I GRANDI DISASTRI IN ITALIA
Sezione a cura di Michele Squillaci e Francomputer
( e altri liberali contributi di scrittori e giornalisti )


Anno 1866
L' Epidemia di Colera

1 – Premessa

Gli eventi naturali che colpirono la penisola in tempi ormai lontani, in particolare quelli legati a malattie epidemiche, non trovano particolare evidenza nelle cronache più diffuse malgrado la loro gravità e l’elevato numero di vittime che ne furono conseguenza. Famiglie intere scomparvero, alcuni paesi furono evacuati dalle popolazioni terrorizzate che trovarono rifugio nelle campagne. Altre cercarono di superare i cordoni sanitari nel tentativo di abbandonare le regioni di provenienza per raggiungere località non affette dall’epidemia incorrendo nei rigori della legge.
Molti i morti, poche le righe scritte, scarsi i medici, alta l’ignoranza. Cosa avrebbe potuto scrivere un giornale, letto peraltro da pochi, sullo scatenarsi di un morbo di cui erano noti gli effetti ma di cui non si conoscevano le cause? Scoperto il batterio nel 1883, il vibrione del colera fu isolato nel 1884 attribuendo all’acqua contaminata il principale mezzo d'infezione. La malattia continuò quindi a mietere vittime anche negli anni successivi ed in particolare nel 1884.

2 – I Precedenti del 1837 e del 1854

A parte i casi di peste, di tifo ed altre malattie che si verificarono nella prima metà dell’800, una prima epidemia di colera scoppiò nel 1835 protraendosi fino agli inizi del 1838. Tutti gli stati della penisola furono afflitti dall’imperversare del morbo che provocò decine di migliaia di morti. Nel 1854 Il colera sviluppatosi durante le fasi iniziali della guerra di Crimea si mantenne vitale a lungo colpendo anche nel 1855 il Corpo di Spedizione Italiano, i morti furono circa 1.300 tra cui il generale Alessandro Lamarmora.

Nello stesso anno 1854 si diffuse in tutta Europa. In Italia inizialmente colpì il nord e soprattutto il Veneto, si propagò poi con intensità sempre maggiore nel genovese, nello Stato Pontificio, nel parmense e nel modenese dove molte furono le vittime. L’epidemia di colera si diffuse nell’estate colpendo soprattutto le città costiere e le capitali: a Genova morirono 2.936 persone, a Palermo i morti accertati furono 5.334 a Milano 1.404 a Roma 1.085, in Toscana 3.566. 
A Messina la mortalità fu elevatissima. Non fu risparmiata la Sardegna dove tutti i grandi centri, tra cui Cagliari, ne risultarono affetti. A Sassari, si registrarono 167 casi con 58 morti, altri se ne ebbero a Portotorres, a Oristano ed in altri piccoli comuni. Alla fine dell’anno l’epidemia si attenuò per poi esaurirsi del tutto. Gratitudine nelle sue varie forme fu espressa dagli stati pre-unitari ai propri funzionari, nel Regno di Sardegna Vittorio Emanuele II per premiare i medici che prestarono soccorso ai colerosi durante l’epidemia conferì, con R.D del 13 settembre 1854, una speciale medaglia.

"VITTORIO EMANUELE Il
RE DI SARDEGNA, DI CIPRO E DI GERUSALEMME,
DUCA DI SAVOIA E DI GENOVA, ecc. ecc.,
PRINCIPE DI PIEMONTE, ecc. ecc. ecc.

