ANNO 1866 - 134 ANNI FA

IL PLEBISCITO "BURLETTA > > 

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"La vera storia del 1866: il Veneto sub� l'annessione"

* 21-22 OTTOBRE 1866: "LA GRANDE TRUFFA" 
Il plebiscito di annessione del Veneto all'Italia"

(in fondo: "1859: IL VENETO COME IL LUSSEMBURGO?"

E' l'esplicito titolo di un agile e documentato libro di ETTORE BEGGIATO, 
uscito recentemente ( Editoria Universitaria Venezia )

Ettore Beggiato dal 1985 é stato componente del
Consiglio Regionale del Veneto
Assessore della Regione Veneto
autore di numerosi saggi sul Veneto

Il libro racconta una storia vicinissima eppure inaudita, la storia del Veneto che � stata negata e sostituita dalla propaganda sabauda, che fatta l'Italia pretese di fare gl'italiani cancellandone le diverse identit�. La scuola e gli intellettuali, come sempre, si prestarono alla bisogna: buttate i testi e le antologie di Storia e Letteratura Veneta, generazioni di veneti impararono che la loro lingua non era che ridicolo dialetto di servette migranti, e il loro millenario passato di nazione indipendente, onorata e rispettata tra le grandi potenze europee, non era che miserabile folclore di repubblichetta marinara.

1866: l'anno della cessione del Veneto ai Savoia. Ci insegnarono che quel plebiscito fu una specie di festa nella quale un popolo esultante ed unanime si riun� alla patria.

Beggiato smonta la menzogna lasciando parlare i documenti, ci racconta una storia veneta che nessuno ci ha mai raccontato. E la prefazione di Sabino Acquaviva che impreziosisce il volume (che riportiamo sotto) ha il merito di riconoscere la dignit� di queste posizioni, talvolta oggetto d'ingiusta e spesso ignorante derisione, e di porre un problema di verit�: tanti anni dopo, nell'Unione Europea, � tempo che nelle scuole e fuori si racconti finalmente la verit� sul Veneto e sul Risorgimento, sulla forzata annessione all'Italia di un popolo che voleva restare veneto. Ed � tempo che su questa verit� si costruisca quell'Italia "federazione di popoli" per la quale si batt� l'insorta Venezia di DANIELE MANIN (Al.F.  recensione su Il Gazzettino, 2.12.1999).

La Prefazione di SABINO ACQUAVIVA

"1866: LA GRANDE TRUFFA" - Un libro importante, culturalmente e politicamente. Ci Parla della nostra storia, di quanto � accaduto quando il Veneto � stato annesso all'Italia. Ci narra quel che � veramente successo, oltre ogni descrizione oleografica, falsa e falsata per motivi politici.. Noi tutti sappiamo che l'unificazione del paese � stata pi� imposta che voluta. Che � arrivata sulla punta delle baionette dell'esercito piemontese, che molti plebisciti sono stati manipolati, che nel 1848 la maggioranza dei veneti si � battuta contro l'Austria in nome di San Marco; che addirittura, dopo la vittoria di Lissa, sulle navi austroungariche, dove quadri e marinai erano in gran parte veneti istriani e dalmati e quindi provenivano da territori appartenuti alla repubblica di Venezia, si grid� "viva San Marco". Sappiamo anche, purtroppo che una ricostruzione di parte della storia � stata poi travisata nei libri di scuola ed � stata imposta alle nuove generazioni.

Oggi, dopo oltre un secolo e mezzo, � nostro dovere ricostruire la storia della regione in cui viviamo o siamo nati. Qualcuno ha detto che nella storia, se le radici sono nel passato, se il presente � il tronco dell'albero, il futuro � nelle sue foglie. Pensare il futuro del Veneto, anzi del Triveneto, significa dunque e anzitutto esplorarne le radici, lontane e pi� recenti. Questa regione, contrariamente ad altre, possiede una sua lingua, che � stata lingua franca e internazionale per secoli, almeno nel Mediterraneo orientale. E' l'unico dialetto-lingua parlato fuori d'Italia in regioni abbastanza vaste e in Stati diversi. Dunque si tratta di un popolo con una forte identit�, e fa bene Beggiato a cercare di capire, nel suo libro, perch� questo popolo ad un certo punto ha abdicato e alla fine accettato di esserne parte dell'Italia unita. Ma ha accettato o subito l'Unit�? A partire dal 1866 il governo centrale ha sistematicamente combattuto, non soltanto nel Veneto ma in ogni regione d'Italia, le identit� regionali. Le resistenze sono state modeste, ogni lingua e cultura si � inchinata di fronte al prevalere del toscano, chiamato italiano, insegnato e imposto a scuola, dove chi parlava la sua lingua regionale veniva punito, spesso ridicolizzato.

