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( QUI TUTTI I RIASSUNTI )  RIASSUNTO ANNO 1917 (2)

CAMPAGNA INVERNALE - LA LUNGA RELAZIONE DI CADORNA

IL GENERALE NIVELLE IN ITALIA - UNA RELAZIONE DEL COMANDO SUPREMO SULLA SECONDA CAMPAGNA INVERNALE: SISTEMAZIONE DIFENSIVA; I RICOVERI INVERNALI; IL SERVIZIO DEI TRASPORTI; LE COMUNICAZIONI; L'ALIMENTAZIONE DELLE TRUPPE; L'ORGANIZZAZIONE SANITARIA; IL SERVIZIO POSTELEGRAFONICO; LE OPERAZIONI DI GUERRA; AUSPICIO DI VITTORIA
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IL GEN. NIVELLE (FRANCIA) IN ITALIA
LA RELAZIONE DELLA CAMPAGNA INVERNALE (COMUNICATO STEFANI)

All'inizio del 1917 l'attività di guerra era al fronte talmente ridotta che il Sovrano -l'abbiamo già accennato nel precedente capitolo - poté recarsi a Roma a passarvi, dal 10 al 25 gennaio, i suoi quindici giorni di licenza. Tornato al Quartiere Generale, ricevette nei primi giorni di febbraio, il generale NIVELLE, comandante in capo dell'esercito francese. In quell'occasione furono stabiliti accordi sia, in vista di una violazione della neutralità svizzera da parte degli Imperi centrali nell'eventualità di una grande offensiva contro l'Italia, sia per l'organizzazione delle offensive, che tra l'aprile e il maggio dovevano essere sferrate quasi simultaneamente con quelle franco-inglesi secondo le deliberazioni prese dall'Intesa a Chantilly nel novembre del 1916.

L'attività, sia sul fronte italiano come in quello austriaco si era ridotta, ma mai spenta del tutto; ma nel febbraio su quello austriaco l'attività si era notevolmente accresciuta specie intorno a Gorizia.

Riferiva un comunicato della Stefani in data del 17 febbraio:

"Già nell'ultima decade di gennaio, gli Austriaci avevano eseguito speciali preparazioni di fuoco d'artiglieria e tentativi d'irruzioni contro le nostre linee ad oriente di Gorizia, com'ebbero a segnalare i nostri bollettini del 23, 24 e 30 gennaio. Ma ogni loro sforzo era riuscito vano. Uguale infelice esito ebbero nuovi tentativi effettuati nella prima decade di febbraio menzionati nei bollettini di guerra del 1°, 3 e 6 di questo mese. Ciò è bene ricordare come prova che la più recente azione era, stata da lungo tempo e con gran cura preparata e preceduta da piccoli assaggi diretti a costatare il nostro grado di resistenza nei diversi tratti del fronte. Fu nella notte del 10 febbraio che il vero attacco austriaco si scatenò in tutta la sua violenza. Dopo intensi e prolungati bombardamenti che distrussero in più punti le nostre linee, forti reparti di fanteria nemica furono lanciati all'assalto in tre direzioni, e cioè contro le pendici occidentali di Santa Caterina, da quota 343 a quota 166, a nord-ovest di San Marco, contro il nostro saliente detto "Casa dei due pini" ad est della Vertoibizza, nei pressi delle alture di quota 102. In tutti i tre punti, dopo mischie accanite, le fanterie nemiche riuscirono ad occupare tratti di nostri trinceramenti. Nostri immediati contrattacchi non riuscirono a sloggiare del tutto l'avversario.

La giornata dell'11 passò in violente azioni delle opposte artiglierie. Nella notte del 12 poi, e nel mattino di questa giornata, le nostre fanterie con insistenti e tenaci attacchi riuscivano a riconquistare tutte le perdute posizioni prendendo al nemico più di 200 prigionieri e infliggendogli gravissime perdite, specialmente nel corso degli ostinati contrattacchi lanciati dall'avversario.
Così, alla sera del 12, nessun tratto delle nostre linee precedenti era rimasto nelle mani del nemico. Questo doveva rassegnarsi definitivamente allo scacco; e all'infuori di piccoli tentativi fatti nelle notti del 14 e del 15 non dava altri segni d'attività. L'azione ha dunque costituito nel suo complesso, e soprattutto nei suoi risultati definitivi, un completo e grave scacco per il nemico, poiché il momentaneo possesso di taluni brevi tratti del nostro fronte, e l'inevitabile cattura di prigionieri e di qualche mitragliatrice, sono stati dal nemico scontati con perdite assai gravi.

D'altra parte, la lunga, accurata e metodica preparazione iniziata sul finire di gennaio, l'importanza degli attacchi per sperpero di fuoco d'artiglieria e per entità di truppe impegnate, l'ostinazione dei sanguinosi contrattacchi, mostrano l'importanza che il Comando nemico attribuiva al tentativo, il quale nonostante ogni sforzo deve senza esitazione alcuna, giudicarsi completamente e assolutamente fallito".

