CRONOLOGIA - SPORT - STORIA - NEGLI ULTIMI ANNI DEL SECOLO...

I SUPERCAMPIONI
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CHE IL MONDO NON SCORDERA�

di LIONELLO BIANCHI

Il 12 giugno 1998 a Parigi i Mondiali di calcio. - L�avvenimento � tanto pi� importante non solo perch� sono gli ultimi del XX secolo ma perch� sono stati organizzati sotto la guida di uno dei pi� grandi campioni transalpini, MICHEL PLATINI, ribattezzato non a torto l�"Immenso", nazionale di Francia e soprattutto alfiere della Juventus campione d�Italia e d�Europa a met� degli Anni Ottanta. 

Inoltre il pallone ha contrassegnato, volenti o no, un intero secolo, passando tra guerre e divisioni. 
In Europa il gioco del calcio - che deriva dal gioco medievale sviluppato a Firenze ma rifondato con regole moderne dagli inglesi, donde il nome di football - � riconosciuto come lo sport principe. 

In Sudamerica, soprattutto in Argentina e in Brasile, oltrech� in Uruguay (due volte campione del mondo negli anni Trenta) ha avuto il proprio splendore con fior di fuoriclasse, primi tra tutti, per citarne alcuni, PELE' "o�rey", SIVORI, GARRINCHA, SCHIAFFINO e, da ultimo, ma non per questo minore, MARADONA, che ha illuminato gli ultimi anni Ottanta e i primi anni Novanta, conquistando con il Napoli lo scudetto.

EL PIBE DE ORO - Platini e Maradona si sono incrociati in Italia, due personaggi e due storie diverse. Michel Platini ha l�aria dell�aristocratico, l�ha sempre avuta in campo e fuori, non per niente l�Avvocato, ovvero Gianni Agnelli, il signor Fiat l�aveva nel cuore e lo invitava spesso in villa. Diego Armando Maradona ha la figura dello scugnizzo; nato (30 ottobre 1960) e cresciuto in un rione della grande Buenos Aires, ha esaltato le folle con le sue gesta: il pubblico dell�Argentinos Junior e quindi del Boca Juniors lo ha eletto immediatamente a proprio idolo trovandogli presto l�appellativo di "pibe de oro". Con la maglia biancazzurra della squadra Argentina - guidata da Luis Cesar Menotti che la prossima stagione torner� ad allenare la Sampdoria di Genova - ha vinto il titolo mondiale nel 1978, prima di trasferirsi al Barcellona e poi al Napoli. Le giocate di Maradona hanno incantato e divertito la gente di tutto il mondo. E� stato un fuoriclasse, un campione con la c maiuscola. Fin tanto che il suo nome non � entrato nel business mondiale, legato a un giro di droga in cui erano coinvolti anche i clan camorristici della Campania con rapporti con il Sudamerica. 

In Argentina "el pibe de oro" fin� sotto processo, proprio per possesso di cocaina. A Napoli sub� le conseguenze di una vita extra calcistica piuttosto tormentata che lo portava a frequentare nottetempo circoli e case compiacenti. Da un rapporto sentimentale con una ragazza ha avuto un figlio che il campione, ad onta di una evidente rassomiglianza, non ha voluto riconoscere: sub� un processo, il tribunale sentenzi� che avrebbe dovuto sottoporsi al Dna. Dopo la nascita di questo figlio naturale, la moglie non volle saperne di restare a Napoli e se ne and� in Argentina, seguita a breve distanza da Diego Armando.

