANIGA , ST. LETT. LATINA, 
+ BIBLIOTECA DELL'AUTORE 


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