Né queste intorno a Gorizia erano le sole azioni attestanti il risveglio bellico sul fronte italiano. Così - ripartendo dal 17 febbraio- il comunicato Stefani a fine marzo, così proseguiva:

"Il 17 febbraio erano segnalati piccoli scontri a noi favorevoli al passo di Lagoscuro (Valcamonica), a sud-ovest di Daone (Val Chiese), a nord di Laghi (torrente Zara-Posina), nei pressi di Scurelle (torrente Maso-Brenta), sulle pendici settentrionali del Colbricon e nell'Alto Degano. Il 18 febbraio altri scontri, terminati con nostro successo, avvennero al passo di Cavento, nei pressi della Forcellina di Montozzo, in Vallarsa, alle testate del Posina e del Rio Felizon. La notte del 19 febbraio, sull'altipiano d'Asiago, un reparto nemico, irrompendo da gallerie scavate nelle neve, penetrò in un nostro trinceramento presso Casera Zebio Pastorale, ma, dopo violenta mischia a corpo a corpo, fu ricacciato con sensibili perdite.
La notte del 20 nuovi tentativi di irruzione nemica contro le nostre linee sulla sinistra de torrente Mar furono respinti e allo stesso modo la notte del 21 nei confronti di nuclei nemici che tentavano di irrompere nelle nostre linee del Monte Zebio.
Sorte migliore non ebbero altri tentativi nemici fatti qualche giorno dopo contro le nostre posizioni di Zugna, fra Strigno e Spera, sulle pendici di Monte Cadini, ad oriente del torrente Vertoibizza e ad est di Sober.
Il nemico si accaniva però sempre nei tentativi d'irruzione, nonostante gli scacchi subiti. E questi scacchi si ripetevano il 24 a Monte Mosciagh e sul Pal Grande, il 25 a Studena Bassa, sul torrente Pontebbana, il 26 al Colbricon, a Navagiust, a Vertoiba e sullo Sleme, il 27 presso la Vertoibizza e il 29 ancora al Monte Mosciagh e a nord di Sober. Coronate da successo erano invece le irruzioni effettuate dalle nostre truppe il 24 febbraio ad est di Vertoiba, il 26 sulle pendici settentrionali del San Marco, il 27 a Bosco Malo e il 3 marzo presso Tivoli.

"Il 4 marzo, nelle ore pomeridiane, dopo intenso fuoco d'artiglieria, forti reparti nemici attaccarono le nostre posizioni ad est di Vertoiba; ma furono nettamente respinti con gravi perdite. Nuclei del 94° Fanteria irruppero al contrattacco e dispersero il nemico, catturandogli prigionieri. Lo stesso giorno 4, alla testata della Valle di San Pellegrino, un brillante attacco delle nostre truppe ci diede il possesso di una forte posizione ad oltre 2700 metri d'altezza nel massiccio di Costabella, che invano il nemico con due attacchi sferrati la notte del 5 e uno la notte del 6, cercò di riprenderci.
La mattina del 6 marzo, nostri nuclei irruppero nelle linee nemiche di Monte Mosciagh sconvolgendole. Nel settore di Monte Sief (Alto Cordevole) il nemico scavava da qualche tempo una galleria di mina verso le nostre posizioni. Fu da noi preparata una contromina che fu fatta saltare all'alba del 6. La galleria scavata dal nemico rimase in parte distrutta; una sua posizione avanzata saltò in aria, seppellendo i difensori. Malgrado il violento fuoco d'interdizione delle artiglierie avversarie, i nostri fanti occupavano il cratere prodotto dall'esplosione e un reparto di nostri arditi giungeva all'imbocco della galleria nemica e la devastava.

"Piccoli scontri a noi favorevoli si ebbero il 7 e l'8 marzo nella Valsugana, nell'alto Boite, nella valle di Segten, sull'altopiano d'Asiago e sul Carso. In Val Travignolo, la notte del 9, durante una forte tormenta, un reparto nemico riuscì ad irrompere in una nostra posizione avanzata sulle pendici meridionali di Cima Bocche, ma fu subito respinto da un nostro contrattacco.
Il giorno dopo, sul Carso, un tentativo nemico d'irruzione contro le nostre linee di quota 144 fu presto respinto e sorte eguale ebbero il mattino dell'11 due attacchi austriaci, uno contro le nostre posizioni della valletta di Vai, a nord-est di Lenzumo, e l'altro contro le nostre linee presso Paneveggio.

Il 13 marzo, sul Carso, un nostro reparto del 117° Fanteria, con ardita azione di sorpresa, irruppe nelle linee nemiche a sud-ovest di Lucatic, ne sconvolse le difese, incendiò i ricoveri e prese molti prigionieri e una mitragliatrice. Il nemico tentò poco dopo un contrattacco, ma fu sopraffatto e disperso. Alla testata del Cismon, la notte del 14 un tentativo avversario d'irruzione contro le nostre linee sulla seconda cima del Colbricon fu prontamente represso. La notte successiva, un reparto nemico irruppe di sorpresa in un nostro trinceramento nella zona di Monte Forno, ma fu subito ricacciato.
Scontri di fanteria avvennero il 16 a Serravalle, sulle pendici del Sief e a Studena Bassa, il 17 sul margine settentrionale del Carso e alla testata della Valletta di Coalba; il 18 a Palliova, presso Vertoiba in Valle Giumella; il 19 sulle pendici di Dosso Casina e sul Carso; il 20 sul massiccio di Costabella; il 21 sul monte Sief, sul Monte Croce e presso Sober; il 23 in Valsugana e a sud di Costagnevizza; il 24 sul Sief, alla testata di Val Visdende e nel settore di Lucati, sul Carso; il 25 ancora sul Sief; il 26 alla sinistra del torrente Maso, a quota 126 sul Carso settentrionale e a Dosso, Faiti; il 27 nell'alto But, presso S. Pietro di Gorizia e nella zona di Lucati; il 28 in Valle Lagarina, in Valsugana e sulla quota carsica 144. In tutti questi scontri, alcuni dei quali furono vivacissimi, il nemico ebbe forte perdite
Nella notte sul 30 marzo, dopo una prolungata e violenta preparazione di artiglieria, il nemico assalì le nostre posizioni sul Faiti; fu annientato dalle nostre mitragliatrici. Successive ondate d'assalto s'infransero contro la salda resistenza dei nostri".

