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20.000 - 753 a.C. i Re di Roma 753 - 501 a.C. 500 - 401 a. C.
400 - 301 a. C. 300 - 201 a.C. 200 - 101 a. C.  100 - 1 a. C.
1 d.C - 100 d. C. 100 - 200 d. C.   TUTTI I CONSOLI


I SETTE "RE DI ROMA"

 

< < QUI TUTTI I CONSOLI ROMANI

(le biografie, scritte da Tito Livio sono nei rispettivi link dei nomi)


n� nome origine inizio regno fine regno note
1� Romolo Latino? 753 717 leggendario
2�  Numa Pompilio Etrusco 715 673 leggendario
3� Tullo Ostilio Etrusco 672 641 incerto
4� Anco Marcio Etrusco 640 617 incerto
5� L. Tarquinio Prisco Etrusco 616 579 incerto
6� Servio Tullio Etrusco 578 535 -
7� Tarquinio il Superbo Etrusco 534 510 -


IN BREVE RIASSUMIAMO

Parlare della storia d' Italia nell' antichità significa parlare della storia di Roma, del suo innalzarsi da modesta città all' incrocio di importanti vie di comunicazione a dominatrice del mondo, del suo instaurare due secoli di sicurezza e di pace dalla Crimea a Gibilterra, dall' Eufrate al Vallo di Adriano, infine a diffondere la cultura classica in tutto il Mediterraneo e in tutto l' Occidente Europeo.

Nessuna altra città è stata così a lungo il centro della storia di un grande impero, prima per il dominio politico, poi nel diritto,  per quasi tremila anni una sorgente di espressioni e di diffusione dell'arte, ed infine da duemila il centro della religione cristiana.

Per millesettecento anni Roma restò il fulcro del mondo occidentale. Per questo parlare di Roma significa parlare dell' Italia e soprattutto di noi stessi italiani, che non dimentichiamo,  facciamo parte di un popolo che non è solo leggenda, ma da 2800 anni è Storia.

 Ce l'avessero tanti Stati !!! Se la sognano !!  Da secoli sono sempre frustrati !!!

La stirpe italiana può vantare la nobiltà di Roma immortale, il cui genio non si è spento come quello di Atene, ma è passato a tutti i cittadini d'Italia, alla stirpe italica stessa, degna essa dell'anima di Roma  e deve attestare il sopravvivere in noi di questa nobiltà di stirpe, che ci impone doveri di civiltà superiore e di ascensione umana, che a nessun altro popolo incombono come noi, figli di Roma.
(Bossi a questo punto ci appare anacronistico, se non patetico! - E chi scrive qui, non è affatto romano, ma piemontese; un piemontese obiettivo).
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La nascita di Roma sembra avvolta anch'essa nella leggenda, ma solo perchè i Galli nel 390 a. C. incendiarono la città, e la maggior parte delle testimonianze storiche andò distrutta, perciò più tardi fu solamente l'amor di patria ad ispirare numerosi poemi sulla sua fondazione.
 
Lo studio del passato  più accettabile è che da Albalonga, una città che giaceva ai piedi dei monti Albani, una colonia di Latini, intorno all' ottavo secolo a. C. si spostò verso nord-ovest e fondò la città, forse per farne un baluardo contro l' avanzare degli Etruschi o forse perché il destino così voleva.
Il luogo era a circa venti Km dal mare, al riparo dai pirati e molto adatto al commercio interno, perché il sito veniva a trovarsi all' incrocio del traffico fluviale con la strada che collegava il Nord con il Sud.

Il primo colle ad essere abitato fu secondo la tradizione, il Palatino, questo perché  un isoletta molto vicina alla base del colle  permetteva in quel punto di guadare il Tevere.
Le tre tribù, Latini, Etruschi e Sabini costituirono una federazione e fondendosi formarono la città.
Il primo re fu ROMOLO, egli scelse cento capi famiglia che avevano con lui fondato la città ed erano dotati di capacità per costituire il Senato; questi uomini furono più tardi chiamati patres e i loro discendenti patrizi.
( Secondo le più moderne teorie i patrizi furono invece i discendenti dei Sabini che conquistarono poi Roma ). Possiamo anche sostenere che i patrizi furono i membri di famiglie che per la loro forza economica o militare si assicurarono le terre migliori.