Sulla relazione del Nostro guardasigilli, ministro di grazia e giustizia e degli affari ecclesiastici, incaricato del portafoglio dello interno;
Abbiamo decretato e decretiamo:
Art. 1.
Sarà coniata una medaglia non portabile, destinata a premiare le persone che si resero in modo eminente benemerite nella recente invasione del colera notevolmente sviluppatosi in molti comuni dello Stato.
Art. 2.
Essa sarà d'argento dorato, o d'argento, e porterà da un lato la Nostra effigie, e dall'altro una corona d'olivo e di quercia col nome del premiato.
Art. 3.
La medesima sarà conferita d'ordine Nostro, sulla proposizione del ministro dell'interno.
Art. 4.
Il nome dei premiati sarà pubblicato nel giornale ufficiale del Regno.
Il predetto Nostro ministro è incaricato dell'esecuzione del presente decreto, che sarà registrato all'ufficio del controllo generale.
Dato a Torino, li 13 settembre 1854.

VITTORIO EMANUELE
U. Rattazzi



3 – Il 1866

3.1 - Il Regno d’Italia

Nel 1866, il regno d’Italia appena uscito dalla terza guerra di indipendenza si trovò ad affrontare problemi vecchi e nuovi. Tra i nuovi, il non soddisfacente andamento della campagna del 1866, quelli legati alla annessione delle province venete nonché quelli relativi alla definizione dei trattati di pace ed alla organizzazione dei plebisciti. Tra i problemi di più vecchia data la lotta contro il brigantaggio nelle province meridionali dove, seppure in forma ridotta rispetto al passato, si ebbero ancora perdite in uomini e materiali. Le nuove leggi in materia finanziaria ed altre di nuova formulazione, eliminando antichi privilegi, crearono ulteriore scontento nelle masse popolari. In Sicilia la rivolta latente si trasformò in movimento sovversivo e poi in atti di ribellione. Palermo fu presa d’assalto, giunte poi numerose truppe e riconquistata la città, al termine dei “sette giorni”, fu avviato un ciclo di severa repressione.
 
3.2 – L’Epidemia

Oltre alle non poche vittime dovute agli eventi bellici ed alle azioni repressive poste in essere dai comandi militari, altre se ne aggiunsero per cause naturali. Nell’agosto, prima che si verificasse l’insurrezione siciliana, furono segnalati casi di colera in varie città. Il morbo manifestò la sua nefasta influenza in particolare a Napoli, a Genova ed a Torino. 
Altri casi si ebbero a Palermo e poi in Puglia. Nel settembre Napoli contò il più alto numero di vittime. Nello stesso tempo le truppe del generale Raffaele Cadorna nominato commissario straordinario con pieni poteri entrò in Palermo.
Nel sud quindi le truppe inviate per reprimere i moti insurrezionali e/o il brigantaggio si trovarono a dover affrontare anche il colera che, specialmente nella provincia di Palermo, infierì in forma violenta. A causa della malattia i militari impiegati anche in operazioni di soccorso subirono numerose perdite. Focolai di infezione si svilupparono poi in Calabria e nelle Puglie in particolare nella zona di Bari.

Nel dicembre 1866 regredendo l’epidemia, furono revocate le misure di quarantena precedentemente imposte.
Per poco tempo però! Nel 1867, con il sopraggiungere della stagione estiva la malattia ricomparve in diverse regioni d’Italia. Nell’aprile del 1867 una forma ancor più virulenta si sviluppò in tutta la Sicilia. I centri più importanti Palermo, Catania, Caltanissetta Siracusa e Monreale ne furono devastate. In agosto si diffuse in Lombardia, numerose le vittime a Bergamo ed a Brescia. Nella sola città di Bergamo si contarono 3.817 morti, 70 a Milano. Il colera si diffuse poi anche a Torino, Genova, Bologna, Parma, Livorno e Venezia mentre in Sicilia continuò a mietere centinaia di vittime. In Sardegna il morbo colpì Cagliari dove alla fine dell’epidemia si contarono 160 morti. 