LA RELAZIONE DI CADORNA (DI LOGISTICA)

Negli ultimi giorni di marzo il generale CADORNA si trovava a Roma. Sotto il suo controllo, il 23 marzo, fu diramata dalla capitale una lunga Relazione del Comando Supremo, sulla seconda campagna invernale, non difforme dai comunicati della Stefani, ma che noi qui ugualmente riportiamo quasi integralmente, perché contengono altri interessanti particolari e alcune considerazioni:

"L'esperienza della passata campagna invernale aveva fornito al nostro esercito larga messe di preziosi ammaestramenti che dovevano facilitarne l'organizzazione e la condotta logistica per il secondo inverno. Ma tale vantaggio fu largamente superato dalle maggiori difficoltà inerenti all'aumentata mole dell'esercito stesso, al più completo sviluppo dei suoi organismi tecnici e sopratutto poi ai maggiori rigori di clima che caratterizzarono l'aspro inverno appena terminato. Il numero dei giorni di precipitazione nevosa, in meno di quattro mesi, fu di circa 50, pari cioè alla frequenza media annua per la zona alpina; l'altezza del mantello di neve in molti luoghi raggiunse i 5 metri, in altri superò i 10 metri; le temperature persistentemente basse, toccarono in qualche zona montuosa più elevata i 28 gradi sotto zero. Conseguenza immediata e più grave di tale eccezionalità meteorica fu la caduta di molte e soventi rovinose valanghe, per le quali resteranno tristamente memorabili le giornate del 13 dicembre 1916, del 10 e 16 gennaio 1917. Il 13 dicembre, ad esempio, furono segnalate non meno di 105 valanghe: in una di queste, al Cauriol (alto Vanoi) slittarono oltre a due milioni di metri cubi di neve; circa due milioni e mezzo in un'altra valanga in valle Osanna (Monte Baldo) e non meno di sei milioni in una terza in valle Costeana (alto Boite). Fortunatamente, gli studi compiuti dall'ufficio meteorologico del Comando Supremo avevano permesso di accertare una correlazione diretta esistente tra una speciale situazione isobarica nell'Europa occidentale e mediterranea, e l'intensificarsi delle valanghe sulle Alpi. Fu così possibile di stabilire un servizio di preavvisi telegrafici urgentissimi alle truppe, che, insieme alle istruzioni ripetutamente e in larga misura diffuse intorno alle precauzioni da usarsi di fronte al pericolo delle valanghe, contribuirono non poco ad attenuare le conseguenze del rovinoso fenomeno. Vi concorse validamente il Club Alpino con la sua vasta esperienza, dimostratasi preziosa per la volgarizzazione delle misure precauzionali.

"La prima necessità che s'impose all'attenzione del Comando Supremo e delle autorità militari, per il periodo invernale, fu quella dello sviluppo e del completamento della sistemazione difensiva lungo tutta la frontiera e specialmente poi nel tratto meridionale del fronte Giulia, ove, per i notevoli sbalzi offensivi compiuti, le nostre linee avevano maggiormente progredito in territorio nemico. Una forte sistemazione a difesa, con il consentire sensibili diminuzioni dei presidi di prima linea, avrebbe invero permesso di ridurre notevolmente il numero delle truppe esposte ai rigori del clima e ai disagi delle trincee. I criteri, cui fu informata l'organizzazione difensiva, furono una prima linea quanto possibile mobile, allo scopo di riuscire - mediante approcci, improvvisi sbalzi e piccole rettifiche - a migliorare l'ubicazione del nostro fronte come a mantenere vivo nelle truppe lo spirito aggressivo; successive linee di multipli trinceramenti, rafforzate da capisaldi e da ridotti e costituenti nel loro complesso una profonda barriera, sicuro appoggio contro gli attacchi nemici, come solida base di partenza per ulteriori offensive, acconcia sistemazione delle masse di artiglieria e di bombarde, al fine di assicurare - grazie il razionale schieramento di esse, e con l'adatta postazione di ricoveri, riservette, osservatori ecc. - una ben coordinata, agile ed efficace esecuzione del tiro; infine, una fitta rete di camminamenti, che permettessero di circolare tra le linee con una relativa sicurezza.

"È facile comprendere l'enorme mole di lavoro imposta da siffatta organizzazione, specialmente in terreni montani, sovente di nuda roccia, per i quali fu necessario ricorrere all'ausilio delle macchine. Né bastò l'opera di costruzione; perché le frequenti ed abbondanti nevicate, col colmare ovunque i trinceramenti, col seppellire le siepi di fil di ferro, imposero un incessante lavoro di sgombero, la posa di reticolati speditivi, e talvolta anche la rettifica di tratti di fronte per sfuggire alle insidie delle valanghe. Alla poderosa opera di rafforzamento concorsero, oltre le truppe combattenti, anche numerose centurie di lavoratori, costituito con elementi meno idonei alle fatiche di guerra, reparti di milizia territoriale ed anche squadre di operai borghesi: tutti gareggiando pur fra gli strapazzi delle intemperie e i pericoli del fuoco nemico, in attività e resistenza alle fatiche, accompagnate da quella serenità e buon umore che sono caratteristiche dei nostri lavoratori.