Queste famiglie, i Valerii, i Cornelii, i Fabii, gli Aemilii e i Claudii furono i veri detentori del potere nella città per i successivi cinque secoli dopo la fondazione di Roma.
Il Senato poi si compose di trecento membri.
Dopo i patrizi, anche se molto meno influenti politicamente, venivano gli equites, uomini d' affari spesso ricchi abbastanza per permettersi l' accesso al Senato, dove formavano la seconda parte di quell' ordine chiamato dei patrizi aggiunti.

La plebe era la maggioranza dei cittadini romani, comprendeva artigiani, contadini, commercianti.
Sotto di loro c' erano gli schiavi.
La leggenda narra che Romolo, per procurare mogli per la sua tribù, rapì durante una festa le donne dei Sabini, scatenando così una guerra con Tito Tazio, re della tribù sabina dei Curiti.
La leggenda racconta che furono proprio le loro donne, quando le truppe di Tazio si avvicinarono al Palatino, ad interporsi e a far stringere un armistizio tra i due contendenti. 
Romolo rappacificato persuase poi Tazio a dividere con lui il trono e a fondere la sua tribù con quella dei Latini.
Molto probabilmente questa vicenda nasconde semplicemente la conquista di Roma da parte dei Sabini,  inconfessata nelle successive narrazioni degli storici di Romani.
Dopo la morte di Romolo e di Tazio i capi delle famiglie si riunirono ed elessero a re il sabino
NUMA POMPILIO

La vera e propria autorità era nelle mani degli anziani senatores, mentre le funzioni del re si limitavano quasi esclusivamente al campo religioso.
Infatti  Numa cercò di inculcare il timore negli dei, fingendo persino di avere dei colloqui notturni con la divina Ninfa Egeria.
Egli stabilì un culto uniforme per le tribù di Roma, rafforzando l' unità e la stabilità dello Stato.
Numa, secondo quanto scrisse Cicerone, donò al suo popolo quarant' anni di pace.

Mentre il suo successore, TULLO OSTILIO, riportò i Romani alla loro vita abituale, ricominciando a fare delle azioni belliche contro le città vicine.
Per prima cosa attaccò e distrusse Albalonga, torturando poi a morte il suo re.
Il suo successore, ANCO MARZIO (O MARCIO), continuò la sua politica espansionistica.
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Intorno al 620 a. C. , LUCIO TARQUINIO PRISCO , figlio di Demarcato e di una donna etrusca, emigrò da Tarquinia a Roma, dove conquistò una importante posizione, tale da farsi eleggere re alla morte di Anco Marzio, grazie all' appoggio di una coalizione di famiglie etrusche (616 a. C.).
Sotto Tarquinio Prisco la monarchia accrebbe i suoi poteri a danno dell' aristocrazia aumentando -viste le origini- anche l' influenza etrusca su Roma.
Tarquinio combattè vittoriosamente contro i Sabini, conquistò tutto il Lazio, usò le risorse acquisite per abbellire Roma, ma anche altre città etrusche, come Tarquinia.
Dopo un regno di trentotto anni fu assassinato dai patrizi, che volevano limitare - com'era sempre avvenuto- l' autorità monarchica solo alla sfera religiosa.
La sua vedova, Tanaquilla, riuscì comunque a trasmettere in eredità il trono a suo figlio SERVIO TULLIO ( 578 a. C. ).
Servio è stato il primo re che ottenne il trono per diritto di sangue, senza essere stato scelto dal popolo.
Egli fece circondare Roma da una cinta di mura per difendere la città da razzie, si alleò con la parte ricca della plebe contro i proprietari terrieri, e riuscì così a rafforzare la sua posizione come sovrano.
Divise poi i cittadini in classi in ragione del censo, rafforzando così la classe degli equites (cavalieri).
Al censimento risultarono 80.000 uomini atti alle armi, e possiamo in questo modo calcolare la popolazione di Roma di questo periodo intorno alle 250.000 persone.
Divise i cittadini in 39 nuove tribù, tenendo conto, nella suddivisone, esclusivamente del luogo di residenza, indebolendo così la classe aristocratica, che fondava i suoi poteri sulla nascita.
Alcuni anni dopo un altro Tarquinio lo accusò di regnare illegalmente, allora Servio Tullio si sottopose al giudizio popolare, ottenendo un plebiscito in suo favore.
Fu una delle prime espressioni popolari della futura democrazia romana che però non ebbe fortuna: Infatti Tarquinio lo fece allora assassinare e si proclamò re ( 535 a. C.)