E� entrato nella leggenda anche per un gol di mano ai Mondiali dell�86 in Messico. Ma i Mondiali del �94 in Usa segnarono la sua fine: al termine di un incontro venne preso in consegna da una infermiera che lo scort� all�esame antidoping dove risult� positivo. Maradona se ne and� lontano in Giappone, un�esperienza che dur� poco. Ultimamente ha cercato di uscire dal tunnel della droga, sottoponendosi a intense terapie. E� tornato a giocare, ma la sua stella si � decisamente offuscata, ormai sovrappeso. Eppure a dispetto delle vicende che l�hanno portato in tribunale, � rimasto il suo un ritratto di campione grandissimo, la gente se lo ricorda: ha contraddistinto un periodo d�oro per il Napoli, i cui tifosi lo rimpiangono ancora oggi. Nel mondo resta il ricordo di un giocatore come pochissimi eletti, impareggiabile giocoliere, raffinato "numero 10". 
Maradona conta di continuare a giocare e ha firmato un contratto con il Boca Juniors: nel frattempo si impegna nel Sindacato internazionale dei calciatori del quale � stato eletto presidente (proprio a fine aprile ha organizzato una partita tra Europa e Resto del Mondo a Barcellona; N.d.R.).

IL PELE� BIANCO - Prima di lui, Maradona, e anche prima di Platini, in Europa si � levato sulla schiera dei calciatori JOHANN CRUYFF. E� diventato negli Anni Settanta il re del football alla guida dei "lancieri" dell�Ajax di Amsterdam e degli arancioni che sono poi i nazionali di Olanda. La sua storia ha dell�incredibile. Difatti, Cruyff venne addirittura scartato dal servizio militare per colpa dei suoi piedi, decisamente piatti e con la caviglia sformata. Proprio i suoi piedi eccezionalmente buoni contribuirono a renderlo famoso nel mondo, questo figlio di un fruttivendolo e di una lavandaia che il maestro Gianni Brera defin� migliore di Di Stefano, la stella del grande Real Madrid, e che ribattezz� "il Pel� bianco".

Non � un caso che Cruyff in carriera si sia aggiudicato tre "palloni d�oro" che sono l�equivalente dell�Oscar cinematografico. Dal fisico apparentemente fragile Johann - chiamato "il candido" perch� nei ritagli di tempo si divertiva con il suo passatempo preferito, il giardinaggio, o anche "l�anatroccolo dai piedi d�oro" - � stato in effetti una vera meraviglia, capace di incantare la platea con i suoi tocchi mirabili e di galvanizzare la propria squadra, l�Ajax. Un destino il suo, perch� la madre lavorava appunto come lavandaia allo stadio dell�Ajax.

Nato ad Amsterdam il 25 aprile 1947, Johann entr� giovanissimo nella squadra ragazzi dei "Lancieri" e a dodici anni sapeva gi� destreggiarsi magnificamente con i piedi effettuando fino a centocinquanta palleggi consecutivi, un autentico funambolo del pallone fin da quell�et�. Per irrobustire il suo fisico non proprio atletico, si allenava con sacchetti di zavorra di quattro chili ciascuno infilati nella giubba della tuta. Al suo primo campionato ufficiale segn� la bellezza di settantaquattro gol.

Dopo i successi con l�Ajax, nel 1973 Cruyff pass� al Barcellona per una cifra, allora record, di oltre un miliardo e trecento milioni: al primo colpo il club catalano vinse con lui lo scudetto che non vinceva da quattordici anni. Cruyff ottenne un ingaggio di mezzo miliardo. In breve tempo grazie agli affari intrapresi con un ricchissimo finanziere internazionale Jack Van Zanten e con il suocero Cor Coster, il re dei diamanti, Johann divenne uno degli uomini pi� ricchi d�Europa. I colossi delle assicurazioni, i Lloyd�s di Londra assicurarono le gambe di Cruyff per due miliardi e mezzo. Il suo numero di maglia, il 14, divenne un mito in tutto il mondo. Cruyff fin� la propria luminosa carriera negli Stati Uniti, dove gli Azteca di Los Angeles gli assegnarono un ingaggio di tre miliardi e mezzo pi� la percentuale sugli incassi di due anni.