"Strettamente connesso al problema della sistemazione difensiva del fronte fu quello del ricovero delle truppe; arduo e vasto problema in considerazione dei rigori della stagione invernale, dell'aumentata mole dell'esercito, della limitata disponibilità di accantonamenti nella regione alpina. Ci si provvide in base al criterio di fare progressivamente prevalere le esigenze di comodità a quelle di sicurezza negli alloggiamenti, in ragione diretta della distanza di essi dal fronte verso il tergo e stabilendo poi un'opportuna rotazione delle unità tra la prima linea e le successive, in modo che a tutte fosse concesso di godere egualmente di periodi di ristoro. Le trincee generalmente scoperte, per non offrire facile bersaglio alle artiglierie nemiche, furono però provviste di ricoveri contro le intemperie e risanate finché possibile dall'umidità. Più a tergo, gli alloggiamenti per i rincalzi furono adattati in caverne naturali o appositamente scavate nella roccia, ovvero in ricoveri blindati. Le riserve trovarono posto in costruzioni in legname o in cemento, sottratte alle offese delle artiglierie nemiche e provviste di maggiori risorse. Per le truppe a riposo, infine, furono utilizzati gli accantonamenti, dove esistevano, e ricostruiti quelli danneggiati, ovvero creati veri villaggi di baraccamenti, ben riscaldati, illuminati elettricamente, arredati con lettini in ferro o in legname, provvisti. di lavanderia, bagni, stabilimenti di disinfezione d'indumenti, stazioni di pompieri ecc.

"Là dove si ritenne necessario per la rigida temperatura, i baraccamenti furono costruiti a doppia parete, con interposizione di materie coibenti, e protette dal pericolo delle valanghe mediante robusti frangi-valanghe, ovvero raccordando il tetto con le pendici della montagna in modo da favorire lo scivolamento delle nevi. La costruzione di così ingente numero di ricoveri impose vasti provvedimenti per la produzione e l'incetta dei materiali occorrenti. Ciò si ottenne mediante una vasta organizzazione a carattere industriale diretta allo sfruttamento delle risorse locali o ad acquisti nei mercati più convenienti. Fu anche provveduto all'impianto di segherie, fornaci, fabbriche di cementi, laboratori e officine di vario genere, in parte alimentate da energia elettrica. Il personale occorrente per tali stabilimenti fu di preferenza tratto dai militari inabili alle fatiche di guerra ma pratici dei vari mestieri. Il lavoro dei baraccamenti richiese solo l'impiego di più che 300.000 metri cubi di legname e di 20.000 tonnellate di materiali metallici vari; furono allestiti lettini di ferro o legno per circa 1.000.000 di posti, fornite 20.000 stufe, 6 milioni di metri quadrati tra stuoie, cartoni catramati, feltri coibenti, lastre eternit, lamiere zigate ecc.

"L'ingente movimento di tali materiali, mentre s'intensificavano i rifornimenti intesi a provvedere alla vita e al benessere delle truppe, sarebbe riuscito impossibile senza una preventiva, vasta e oculata organizzazione dei mezzi di trasporto. Per cominciare dal servizio ferroviario, questo, pur subendo una diminuzioni durante l'inverno, raggiunse un massimo di attività mai avutosi dall'inizio della guerra. Complessivamente nel periodo di tempo considerato, le linee del Veneto furono percorse da circa 34.000 treni militari, oltre a tutti i treni viaggiatori e di merci per il pubblico. Il trasporto della legna da ardere, dei legnami da costruzioni, dei materiali di rafforzamento c dei quadrupedi impegnò da solo 110.000 veicoli ferroviari. L'invio dei militari in licenza richiese l'uso continuativo di 2000 veicoli con i quali, nel giro di alcune settimane oltre un milione di militari furono ordinatamente e senza inciampi restituiti per breve tempo alle famiglie e riportati poi in zona di guerra. Tutto ciò mentre più grave si faceva sentire la crisi del combustibile fossile.

"All'ottimo risultato contribuiva il tempestivo sviluppo dato all'organismo ferroviario, la costruzione di alcune centinaia di chilometri di nuovi binari di corsa, di raccordo e di raddoppio, l'impianto di qualche dozzina di chilometri di nuovi piani caricatori e di migliaia di scambi, l'ampliamento e costruzione di alcune centinaia di stazioni, il sollecito approvvigionamento di ingenti quantità di lignite. S'intensificò anche l'organizzazione dei trasporti per via acqua con l'allargare e approfondire l'alveo dei canali che solcano la pianura veneta, sì da renderli ovunque percorribili da natanti della portata di 600 tonnellate. Furono anche costruiti nuovi canali, allo scopo di completare e sviluppare la navigazione del Po, l'Adige, il Tagliamento, le lagune e l'Isonzo. Infine fu migliorata la navigabilità di alcuni fiumi e furono costruiti raccordi fra le stazioni ferroviarie e quelle d'acqua. Nel mese di ottobre, a regime idrometrico normale, fu raggiunto il massimo rendimento mensile di circa 50.000 tonnellate.

"Per cura delle intendenze di armata si diede il maggiore impulso ai trasporti con le ferrovie Decauville: in complesso una rete di alcune centinaia di chilometri, giungente con i suoi tronchi pressoché a contatto con le truppe. Sulla rete di una sola armata circolarono normalmente 38 locomotive e 1400 vagoni, che in pochi mesi trasportarono 144.000 tonnellate di materiali. Larghissimo si mantenne anche l'impiego degli autocarri, che nella presente campagna tanti servizi utili resero, grazie all'opportuna adozione di mezzi antisdrucciolevoli, di mantelli coibenti atti a impedir il congelamento dell'acqua nei radiatori, di grembiuli di tela, impermeabile per riparare i conduttori dalla neve e dalla pioggia. La maggiori avarie cui tali mezzi di trazione vanno normalmente soggetti nell'inverno, resero necessaria la sistemazione di nuove officine, laboratori di riparazione, ecc. Per i trasporti non aventi carattere d'urgenza si preferì invece il carreggio a trazione animale, servito dalle numerose squadre di treno ausiliario militare, assegnate a ciascuna armata.