Sotto di lui, noto alla storia con il nome di TARQUINIO il SUPERBO, la monarchia diventò assoluta, distinguendosi anche per numerose crudeltà pur di difendere il suo potere, attirandosi così l'odio di tutti gli uomini potenti della città.
Egli attaccò i Rutili e i Volsci, e mentre si trovava alla testa dell' esercito divenuto ormai pericoloso il Senato lo depose ( 509 a. C. ).
Il motivo della sua cacciata è avvolto nella leggenda, si racconta che il figlio di Tarquinio violentò la moglie di Lucio Collatino, il quale, con il suo amico Lucio Giunio Bruto, riunirono i senatori e li persuasero a bandire i Tarquini da Roma. 
Il re deposto corse in gran fretta verso la città, mentre Bruto, raggiunto l' esercito romano, conquistò l' appoggio dei soldati. Tarquinio fuggi al Nord e chiese all' Etruria di rimetterlo sul trono.
I cittadini elessero allora due consoli con uguali poteri da esercitare per un anno.
La tradizione riporta che i primi due consoli....

QUI I NOMI DI TUTTI CONSOLI DI ROMA DAL
509 A.C. AL 69 D.C.

.....furono Bruto e Collatino, quest' ultimo però rinunciò in favore di Publio Valerio, detto poi Publicola, cioè amico del popolo, perché fece votare al Senato diverse leggi poi rimaste fondamentali nella storia Romana, cioè: che qualsiasi uomo avesse tentato di farsi re fosse punibile con la morte senza bisogno di un processo; che qualsiasi tentativo di impadronirsi di una carica pubblica andava punita con la morte; ma lasciò anche la facoltà a qualsiasi cittadino condannato alla sentenza capitale da un magistrato di potersi appellare all'Assemblea, che in questo caso fungeva da supremo tribunale..

509 - Questo cambiamento politico liberò Roma dall' influenza Etrusca e sostituì la monarchia con una Repubblica oligarchica che governò poi Roma fino alla comparsa sulla scena di Cesare. 
La situazione politica ed economica dei cittadini più poveri e deboli tuttavia non migliorò, anzi furono costretti a restituire le terre che Servio aveva dato loro e persero quella poca protezione che la monarchia aveva in precedenza dato.
Lars Porsenna, supremo magistrato di Chiusi, raccolse un esercito tra le città confederate dell' Etruria e marciò su Roma. Nel frattempo anche a Roma veniva fatto un tentativo per restaurare sul trono i Tarquini, represso poi nel sangue. Si racconta che tra i cospiratori vi fossero due figli di Bruto, Roma assistettero  impassibile alla loro decapitazione.
Nonostante la stoica resistenza, tanto cantata dai poeti latini, Roma si dovette arrendere a Porsenna e consegnare parte del territorio conquistato dai re a Veio e alle città latine depredate nei decenni precedenti. 
Porsenna piuttosto magnanimo non pretese la restaurazione dei Tarquini. Roma ne uscì indebolita ma gli effetti della sua rivoluzione rimasero. 

prosegui con le varie date dal 753 a. C. in poi


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