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( QUI TUTTI I RIASSUNTI )  RIASSUNTO ANNI 1901-1903

il "foglio" "PRIMO MAGGIO"
INTERVIENE SULLE DICHIARAZIONI DI VITELLESCHI...

( < < che abbiamo riportato nelle pagine precedenti)

... sugli SCIOPERI e L'INTERVENTO DELLA CHIESA SUL SOCIALE

"Primo Maggio" fu un giornale a "foglio unico" pubblicato nella ricorrenza
della "Festa del lavoro" del 1901, a cura del Comitato operaio.
Fra i collaboratori Federico Maironi, amico personale di Filippo Turati.
Oltre al resto, in prima pagina, vi erano questi tre articoli......

Sciopero e Camera del Lavoro


"Le anime timorate sono in grande allarme. Da un po' di tempo non è lecito aprire un giornale, senza che fra le molte e svariate rubriche saltino prime agli occhi quelle che annunciano un nuovo sciopero.
Genova la superba fa scuola, e dietro la seguono migliaia e migliaia di lavoratori che, scosso il secolare torpore, reclamano finalmente con piena coscienza il proprio diritto.
E l'anima timorata si arresta innanzi al fenomeno, nè la sua gretta indagine si spinge più in là.
Ancora uno sciopero! Tale il commento misto di paura e di rabbia, e l'occhio avido di notizie non si sofferma a cercarne le origini, a seguirne lo svolgimento, ad apprezzarne lo scopo.
Eppure lo sciopero d'oggi è ben diverso da quelli passati. Non è la riunione anonima o quasi di gente che incrocia le braccia finché la fame o le male arti di qualche sgherro le distenda ed indirizzi all'atto violento; non è la riunione di torme impotenti, che, dopo breve resistenza passiva, chinano umiliate e deluse il collo al pristino giogo.

Muove nelle origini sue non solo dal bisogno, ma ancora da un alto sentimento di dignità umana; si svolge con mirabile esempio di educazione politica; si chiude con trattati di pace concliusi tra le parti da pari a pari, ed implicanti anzi tutto il riconoscimento delle istituzioni proletarie.
Genova dà in pochi minuti ventimila scioperanti in segno di protesta contro l'ignobile sopruso di un poliziotto asservito alla camarilla locale. Monza obbliga a chiudere tutti g1i stabilimenti per la tutela della libertà religiosa. Ambedue i movimenti rappresentano una conquista così grande come un tempo pareva follia sperare.
E dietro vengono altri ancora che segnano sempre nuove vittorie: in questi giorni si è deciso quello del personale di bordo a Genova coll'arbitrato del Governo, e si chiudono quelli delle risaiole del Bolognese, con trattati liberamente stipulati tra le commissioni padronali e quelle operaie.
Quale la ragione di questo generale e sano risveglio ?

Molte sono le ragioni: ma una fra tutte primeggia, che a Bergamo sembra non sia ancor troppo capita: l'unione dei lavoratori nelle Leghe, la unione delle Leghe nella Camera del Lavoro. E' perciò appunto che ognuno di questi rnovimenti segue o segna la costituzione di questo istituto destinato ad avere una importanza decisiva nei conflitti tra lavoratori e padroni.

Nè si dica che la Camera del Lavoro e sciopero siano due termini inscindibili. Come oggi le Camere del Lavoro disciplinano gli scioperi tramutandoli da riunioni tumultuarie ed acefale in feconde lotte civili, cosi verrà tempo che la Camera del Lavoro avrà tolto di mezzo la ragione dello sciopero.
Cresimate dalla esperienza, riconosciute nella pratica e nel diritto, esse interverranno nei conflitti tra capitale e lavoro strumento sicuro di pacificazione, e alle contestazioni tra padroni e lavoratori non perverranno le notizie a turbare i tranquilli ozii, più di quanto oggi non li turbino le notizie di vertenze insorte fra privati e privati.