"Là, dove le condizioni stradali o l'ingombro delle nevi non permisero il transito ai carri, si fece largo uso di salmerie e, ancora più di slitte di cui furono adoperati con ottimo successo un tipo grande a trazione animale della portata di tre quintali, e un tipo a mano per trasporti di piccolo peso. Ma il mezzo più sicuro e rapido di rifornimento nelle zone montuose impervie o attraverso gli sbocchi fluviali, furono le teleferiche adottate in larga scala e che riuscirono preziose là dove la grande quantità di materiali da inviare alle truppe, i forti dislivelli delle nevi avrebbero creato serie preoccupazioni per i rifornimenti.

"Infine è da ricordare il largo aiuto dato ai trasporti ordinari in alta montagna dai cani da guerra, dimostratisi assai resistenti al freddo, capaci di trainare in pariglia, con qualunque tempo, anche in mezzo alla tormenta, una slitta con carichi da 70 a 80 chilogrammi.
Un così intenso movimento di trasporti non sarebbe stato possibile senza disporre di una rete stradale quale nessuna regione montuosa normalmente possiede. Di qui la necessità di grandiosi lavori per costruire nuove strade, per accrescere la larghezza di quelle esistenti, per irrobustirne la massicciata, creandola dove mancante. Oggi l'esercito in pieno territorio alpino dispone di una rete di comunicazioni, ricca, ben orientata per lo svolgimento delle operazioni, ma che richiede un incessante ed intenso lavoro per la sua manutenzione. Un'organizzazione speciale, imposta dalla stagione invernale, fu quella diretta allo scopo di mantenere sgombre le comunicazioni da neve: condizione questa essenziale per assicurare la vita alle truppe. Le strade furono allo scopo ripartite in camionabili, che dovevano essere sempre e completamente sgombre, e in slittabili, sulle quali si lasciava un conveniente strato di neve. Per la migliore esecuzione del lavoro, la rete stradale fu suddivisa a reparti affidati ad ufficiali o assimilati del Genio Civile. Ogni reparto comprendeva un certo numero di stazioni spartineve, con operai, dotazioni di attrezzi da lavoro, quadrupedi e conducenti.

"Nelle zone montuose più elevate, allo sgombero delle nevi si preferì lo scavo di gallerie, lavoro veramente grandioso e che dava alla zona alpina l'aspetto quasi di paesaggio polare. Queste gallerie che misurarono per tutto il fronte la lunghezza di centinaia di chilometri, furono tenute larghe ed alte due metri, sì da permettere comodamente il transito alle salmerie. Esse, oltre a risparmiare il lavoro di sgombero delle nuove nevi, assicurarono la continuità del transito anche in caso di tormenta o di venti violenti. In qualche punto, più pericoloso per frane o valanghe, furono addirittura scavate gallerie nella viva roccia, come attorno al Corno della Vecchia nella Conca d'Arno (Valcamonica). Infine è meritevole di ricordo la preziosa opera compiuta dai nostri sciatori che in condizioni meteoriche talora assai difficili mantennero il collegamento con le località più elevate.

"Se in montagna l'ostacolo più grave alle comunicazioni fu dato dalle nevi, in pianura le abbondanti precipitazioni furono causa di piene e di inondazioni. Ma acconci provvedimenti, studiati ed attuati in tempo (impianti idrovori, costruzione di canali di scolo, rafforzamento degli argini, posti di guardia provvisti di idrometri, rapida trasmissione dei segnali d'allarme, ecc.), valsero a limitarne sensibilmente i dannosi effetti. Soprattutto poi la rete stradale si avvantaggiò in larga misura dell'accresciuto numero dei ponti, dei quali alcuni furono costruzioni grandiose, in palafitte, di lunghezza tale da assicurare gli accessi anche durante le piene. L'abbondanza dei passaggi sui frequenti fiumi che solcano la pianura veneta è oggi tale da potersi considerare svalutato l'ostacolo che i corsi d'acqua opporrebbero alle nostre operazioni come alla nostra attività logistica. L'imponenza che i movimenti per via ordinaria raggiunsero nel corso dell'inverno può essere dimostrata mediante i dati riferiti ad una sola delle principali stazioni di tappa nel medio Isonzo per la quale dall'ottobre al febbraio transitarono 17.000 ufficiali, 280.000 militari di truppa, 19.000 operai borghesi, 29.000 quadrupedi, 2500 carri.

"Il funzionamento del servizio di vettovagliamento durante l'inverno doveva assumere un carattere assai più complesso, a causa dei maggiori bisogni delle truppe cui soddisfare e delle accennate difficoltà nei trasporti. Vi si provvide essenzialmente con la costituzione di basi logistiche avanzate, spinte al limite estremo della rete stradale camionabile, provviste di abbondanti dotazioni di viveri, foraggi, combustibili ecc., di locali per sosta di uomini e quadrupedi, di rimesse per autoveicoli e slitte. Dai magazzini di sussistenza alle basi i trasporti si facevano con autocarri: dalle basi alle truppe mediante salmerie, slitte o teleferiche a seconda dei casi. Nelle zone più difficili furono inoltre costituiti presso le truppe depositi invernali che comprendevano sino a 90 razioni di viveri in parte ordinari in continua rinnovazione, in parte di riserva. Fu così che distaccamenti avanzati i quali, come si prevedeva, rimasero bloccati dalle navi per più di un mese, poterono vivere senza inconvenienti. La razione viveri fu tenuta abbondante per supplire al maggior consumo di calorie imposto dal freddo e dalle fatiche; si fece in essa larga parte alla carne congelata, si adottarono tipi di vino ad alta gradazione, capaci di resistere al congelamento; si distribuirono speciali generi di conforto alle truppe in trincea o dislocate a grande altezza: rhum, marsala, caffè ed anche tè. Grazie all'impiego di cucine mobili da campo, di thermos, di fornelli a spirito o a petrolio, di scaldarancio di ogni genere, si riuscì quasi sempre a dare al soldato due pasti caldi al giorno.