Nel settembre si estese ad altre regioni italiane, la Campania , la Calabria, la Lucania furono tra le zone più colpite. Il colera ebbe le sue ultime manifestazioni in Calabria dove a Reggio e nella sua provincia continuò ad imperversare fino alla metà del mese di gennaio 1868.
Fu necessario intervenire utilizzando anche le truppe di presidio che furono impiegate nella elargizione di viveri, nella predisposizione di lazzaretti, nella disinfestazione delle case e nella pulizia delle strade. Un cappellano, Don Giuseppe Riberi fu insignito della Croce di Cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro per i servizi resi fino dal primo apparire della epidemia.
Tra i compiti più onerosi, quello di rimuovere le vittime e procedere al loro seppellimento. Nelle province meridionali fu poi necessario sedare alcuni tumulti che si verificarono data l’antica convinzione che il morbo fosse diffuso da emissari del governo. In altri casi le autorità militari sostituirono quelle civili, in quanto fuggiti o deceduti i responsabili locali. 

A Salerno e provincia al soccorso delle popolazioni concorsero le Brigate Savona, Valtellina, e contingenti della Acqui.
In Sicilia operarono le brigate Regina, Umbria, Abruzzi, Calabria, nonché aliquote delle brigate Piemonte, Acqui, Bologna, Modena, Reggio, Marche, Cagliari ed Ancona nonché i reggimenti di cavalleria Lancieri di Foggia e Cavalleggeri di Alessan­dria. Numerosi i battaglioni bersaglieri. Alle truppe già presenti si aggiunse poi nel dicembre il 1° Reggimento Granatieri di Sardegna.
In Calabria operò la brigata Palermo, a Caserta il XLIII battaglione bersaglieri, all’Aquila contingenti della brigata Forlì, a Livorno: aliquote dellla brigata Pistoia, a Parma fu presente la brigata Ravenna, a Venezia il 3° Granatieri, a Bergamo reparti della brigata Piemonte mentre come in altre località a Brescia e Torino il Corpo Sanitario Militare mise a disposizione il proprio personale e le proprie strutture. Non mancò l’opera dei Carabinieri che furono impiegati in operazioni di soccorso, di mantenimento dell’ordine pubblico e nell’organizzazione dei cordoni sanitari.

Gran parte dell’esercito italiano si trovò quindi impegnato nell’opera di solidarietà nazionale. I riconoscimenti non mancarono il 23 luglio, il Ministro della Guerra diramò un ordine del giorno con il proprio elogio:
“Ordine del giorno all'Esercito in lode dei servigi prestati in occasione dell'invasione del cholera nelle diverse province del Regno”
“UFFICIALI E SOLDATI!
Essendo il morbo asiatico infestamente comparso in parecchie località dello Stato, pervengono ogni giorno al Ministero onorevoli attestazioni sulla generosa condotta per ogni dove serbata dalle Auto­rità militari, dagli ufficiali e soldati.
E' noto al Governo che specialmente nei Comuni di Sicilia, ove il morbo si manifestava con maggiore fierezza e dove più scarsi erano i mezzi di aiuto, non vi è sacrificio, abnegazione e carità che non abbiano posto in opera i distaccamenti di truppa a cominciare dagli ufficiali accorsi in sussidio dell'Autorità municipale e venendo ai soldati sobbarcantisi al pietoso ufficio di trasportare i malati e dar sepoltura ai morti.
UFFICIALI E SOLDATI!
Io sono lieto di manifestarvi a nome del Governo del Re que­ste espressioni di encomio. Il sentimento di abnegazione e di sacrifi­cio di sé al bene comune, che forma il fondamento della disciplina militare, produce questi ottimi frutti, e confermerà sempre più su di voi l'affetto e la gratitudine del paese.
Firenze, 23 luglio 1867
Il Ministro
G. di REVEL

Alle espressioni del Ministro della Guerra si associò nel luglio la la Camera dei Deputati “La Camera manifesta il suo profondo soddisfacimento a quegli uffiziali e soldati dell'Esercito che nei paesi infestati dal cholera, segnatamente in Sicilia, hanno altamente meritato dell'umanità e della patria” e nell’agosto d il Senato “Il Senato esprime la sua viva riconoscenza ed ammirazione agli uffiziali e soldati dell'Esercito nazionale che nei paesi infestati da cholera, e specialmente nella Sicilia, ben meritarono dell'umanità e della patria”.