Naturalmente, alcune lingue che erano state utilizzate nell'ambito di stati regionali hanno resistito meglio e pi� a lungo al tentativo di cancellarle. Pensiamo al napoletano, al siciliano, al veneto. Comunque � un fatto che molti popoli nello spazio di un secolo hanno dimenticato la loro identit�, la loro lingua,  la loro cultura, anche perch� hanno cancellato dalla memoria la propria storia. Questo � successo, almeno in parte, anche nel triveneto. E non parliamo di Nordest, per favore, non utilizziamo questo neologismo povero e incolore!

E' giunto il momento di riacquistare la memoria. A questo scopo dobbiamo fare un paziente lavoro di certosini, riscrivere la storia, reintrodurre, affinch� non muoia, l'insegnamento della lingua veneta, dopo avere approntato delle grammatiche standardizzate e pubblicato dei vocabolari. Ma tutto questo, ripeto, deve accompagnarsi ad una riscoperta della storia, ed � appunto quanto fa, in queste pagine Ettore Beggiato.

Questo significa essere contro l'Unit� del Paese? Certamente no. Per quel che mi riguarda sono federalista ma anche europeista convinto. Dunque, Stati Uniti d'Europa, una seconda camera delle regioni i cui rappresentanti siano eletti direttamente dalle regioni d'Europa, l'insegnamento obbligatorio dell'inglese in tutta l'Unione europea e delle lingue regionali nelle regioni che ne posseggono una.

Per l'Italia anche una struttura federale degna di questo nome.

Sabino Acquaviva

Il libro di BEGGIATO: vedi link in  AUTORI COLLABORATORI > > > 

 

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"1859 Il Veneto come il Lussemburgo?"


La IIa guerra d'indipendenza si concluse in modo deludente per i Savoja: dopo le vittorie di Montebello (Pv), Palestro e di Magenta, dopo l'entrata trionfale di Napoleone III e di Vittorio Emanuele II a Milano (8 giugno), dopo le sanguinose battaglie di Solferino e San Martino ci si attendeva la trionfale prosecuzione della guerra con l'occupazione del Veneto e delle altre terre da....liberare.
Invece il 12 luglio 1859 con l'armistizio di Villafranca (Vr) Napoleone III impressionato dal numero dei morti e dei feriti delle ultime due battaglie (quasi 40.000), allarmato dal malcontento che stava montando in Francia e nel timore del possibile intervento prussiano sulle frontiere francesi del Reno "impone" la pace con l'Austria: la Lombardia (tranne Mantova) passa alla Francia che poi la girerà ai Savoja; un durissimo colpo al prestigio internazionale del regno di Sardegna (e la stessa procedura si ripeterà nel 1866 con il Veneto protagonista passivo).

Ed è Cavour a farsi interprete del malcontento del regno di Sardegna : parla di tradimento del potente alleato francese e si dimette, in contrasto con il re, da presidente del consiglio.
Ma lasciamo i Savoja e torniamo nel Veneto per sottolineare come i soldati veneti arruolati nell'esercito asburgico si batterono con grande determinazione a Solferino; ecco quanto riportato sul volume "Il Risorgimento a Villafranca" stampato nel 1988 a cura della locale biblioteca:
"A Solferino furono impegnati anche l'I.R. rgt. di fanteria "Arciduca Sigismondo" n. 45 (arruolato nel veronese) e il "Barone de Wernhardt" n. 16 (arruolato nel vicentino) che ad onta delle diserzioni "preferivano rimanere stretti attorno alle bandiere incontaminate dell'Austria". Ai soldati di questi reggimenti il 30 giugno il generale barone de Kellner distribuì le medaglie al valore (rispettivamente 50 e 62). E contemporaneamente furono trasferiti nelle provincie interne dell'Impero, perchè essendo i soldati veronesi o comunque veneti si voleva evitare di far loro "affrontare la morte forse pochi passi soltanto lungi dalle loro famiglie".".