"Attenzioni speciali furono rivolte al rifornimento dell'acqua potabile, specialmente nelle zone più aride, quali l'Altopiano di Asiago e il Carso. La lunga esperienza precedentemente fatta, di trasportare l'acqua anche con mezzi celeri, quali autobotti, aveva dato risultati non favorevoli. Furono perciò costruiti appositi impianti per l'estrazione dell'acqua dal sottosuolo delle località più vicine e meglio provviste e per il sollevamento e trasporto di essa mediante condutture sino alle prime linee. Sul Carso sono così forniti giornalmente oltre tre milioni di litri di acqua Altri acquedotti funzionano per l'altopiano di Asiago, uno dei quali dispone di tre stazioni di sollevamento di 350 metri di prevalenza ciascuna. Tutti tali impianti sono messi in azione da motori elettrici. Quando l'acqua non può arrivare fino alle trincee fa capo ad alcuni depositi avanzati costituiti generalmente da vasche coperte; le truppe vi si riforniscono direttamente. Per il caso d'interruzione delle condutture, in conseguenza anche dei geli eccezionali, furono costituite dotazioni di mezzi mobili di riserva, colonne di autobotti o di salmerie, depositi di barili e di ghirbe.

"L'organizzazione sanitaria, igienica e profilattica delle truppe fu oggetto delle maggiori cure. Nel giusto intento di evitare finché possibile e specialmente nei terreni montuosi, trasporti di ammalati e feriti per vie difficili e in condizioni atmosferiche avverse, si diede maggiore sviluppo alle infermerie reggimentali o di reparti minori. Nei casi poi in cui il trasporto era ritenuto indispensabile e, in genere, nei terreni piani e facili, ammalati e feriti erano condotti ad appositi posti di smistamento e di lì, a seconda delle infermità o delle ferite, avviati ai vari ospedali che si sono ormai specializzati in base ai dati sperimentali della morbosità verificatasi in ciascuna armata dall'inizio della guerra. Per il trasporto degli infermi si usarono teleferiche, barelle-slitte, ambulanze-slitte, carri e autocarri attrezzati e treni ospedali. Di questi ultimi si ottenne di aumentare di un terzo la capacità, disponendo nelle vetture tre ordini di barelle anziché due. Per la profilassi delle malattie furono istituiti campi contumaciali, accresciuti di numero e di mezzi i gabinetti batteriologici, eseguite periodiche vaccinazioni, fatti frequenti esami delle acque potabili, combattuta la malaria, largheggiato nelle disinfezioni. Infine furono vigorosamente combattute le cause di congelamenti e specialmente l'umidità, curando la distribuzione di unguenti cautelativi, di tela impermeabile e carta oleata, con le quali avvolgere le estremità inferiori, e svolgendo frequenti istruzioni alle truppe circa il modo di prevenire e combattere i congelamenti.

"Fu anche ampliata e migliorata l'organizzazione dei convalescenziari, col vantaggio di economizzare negli sgomberi dalla zona di guerra in Paese e di ridare all'esercito sollecitamente il maggior numero di uomini guariti. I risultati ottenuti furono oltremodo soddisfacenti: la morbosità presso qualche Corpo d'Armata discese dall'1,5 % della forza; le epidemie furono ridotte al minimo. Ciò consentì la chiusura di alcuni ospedali di riserva, il congedamento temporaneo di un certo numero di ufficiali medici e l'invio ai reparti combattenti dei militari più giovani del personale infermiere. Né fu dimenticata l'assistenza alla popolazione civile nella zona di guerra, col risultato di migliorarne le condizioni igieniche e di soffocare principi di epidemie che avrebbero avuta inevitabile ripercussione nell'esercito.

"Al servizio sanitario concorsero con patriottico slancio e cristiana abnegazione le benemerite istituzioni della Croce Rossa e del Sovrano Militare Ordine di Malta, gareggiando nell'opera di soccorso ai feriti e ai malati come nel portare conforto alle prime linee. Assidue cure furono dedicate ai quadrupedi, per i quali si dispose prima di tutto lo sgombero dalla montagna al piano di quelli non strettamente necessari alle esigenze del servizio durante l'inverno. Per i rimasti, furono costruite baracche e tettoie e distribuite coperte; fu disposto per un conveniente turno nei lavori; si istituirono nuove infermerie, corsi per il personale di truppa, laboratori di ricerche per malattie; tra i quali quello di Brian-Caorle, per la ricerca della morva, riusciva a risolvere completamente i problemi inerenti alla diagnosi e alla terapia della grave malattia.
Speciale quanto benefica attività svolse in questo campo l'istituzione della Croce Azzurra, ponendo a servizio dell'esercito la sua ottima organizzazione.
Degli altri servizi, che funzionarono tutti regolarmente, merita speciale ricordo lo sviluppo dato alle comunicazioni telegrafiche e telefoniche, sulle quali si basa tanta parte dell'attività di un esercito. Basterà ricordare, ad esempio, che nella zona di una delle nostre armate esistono 5000 chilometri di linee telegrafiche, 2000 di linee telefoniche, oltre a 3000 chilometri di filo al servizio immediato dell'artiglieria: sono in distribuzione 3000 apparecchi telefonici e 200 centralini di varia capacità; in media vengono spediti 10.000 tra telegrammi e fonogrammi al giorno e almeno altrettante sono le conversazioni telefoniche.