Il mito Cruyff resiste tuttora nella memoria degli appassionati. Johann ha un erede, il figlio che gioca in questi anni. Non ha il talento del padre, la cui fama � indubbiamente meritata. Come allenatore, ha avuto alti e bassi, ma il Barcellona che con lui ha vinto lo ha richiamato per la prossima stagione. In Italia qualche grande societ� l�avrebbe voluto, per esempio il Milan, ma non se ne fece nulla.

LA REGINA DEL CROWL 

A questo punto della nostra storia, poich� sport non � solo calcio e non � solo maschile, vale la pena fare un salto all�indietro e soffermarsi su una disciplina spettacolare, il nuoto. Parlando di questo sport non si pu� trascurare una eroina, anzi la regina per antonomasia del crowl: DAWN FRASER, australiana, che seppe conquistare quattro medaglie d�oro in tre Olimpiadi consecutive. La Fraser difatti vinse nel 1956 a Melbourne la staffetta 4x100 insieme alla Leech, alla Morgan e alla Crapp, quindi nel 1960 a Roma fece suo l�oro dei 100 e si aggiudic� due medaglie d�argento nella staffetta 4x100 stile libero sempre con le stesse compagne del 1956 e nella 4x100 mista con Wilson, Lassig e Andrew. Anche a Tokio 1964 vinse l�oro nei 100.

Campionessa olimpica, detentrice del record del mondo dei 200 che stabil� il 27 febbraio 1960 con 2� 11�� 6; un primato il suo che dur� otto anni dal 1958 al 1966. La Fraser, che il 30 dicembre 1972 venne giudicata "il pi� grande atleta" d�Australia non si sarebbe fermata a tre Olimpiadi se non fosse incorsa, per il suo temperamento un po� ribelle, in una lunga squalifica (dieci anni) che la costrinse a interrompere l�attivit�.

Personaggio anche fuori dalla vasca, Dawn Fraser, figlia di un carpentiere dei cantieri navali di Sydney che gioc� anche al calcio, � sempre stata un tipo esuberante, amante della vita. Pare infatti che abbia fatto collezione di cuori maschili, non a caso comparve spesso sui rotocalchi dell�epoca, e avrebbe fatto la gioia delle tv e dei giornali rosa anche di questi giorni. Trascorreva parecchio tempo libero nei pub a bere birra, la bevanda da lei preferita fin da quando aveva diciassette anni.

Una vita tormentata la sua. Tanto che il 24 maggio 1971 una notizia scosse il mondo del nuoto, e non solo: Dawn Fraser aveva accusato il marinaio polacco di 52 anni Belestaw Leescynsk di averla violentata a bordo del mercantile Tenes sul quale l�ex campionessa era salita di propria volont�: due mesi dopo quella data il tribunale la riconobbe colpevole. E in effetti la sua squalifica, cui abbiamo accennato, le era stata inflitta per un comportamento nient�affatto irreprensibile durante le Olimpiadi di Tokio. Notare che era stata proprio lei, la regina del crowl, a denunciare pubblicamente che alcune atlete australiane ai Giochi di Roma, avendo saputo che di fronte al loro alloggiamento nel villaggio olimpico c�erano decine di giovanotti che le guardavano con i binocoli, aprivano le finestre e si esibivano in veri e propri strip-tease.

FRATELLONI D�ITALIA 

 E passiamo dalla favola della regina australiana del nuoto alla bellissima storia di Carmine e Giuseppe ABBAGNALE che con il timoniere Peppiniello di Capua hanno vinto il Mondiale dei remi, vincendo a man bassa quello che c�era da vincere, tra titoli olimpici, mondiali e italiani. Sono entrati nella leggenda, ribattezzati "fratelloni d�Italia" dalla voce inconfondibile di Giampiero Galeazzi, il "Bisteccone" nazionale, telecronista innamorato del canottaggio di cui fu in passato anche protagonista prima di diventare, in questi ultimi anni, anche attore della Domenica In.