Altri ringraziamenti, riconoscimenti e lodi vennero da parte autorità civili delle regioni più direttamente interessate. Vittorio Emanuele II da parte sua emanò in data 28 agosto 1867, con il numero 3872, un decreto con il quale furono fissate le modalità di concessione di una medaglia di benemerenza.

VITTORIO EMANUELE II
per grazia di Dio e per volontà della Nazione
RE D'ITALIA
Sulla proposta del Ministro Segretario di Stato per gli Affari dell'Interno; Udito il Consiglio dei Ministri;
Abbiamo decretato e decretiamo:
Art. 1.
Sarà coniata una medaglia destinata a premiare le persone che si rendono in modo eminente benemerite in occasione di qualche morbo epidemico pericoloso, sia prodigando personalmente cure ed assistenze agli infermi, sia provvedendo ai servigi igienici ed amministrativi, ovvero ai bisogni materiali o morali delle popolazioni travagliate dal morbo, e massimamente quando non ne correva loro per ragione d'ufficio o di professione un obbligo assoluto e speciale.
Art. 2.
Secondo i gradi di merito la medaglia sarà d'oro, d'argento o di bronzo. Essa porterà da una parte la Nostra effigie; dall'altra una corona di quercia colla leggenda all'intorno: "Ai benemeriti della salute pubblica".
Art. 3.
La medaglia avrà il diametro di tre centimetri e mezzo, e si porterà alla parte sinistra del petto, appesa ad un nastro di color cilestro orlato di nero; la larghezza del nastro sarà di trentasei millimetri; quella degli orli di millimetri sei per ciascuno.
Art. 4.
La medaglia sarà da Noi conferita sulla proposta del Ministro dell'Interno in seguito al parere d'una Commissione composta del Prefetto o del Sotto­prefetto, del Presidente del Tribunale civile e correzionale, del Procuratore del Re e del Sindaco di ciascun capoluogo di Circondario, non che di un Delegato del Ministero dell'Interno che farà le veci di Segretario ed avrà voto.
I nomi dei decorati saranno pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale del Regno.
Ordiniamo che il presente Decreto, munito del sigillo dello Stato sia inserito nella raccolta ufficiale delle Leggi e dei Decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Firenze addì 28 agosto 1867
Vittorio Emanuele
U.Rattazzi.

Le decorazioni nei vari gradi, oro argento e bronzo, concesse a personale civile, ufficiali e soldati furono numerose.
Con l’istituzione di questa medaglia fu concesso ai decorati di quella decretata nel 1854, di poterla appendere al petto attaccata anch’essa ad un nastro cilestre bordato di nero. I decorati interessati provvidero poi allle necessarie modifiche visto che quella precedente, come stabilito nel decreto di concessione fu coniata senza cambretta di sospensione.


Michele Squillaci
Bibliografia:
R. Mondini – Spigolando tra date e medaglie – R. Giusti Livorno 1913
P. Sezanne – Le Decorazioni del Regno di Sardegna e del Regno d’Italia – Uffici Sorici Esercito-Marina Aeronautica. Roma 1992.
B.Cognetti – La storia d’Italia – Sacra Civile e letteraria – Napoli 1876
Carabinieri – Due secoli di storia Italiana – Compagnia Generale Editoriale – 1980.
Bersaglieri – Epopea dei fanti piumati da La Marmora ai Commandos – Compagnia Generale Editoriale – 1979.
E.Cataldi – Storia dei Granatieri di Sardegna – Ass. Naz. dei Granatieri di Sardegna, 1990
Cronache e documenti vari.
Foto delle medaglie: da originali – Collezione privata

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