"Preoccupazione principale per l'inverno fu quella di ridurre al minimo le interruzioni e di poter prontamente ovviarvi. Vennero allo scopo studiati nuovi tracciati che schivassero le località battute dalle valanghe, sotterrati i cavi, evitato l'ingombro di più fili su uno stesso percorso, raccordate le campate delle linee e accresciute la palificazione, aumentati i posti di guardiafili che furono provvisti di motocarrozzette, di sciatori ecc. Infine tra i comandi più importanti furono stabiliti collegamenti multipli e per vie differenti. Con soddisfacente regolarità funzionò anche il servizio postale, assicurando alle truppe un continuo conforto di affetti. In sussidio agli uffici di Corpo d'Armata e di Divisione furono istituiti ambulanti militari e sezioni postali. Ottimi risultati diede anche l'organizzazione presso qualche unità del servizio di posta volante: giornalmente, cioè, uno o due impiegati si recano ai corpi più avanzati per eseguire emissioni e pagamenti di vaglia e altre operazioni postali.

"Elemento indispensabile di buon successo nella guerra odierna è la perfetta conoscenza dei complessi atti che la costituiscono, dell'intricato meccanismo che la regola e, in particolare, del tecnicismo che la sussidia. Onde l'importanza della estensione delle truppe e soprattutto dei quadri. Ad entrambi si diede speciale impulso durante l'inverno. Numerosi poligoni furono destinati all'addestramento delle unità nelle esercitazioni d'attacco e di difesa, nei lavori di rafforzamento nei tiri a bersaglio col fucile e con le mitragliatrici, nell'impiego di numerosi mezzi sussidiari di offesa e di difesa. Vi intervennero a turno le truppe a riposo. Speciali corsi per gli ufficiali furono istituiti sul servizio pratico di Stato maggiore, sull'impiego delle bombarde, dei lanciabombe e delle mitragliatrici, sui lavori difensivi, sulle varie specializzazioni dell'artiglieria, sul servizio fotoelettrico, su quello degli sciatori ecc. Fu anche curata, mediante corsi di perfezionamento, l'istruzione teorica e pratica degli ufficiali più giovani. Né venne trascurata la sana e vigorosa preparazione morale delle truppe diretta a infondere in essa sentimenti di salda disciplina e a svilupparne le virtù guerriere. Tra i mezzi speciali allo scopo escogitati fu l'istituzione di Case del soldato che in date ore del giorno accoglievano in locali ben riscaldati i militari di truppa, confortandoli di sane letture e fornendo utili esercizi di svago ed educativi ad un tempo.

"Se le condizioni climatiche, combinate con l'asprezza ed altitudine del nostro teatro di guerra, non consentirono nel periodo invernale operazioni in grande stile, specialmente nella zona montuosa, non perciò restò paralizzata ogni attività militare. Si può dire anzi che lungo tutto il fronte, artiglierie e fanterie spiarono le occasioni propizie per ampliare i limiti della nostra occupazione e per disturbare l'avversario, infliggendogli perdite e danni. A sua volta il nemico tentò spesso d'irrompere contro le nostre linee per scacciarci da posizioni ad esso particolarmente moleste o per prenderci prigionieri a scopo d'informazioni.

"Sul fronte tridentino, operazioni di qualche importanza si svolsero alla testata della valle di San Pellegrino, nell'impervio massiccio di Costatella. Qui, il 4 marzo, un nostro reparto espugnò una forte posizione a oltre 2700 metri, prendendo 61 prigionieri, 1 cannone e 2 mitragliatrici. Nella notte del 17, con violento fuoco d'artiglieria l'avversario distruggeva le nostre difese sulla posizione, di cui occupava poi la parte più elevata. Ulteriori suoi attacchi, il giorno 20, erano nettamente respinti. Più a nord, si ebbero interessanti episodi di guerra di mine. Nel Sief (alto Cordevole), l'avversario aveva da tempo iniziato lavori di scavo allo scopo di far saltare alcune nostre posizioni. Determinata la direzione della galleria, i nostri prepararono una contromina che fu fatta brillare la notte sul 5 marzo, provocando lo scoppio prematuro della mina allestita dal nemico e la demolizione di parte delle sue linee. Anche nel massiccio del Lagazuoi, tra le testate del P. Andraz (Cordevole) e del R. Costeana (Boite), l'avversario tentò, il 14 gennaio di far brillare una mina sotto le nostre linee. Ma anche qui l'opportuna preparazione di una contromina deviò gli effetti dello scoppio a tutto danno del nemico, che soffrì non poche perdite. Fu sul fronte Giulia però e sopratutto nella zona di Gorizia, che l'attività guerresca ebbe maggiore sviluppo, consentitavi dalle più miti condizioni di clima.