Una volta si diceva che, fatta l'Italia, bisogna anche far gli italiani - si può ben dire ora, a Bergamo almeno, che non basta fare delle Camere di Lavoro, ma bisogna bene anche fare dei lavoratori. Perchè non si può parlare di lavoratori certo, ma solo tutt'alpiù di macchine da lavoro - molto meno poi di coscienza operaia e di rivendicazioni proletarie, là dove uno sciopero provocato dal rifiuto del padrone di trattare colla legittima rappresentanza del lavoro, può chiudersi colla pubblica dichiarazione degli operai di riconoscere in esso solo, padrone, la legittima parte contraente! Frase degna del pensiero che vorrebbe esprimere e nella quale non si sa se sia più ridicolo lo sproposito o più miserabile la viltà.

Un altro articolo vi mando poi sull'"azione sociale cattolica" (vedi sotto). Ci si accuserà, come al solito, di combattere la religione. Ma nè io nè voi ci spaventiamo per così poco: ora che il movimento socialista è da parte della chiesa attaccato come una peste, senza misura e senza carità, a nostra volta possiamo e dobbiamo bene difenderci". - Vostro FEDERICO MAIRONI

a fianco di questo articolo....

LE OTTO ORE
(il riferimento è sulle dichiaraziooni di Vitelleschi. Ndr.)


"Quando, colla manifestazione del I° Maggio, si proclamò la necessità delle otto ore di lavoro, gli avversari gridarono ai quattro venti che si voleva paralizzare l'industria e rendere la merce assai più cara, producendo così l'immiserimento della ricchezza nazionale, poichè, lavorando meno ore, si andava contro al concetto che la ricchezza aumenta in ragione della maggior produzione e che l'imprenditore preferisce appunto molte ore di lavoro e magari tener sempre aperto il proprio stabilimento, per ottenere maggior prodotto e quindi maggior profitto.

Questi signori, però, si sono ben guardati dal dire che è pure concetto fondamentale dell'economia che la produzione deve sempre essere adequata al consumo, e che, qualora questa sia maggiore, come lo è intatti, si ottiene l'effetto contrario, cioè, la merce che non può essere esitata per mancanza di consumo, resta immagazzinata e in continuo deperimento, non arrecando alcun profitto.

Altro concetto dell'economia politica è quello che tutta la produzione è governata dal principio del minimo mezzo, vale a dire, che l'uomo deve cercare di conseguire la maggior efficacia possibile col suo lavoro, mediante il minor spreco di tempo. In omaggio a questo principio si inventarono le macchine, le quali, mentre producono in modo più perfetto che non molte braccia, aiutano anche l'uomo nella produzione di tutti quegli strumenti richiesti dalle esigenze della umana natura per il soddisfacimento della sua vita fisica, morale ed intellettuale. Ma i capitalisti, invece di applicare le macchine per il loro vero uso, cioè di aiutare l'uomo nel suo lavoro, per ingordigia di maggior guadagno, le adoperarono per sostituirlo, lasciando così disoccupati una grandissima quantità di individui, che appunto per l'introduzione di dette macchine si trovarono senza lavoro. Da ciò ne avvenne che gli operai, per occuparsi, furono costretti ad offrirsi a lavorare molte ore ed a poco prezzo, facendo così una spietata concorrenza fra di loro, la quale fu causa del deprezzamento delle merci e della mano d'opera.

Un'altra cosa è da osservarsi. Col sorgere dei grandi opifici ed officine, gli operai furono costretti a star rinchiusi per molte ore, privi di aria, ed obbligati a respirare in quell'afa soffocante prodotta dal raggruppamento di molti individui in un medesimo ambiente e dai miasmi del fumo e dalla polvere delle macchine e delle caldaie.

Da tutto ciò si comprende la necessità che le ore di lavoro sieno regolate in modo che la produzione sia adequata al consumo e che l'uomo non sia occupato più di quanto l'igiene, perché le generazioni crescanosane e forti.
E' chiaro, dunque, che le otto ore non sono il desiderio di stare oziosi il più che sia possibile e di aver maggior tempo per divertirsi, ma sono una necessità che si impone, perché l'uomo, oltre avere una retribuzione bastevole al soddisfacimento dei suoi bisogni, abbia anche campo di potersi istruire, riposare abbastanza ed applicarsi a tutto ciò che la civiltà ed il progresso impongono. E.D.
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a fianco di questo articolo....