Carmine e Giuseppe Abbagnale per pi� di un decennio hanno dominato le scene a colpi di remi, salendo sul podio pi� alto in svariate occasioni. Due autentici giganti in questa disciplina, gli Abbagnale sono rimasti se stessi, nella vita privata hanno continuato e continuano il loro tran tran quotidiano. Il canottaggio, al di l� delle medaglie, offre scarsi guadagni ai suoi eroi. Ci� non toglie che i fratelloni d�Italia siano diventati un simbolo e un modello.

Le loro imprese sono state positive per il Paese perch�, attirando l�attenzione su questo sport, hanno fatto molti proseliti fra i giovani. Ora che i due Abbagnale - insigniti del massimo riconoscimento della Repubblica - hanno concluso la loro splendida e gloriosa carriera potrebbero assumere il ruolo di maestri di questa loro disciplina. Una disciplina che, a dispetto delle scarse risorse, ha visto anche negli anni passati parecchi atleti italiani farsi onore e mettersi in luce in campo internazionale. Resta il fatto che i due fratelli Abbagnale, con il loro piccolo timoniere, hanno segnato indelebilmente la fine del XX secolo.

Le loro imprese hanno avuto larghissima eco, gli italiani che li hanno seguiti da vicino e in tv si sono spesso entusiasmati. Non � un caso che le vittorie dei fratelloni sono state salutate con inni e canti di gioia, quasi sempre con la canzone napoletanissima, "�o sole mio", che ha fatto il giro del mondo. Un omaggio alla loro citt�, il cui nome hanno sempre tenuto alto.

IL LOMBARDO DOC 

 Nell�albo d�oro della storia dello sport un posto di primo piano spetta di diritto ad ALBERTO COVA, lombardo doc. Cova si � rivelato negli Anni Ottanta corridore eccezionale, nel fondo e mezzofondo ha superato gli specialisti di tutto il mondo. Allievo della gloriosa societ� ginnastica milanese Pro Patria, assistito da un preparatore di qualit�, il professor Rondelli, � emerso ancora giovanissimo. Il 9 agosto del 1983 a Helsinki ha vinto il suo primo titolo mondiale, battendo nei diecimila metri i migliori specialisti. Cova ha vinto con il tempo di 28�01��37.

ALBERTO COVA � nato il primo dicembre 1958 a Cermenago in provincia di Como; come dicevamo ha svolto la prima parte dell�attivit� atletica con la maglia della Pro Patria (presidente in quegli anni Mastropasqua). Appassionato del cross e del fondo Cova ha iniziato a quindici anni a correre (e a vincere). L�attivit� agonistica non gli ha impedito di frequentare la scuola e di diplomarsi ragioniere. Nel 1977 agli Europei juniores di Atene � quinto nei cinquemila metri; nel 1982 si � classificato secondo nella Cinque Mulini, un cross country di valore e di prestigio internazionale; nel medesimo anno agli Europei di Atene ha conquistato l�oro battendo l�allora fortissimo tedesco Werner Schildauer. Fa incetta di titoli italiani nel cross, nei cinquemila e nei diecimila, nonch� nei cinquemila indoor.

COVA passa alla storia entrando nella hit parade dei grandissimi del cross e della corsa su media e lunga distanza, vincendo titolo mondiale e olimpico: si � posto sullo stesso piano di grandi protagonisti come ZATOPEK, KUTS e BOLIOTNIKOV. Non si poteva ignorare un Cova passando in rassegna i campioni di quest�ultimo scorcio del secolo ventesimo. Alberto Cova, che abbiamo seguito anche noi, da cronisti, in alcune delle sue entusiasmanti imprese, ha rivelato doti indiscusse, su ogni terreno, e contro qualsiasi avversario.