"Già tra la fine di dicembre 1916 e i primi giorni del successivo febbraio si erano avute piccole fazioni ad oriente di Gorizia, con esito a noi favorevole. La sera del 9 febbraio, dopo un violento fuoco di artiglierie e di bombarde, il nemico lanciava tre attacchi quasi contemporanei sulle pendici delle alture di S. Caterina, di S. Marco e a sud est di S. Pietro, riuscendo ad occuparvi brevi tratti di trinceramenti. Nella notte del 12 e il mattino successivo le nostre fanterie, con insistenti e tenaci assalti, riconquistarono interamente tutte le posizioni, prendendo all'avversario più di 200 prigionieri e infliggendogli gravissime perdite. Successivi contrattacchi, tentati dall'avversario il 14, 15, 22 e 28 febbraio, furono tutti respinti. Uguale esito ebbero incursioni nemiche contro le nostre linee ad oriente di Vertoiba il 3 e il 6 marzo; prendemmo altri 32 prigionieri, tra i quali 2 ufficiali. Sul Carso furono invece le nostre fanterie che con piccoli colpi di mano riuscirono, tra la fine di dicembre e i primi di gennaio, a portare innanzi taluni tratti del nostro fronte, specialmente nel settore a nord della strada di Oppacchiasella a Castagnavizza e nelle vicinanze dell'altura 208 Sud. Il 18 gennaio l'avversario eseguiva violento prolungato fuoco di artiglieria contro le nostre linee nel settore settentrionale e specialmente sul bosco Faiti; indi tentava attacchi con nuclei di fanteria, che furono tutti respinti.

"Notevoli episodi di guerra aerea furono il bombardamento da parte di nostri aviatori di accampamenti nemici a Dorimberga e Comeno, il 20 dicembre; quello degl'impianti ferroviari e di baraccamenti in Rifemberga, S. Daniele e Cobdil; l'8 gennaio; il bombardamento della stazione di idrovolanti nemici sul molo di Trieste e del campo di aviazione in Prosecco; il 12 gennaio; quello del cantiere di S. Rocco, presso Muggia e della stazione ferroviaria di Opina l'11 febbraio.
Anche i dirigibili bombardarono: accampamenti nemici nei pressi di Comeno, la notte del 21 febbraio; il campo d'aviazione in Prosecco, nella successiva notte del 23; la stazione ferroviaria di Rifemberga, in quella del 26 febbraio; la stazione di Callano, nella notte del 19 marzo.
Non mancarono tentativi d'incursione da parte del nemico, dei quali c'inflissero qualche danno quelli su Aquileia, Monastero e C. Farello la notte del 12 gennaio, su Villa Vicentina e Cervignano, il 12 febbraio, su Gorizia il 13 marzo. In numerosi combattimenti aerei e per effetto del fuoco delle nostre artiglierie caddero dodici velivoli nemici. Noi ne perdemmo quattro".

Dopo un breve accenno alle operazioni guerresche delle nostre truppe in Albania e in Macedonia, di cui noi parleremo più distesamente più tardi, la relazione di CADORNA concludeva:

"La storia ricorda, ammirando, le piccole armate, quasi pugno di uomini rispetto alle odierne, che riuscirono a valicare le Alpi pur tra i rigori della fredda stagione: non ha esempio di un esercito poderoso, quasi un popolo in armi, accampato in pieno inverno nella zona alpina dalle eccelse solitudini dell'Adamello alle ghiacciate vette delle Dolomiti, ai nevosi dirupi del M. Nero, al Carso arido e disertato dalla bora. L'angoscioso problema di creare soddisfacenti condizioni di vita tra così grandi difficoltà di terreno, di stagioni e di nemico, pur con le molteplici esigenze imposte dalle abitudini della civiltà moderna e dal complicato meccanismo e tecnicismo degli eserciti, fu da noi compiutamente e felicemente risolto, in virtù di una capacità di organizzazione non inferiore a quella dei popoli più in fama, vivificato inoltre da quella genialità di improvvisazione, fertilità di ripieghi ed elasticità di adattamenti che sono qualità caratteristiche della nostra gente. Nel tempo stesso, nella forzata sosta delle operazioni militari, subentrava un intenso fervore di opere, un'attività di menti e di muscoli intesa ad accrescere l'efficienza del nostro organismo militare ed a consolidare, lungo tutto l'esteso ed aspro fronte, la nostra cerchia di difese, barriera insuperabile ad ogni urto del nemico, base di partenza per ulteriori nostre offensive.

E poiché nella guerra odierna le operazioni militari rappresentano il coronamento di lunghi periodi di assidua preparazione, di cui sul campo di battaglia si raccolgono poi i frutti, dall'alacre e feconda opera di rinnovamento di energie compiuta nel periodo invernale, il nostro esercito trae motivo di legittima fede e di sicuro auspicio di vittoria per il nuovo anno di guerra"
.

Ma prima di iniziare la cronaca delle operazioni di guerra del 1917, torniamo al dicembre del 1916, quando - a parte le già accennate trattative di pace degli Imperi Centrali con l'Intesa, respinte perchè ritenute una mossa propagandistica e solo per prendere tempo- interviene il Presidente degli Stati Uniti WILSON, con una nota inviata anche all'Italia, per mettere fine allo scempio della guerra.


... le proposte di WILSON, le risposte degli alleati > > >

Fonti, citazioni, testi, bibliografia
Prof. PAOLO GIUDICI - Storia d'Italia - (i 5 vol.) Nerbini 1930
TREVES - La guerra d'Italia nel 1915-1918 - Treves. Milano 1932
A. TOSTI - La guerra Italo-Austriaca, sommario storico, Alpes 1925
COMANDINI - L'Italia nei cento anni - Milano
STORIA D'ITALIA Cronologica 1815-1990 -De Agostini

CRONOLOGIA UNIVERSALE - Utet 
STORIA D'ITALIA, (i 14 vol.) Einaudi

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