L'AZIONE SOCIALE CATTOLICA


(l'articolo si riferisce all'enciclica di Leone XIII (Graves de communi) che si esprimeva a favore dell'impegno sociale dei democratici cristiani, anche se rifiutava decisamente il progetto di costituzione di un partito politico autonomo cattolico. Tuttavia nell'enciclica c'è una cauta apertura verso il liberalismo come quello espresso da FILIPPO MEDA negli ambienti cattolici lombardi. Ndr.)

"Con atti solenni della sua autorità suprema e con una diffusa, per quanto assai spesso contradditoria agitazione di tutti i suoi organi, la Chiesa cattolica è entrata nel movimento sociale contemporaneo e, affermando la propria esclusiva competenza in questo, così come in ogni altro campo della vita sociale, tende ad imprimere al problema sociale, un indirizzo ed una soluzione suoi. Prescindendo deliberatamente e completamente da ogni discussione sul dogma e sulla costituzione della Chiesa, io intendo chiarire brevemente questo concetto: che l'azione sociale cattolica non è tale che il proletariato le possa tranquillamente affidare le proprie sorti.
La fiducia incondizionata, che la Chiesa domanda al proletariato è resistita dall' insegnainento di 19 secoli di storia, durante i quali o la Chiesa di proposito si è rifiutata di proscrivere le iniquità sociali o ne ha essa stessa approfittato, dividendo colle classi dirigenti laiche i profitti dello sfruttamento proletario.

Ha rifiutato di intervenire a difesa degli oppressi proprio nella sua prima fase, la più gloriosa. Esclusivamente intenta alla salute delle anime nei primi tre secoli, essa sdegna non solo di alleviare le miserie sociali, ma le santifica e le consacra. Quando la società era divisa in liberi e schiavi, la Chiesa legittima la schiavitù; niente anzi di più falso di quanto è stato troppo spesso affermato e creduto, che alla Chiesa si debba la condanna e la abolizione di quell'orribile istituzione. San Paolo rimanda a Filemone lo schiavo fuggitivo Onesimo ed esorta alla obbedienza gli schiavi nelle lettere agli Efesii, a Tito, a Timoteo. Altrettanto San Pietro nella prima lettera cattolica. Nulla vi ha nella schiavitù che ripugni alla Chiesa. Salita dalle catacombe al trono dei Cesari, essa stessa diventa proprietaria di schiavi; la emancipazione anzi degli schiavi, favorita come atto umano dalle leggi romane, se si tratti di schiavi ecclesiastici è ostacolata dai Concilii, come quella che diminuisce il patrimonio della Chiesa. E si giunge a tanto, che mentre il giureconsulto pagano insegnava essere la schiavitù istituto del diritto delle genti, ma contro natura, il teologo San Tomaso nega ch'essa sia contro natura.

Sulla base di tale insegnamento non è a far meraviglia che sotto gli auspici della Chiesa si introducesse prima la tratta dei negri nell'America Spagnola e che l'ultima tra le nazioni civili ad abolire la schiavitù, il Brasile, sia una nazione cattolica.
Dal giorno del suo trionfo, assunte nuove forme colla effettiva conquista del potere, la Chiesa approfitta dello sfruttamento proletario organizzato dalle e nelle varie costituzioni sociali, che si succedono da Costantino fino alla rivoluzione francese. Basta per convincersi di ciò aver riguardo a quel Medio Evo, che la Chiesa cattolica vorrebbe ora richiamare come esemplare di un nuovo assetto sociale. Durante quel lungo e tenebroso periodo la società europea si divide quasi intera in due classi, i servi e gli uomini d'arme: - la Chiesa sceglie il suo posto accanto a questi ultimi o tra di essi. Vi sono signori ecclesiastici e signori laici: gli uni e gli altri investiti degli stessi, molte volte obbrobriosi, diritti sovrani e semi-sovrani. E i vescovi e gli abati cavalcano non sempre la pacifica mula - bene spesso il caval da battaglia:

"E dice il Magontino arcivescovo: Al canto
"Della mazza ferrala io porto l'olio santo.
"Ce n'è per tutti."

Si può osservare e fu difatti osservato e ripetuto infinite volte, che la storia del Medio Evo si riassume nella contesa fra il papato e l'impero per il dominio del mondo.
Quanto sangue è corso nella lotta per le Investiture !!"

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