LO ZUCCHERO DEL RING 

Dall�atletica alla boxe, per illustrare uno dei pi� grandi personaggi: RAY SUGAR ROBINSON. Pochi hanno fatto meglio di lui. Ha vinto sei titoli mondiali: il primo quello dei medio-leggeri nel 1946; poi nel 1951, nel 1955, nel 1957 e nel 1958 conquist� la corona iridata dei medi. Sul ring portava la sua intelligenza unita alla velocit� di gambe e braccia. Il soprannome di Sugar (zucchero) gli derivava dalla secchezza delle gambe, tanto da somigliare alla pianta dello zucchero, alta e sottile. Ray Robinson era nato a Detroit il 3 maggio 1920; il suo vero nome, all�anagrafe, era Walter Smith. A poco pi� di vent�anni (4 ottobre 1940) sostenne il suo primo combattimento; l�ultimo che pose fine alla sua carriera il 10 novembre 1965. In totale duecentouno incontri, 109 vittorie per k.o., 65 ai punti. Solo diciannove le sconfitte, una per ko.

Ma Ray Robinson non ha "danzato" soltanto sul ring. Ha anche girato gli States come ballerino, cantante e batterista. Si divertiva e coglieva non pochi successi anche in campo musicale. Del resto la sua agilit� la sfoggiava anche sul ring di tutto il mondo. Molti degli osservatori dicevano che Sugar picchiava a suon di musica: aveva la musica nelle orecchie.

La sua carriera non fu peraltro tutta liscia. Il 25 giugno 1952, disfatto e amareggiato, appena lasciato il ring, dopo essere stato contato alla quattordicesima ripresa Ray Robinson, battuto da JOEY MAXIM, annunci� il proprio ritiro. Sembrava una decisione definitiva. Era la prima volta che Sugar non portava a termine un incontro, per lui pareva avviato il tramonto. Si apr� una parentesi di vita musicale. Sugar continuava a essere un divo, girava con le sue Cadillac, conduceva una vita lussuosa. Tre anni dopo, per�, Robinson tornava sul ring e ci tornava con una vittoria: il 5 gennaio 1955 a Detroit si rivide Sugar, che mise al tappeto in sei riprese Joe RINDONE. E al termine di quello stesso anno dopo una serie di entusiasmanti successi riconquist� il titolo mondiale dei medi. Il suo ritorno era stata la reazione contro l�imposizione dell�Ufficio delle imposte di New York che gli aveva fatto recapitare un invito a saldare tasse arretrate per milioni di dollari.

La boxe ritrov� un campione. Come tutti gli astri, Robinson aveva le sue superstizioni. Al Madison Square Garden, ogni volta che tornava per un incontro voleva che gli assegnassero il camerino numero 29.

LA NUOVA FRONTIERA 

Ray Sugar Robinson appartiene alla ristretta cerchia dei big del ring, insieme a Rocky MARCIANO, Charles Sonny LISTON, Joe LOUIS, Jack DEMPSEY, Stanley KETHEL, Jimmy WILDE, Paul BERLENBACH, George FOREMAN e Bob FITZSIMMONS. Sono tutti campioni che illustrano la storia del pugilato, entrati nella leggenda. In America e nel mondo si sono scoperti ad ogni modo atleti di elevatissimo livello "di colore", soprattutto tra gli sprinters e i mezzofondisti. Recentemente, per stare all�ultimo quarto di secolo, si � scoperta la nuova frontiera dello sport, l�Africa, quella dei popoli da poco affrancatisi e affermatisi in libere nazioni. Nel cross e nel fondo, con gli etiopi (il maratoneta ABEBE BIKILA a Roma 1960 � stato il primo) sono emersi i senegalesi, i ruandesi e i keniani. Adesso ci sono splendidi esemplari di calciatori, il pi� fulgido GEORGE WEAH, centravanti del Milan, di nazionalit� liberiana, impostosi nel campionato francese. Sempre nuovi talenti affiorano via via, nel calcio e negli altri sport. L�Africa � un continente ricchissimo al riguardo. Non � un caso che il Sudafrica di Nelson Mandela abbia avanzato la propria candidatura a organizzare le Olimpiadi.

di LIONELLO BIANCHI

Si ringrazia per l'articolo
il direttore di
 

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