Ed è proprio il Veneto l'argomento principale di una lettera di Napoleone III all'imperatore Francesco Giuseppe datata 24 luglio 1859, pochi giorni quindi dopo l'armistizio; ecco il passo testuale della lettera:
"La posizione della Venezia sarà anche, ne ho timore, molto difficile da determinarsi. Poichè Vostra Maestà mi ha detto a Villafranca che la questione della Venezia sarà precisamente quella del Lussemburgo nei confronti della Confederazione germanica, tutto dipenderà dalla maniera, nel quale il vostro rappresentante esaminerà la questione e intenderà risolverla".
Il 27 settembre 1859 Metternich scrive al ministro degli esteri austriaco
Rechberg:
"A Villafranca, a proposito della posizione, che dovrebbe prendere la Venezia nella Confederazione italiana, i due Imperatori hanno nominato il Lussemburgo per precisare in qualche modo l'analogia che esisterebbe fra queste due Provincie".

Ed è un passaggio di straordinaria importanza. che smentisce quello che la propaganda risorgimentale massonica e giacobina continua ad imporci: l'unica prospettiva per il Veneto era l'annessione al regno di Sardegna. Invece, ai massimi livelli della politica europea, si ipotizzava uno status come quello del Lussemburgo che avrebbe cambiato completamente il corso della storia veneta.

Purtroppo le cose andarono diversamente e, nel giro di pochi anni, la politica annessionistica ed espansionistica dei Savoja ebbe la meglio, attraverso un plebiscito-truffa (21-22 ottobre 1866), che portò al voto il popolo veneto due giorni dopo l'effettiva consegna del Veneto ai commissari sabaudi, in un clima di intimidazioni e di brogli inanerrabili.

Fino all'ultimo, però, ci furono a vari livelli dibattiti sul futuro del Veneto.
L'Union, giornale francese, si chiedeva:
"Che farà la Francia della Venezia? La conserverà essa? La costituirà in istato di principato indipendente che entra nella lega federale della Penisola? La cederà essa a Vittorio Emanuele, e, in questo caso, quale compenso potrà domandare?".

La Gazzetta del Popolo di Firenze, giornale ufficioso del Presidente del Consiglio scriveva il 15 luglio 1866:
"Supponiamo un momento che i Veneti si pronunziassero per regno separato. Potrebbe l'Italia permettere cotesta diserzione? O non dovrebbe invece ritenere per forza d'armi una provincia che è necessaria alla politica esistente della nazione?": un saggio di democrazia, di pluralismo e di rispetto dei diritti dei popoli che la dice lunga sul clima dell'epoca.

E ancora il 3 agosto l'ambasciatore asburgico a Parigi Metternich scrive al suo ministro degli esteri "Mensdorff-Pouilly il 3/8/1866 sull'ipotesi di arrivare a "l'indipendenza della Venezia sotto un governo autonomo com'era la vecchia Repubblica".
E un manifesto che inviatava ai Veneziani a partecipare con entusiamo al voto sta scritto:
"SI vuol dire essere italiano ed adempiere al voto dell'Italia.
NO vuol dire restare veneto e contraddire al voto dell'Italia":

Ora come allora, essere veneti è un reato??
Ma la vera chiave di lettura sulla "questione veneta" la danno, a distanza di mezzo secolo, due personaggi come Napoleone Bonaparte e Camillo Benso conte di Cavour.
Il rapinatore corso (del quale, recentemente e con la benedizione del Comune di Venezia, è stato acquistato un mediocre monumento, datato 1811, per la bellezza di 700 milioni di lire!) consigliava al figliastro di non ascoltare chi gli suggeriva di dare a Venezia maggiore autonomia, invitandolo, invece a mandare "degli italiani a Venezia e dei veneziani in Italia" (1).
Ancora più sconvolgente quanto sostiene il Cavour (tratto da "Il risorgimento italiano" di Denis Mack Smith, ove a pagina 623):
"Cavour sulla cessione del Veneto (30 novembre 1860)
"Soltanto dai giornali io apprendo che il gabinetto inglese desidera la cessione mediante compenso e si adopera in questo senso.
Finora non s'è fatto verun passo ufficiale. E per mio conto non lo desidero nemmeno. Io bramo la guerra coll'Austria per motivi di ordine interno; senza di ciò sarà più difficile la fusione del Nord col Sud. Ritengo inoltre che al momento presente la cessione non sia possibile".


La scelta lucida della guerra per "fare gli italiani": è questo uno dei padri della patria italiana?
E comunque dopo oltre centoquarantanni siamo ben lontani da una simile "soluzione finale".


ETTORE BEGGIATO

1) Alvise Zorzi, Venezia austriaca, pag 32, Laterza

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