Le origini delle grandi religioni

IL CRISTIANESIMO


PILATO: chi veramente fu?

Pilato fu un giusto amministratore pubblico o invece fu un inetto giudice?


di LUIGI SARCHI

La figura di questo uomo si è venuta caricando di significati, aggiunti per evidenti interessi o convenienze ideologiche, che all'origine avevano poca importanza, ovvero non esistevano affatto.
La versione corrente è sempre stata quella di avvalorare la figura di Pilato come quella di un governatore, che non ebbe il coraggio di prendere giuste decisioni, pur di essere lasciato tranquillo, senza fastidi.
Lavandosi le mani avrebbe evidenziato questo suo modo di essere, acconsentendo così che, con la crocifissione di Gesù, si compisse una palese ingiustizia. 
Tuttavia, tutte le interpretazioni dell'uomo sono state elaborate molto, ma molto, tempo dopo i momenti degli avvenimenti, dimenticando, o volendo ignorare, la realtà dei tempi nei quali i fatti si svolgevano.
Secondo aspetto della questione, che si tende a dimenticare, è la vera importanza di Gesù nel corpo sociale di quel periodo.

Al tempo di Gesù, ma anche prima, come testimonia la Bibbia, anche tra quelle popolazioni nascevano predicatori, profeti, portatori di messaggi più o meno sociali, predicatori sinceri, o fanatici religiosi, o politici, per cui l'avvento di Gesù, giudicato dai contemporanei, era senz'altro un fenomeno comune, fenomeno che secondo i casi, poteva avere più o meno seguito.

Vale a dire che il messaggio di Gesù rientrava nella norma e certamente non era stato compreso per quello che sarebbe diventato dopo, ma molto tempo dopo, con l'avvento di san Paolo.
Il caso Gesù era quindi un caso normale, un caso che fino a quando si sviluppava lontano da Gerusalemme non infastidiva il potere più di tanto.

Le cose cambiarono allorché Gesù venne a Gerusalemme, cuore del potere; quando si proclamò re di Israele, quando, nel cuore del potere, tenne il discorso della montagna, lanciando l'invettiva dei sepolcri imbiancati.
Questo, ovviamente, venne percepito dai padroni del Sinedrio come un discorso socialmente sovversivo e pericoloso.
Le menti non erano ancora pronte a viverlo come un messaggio di fede, forse se non da parte di pochi.
è probabile che molti si siano domandato: chi è costui, chi è questa scheggia incontrollata che teorizza idee sovversive, che subbugli può provocare?

Gesù si proclamava essere il Messia, il figlio di Dio, il re di Israele. 
Mentre il Sinedrio si allarmò moltissimo poiché, oltre agli aspetti sociali, Gesù intaccava anche e soprattutto gli aspetti religiosi, forse Pilato attento ai soli aspetti civili, certamente giudicava il fenomeno con disincanto e con le idee laiche di un democratico Romano.
Non vedeva assolutamente, le ferite alla religione oltre che al potere che invece vedevano i signori del sinedrio; vedeva solo un cittadino che propugnava liberamente le sue idee e come tale andava forse sorvegliato, corretto ma non punito poiché libero cittadino, men che meno con la morte.
Roma fu sempre molto restia a comminare la pena di morte, se non in casi di estrema gravità.
Un esempio per tutti:
Cicerone nelle sue Catilinarie se ne guardò bene dal chiedere palesemente la pena di morte per Catilina (anche se poi politicamente contribuì molto alla sua eliminazione); e Catilina era pericolosissimo per le sorti della Repubblica Romana.

Pilato (si leggano i Vangeli) operò fino dove poté perché non si arrivasse a quella conclusione, ma Pilato era solo un amministratore della Palestina, non era il suo padrone.
Infatti, il potere centrale Romano, mano a mano che conquistava nuovi territori, imponeva alle popolazioni sottomesse, la propria amministrazione civile, le proprie leggi civili, esigeva tributi in danaro e forze militari da aggregare ai propri eserciti, ma, intelligentemente, se ne guardava bene dall'intervenire, per modificarli, negli usi atavici di quei popoli, nelle loro religioni e riti connessi.
Ciò, ovviamente, era dettato, oltre che da un giusto senso di democrazia, anche dal fatto che sapeva benissimo che non c'è nulla di più pericoloso che interferire nella sfera religiosa o delle inveterate tradizioni dei popoli.

Roma conquistava, ma in forma "confederativa".
I popoli sottomessi, generalmente accettavano il dominio di Roma giacché apportatore di benefici civili ed economici (con i commerci), ed anche perché non alterava più di tanto la loro identità; Inoltre la presenza dell'esercito romano sul territorio garantiva sicurezza contro le invasioni dei popoli vicini.
I consoli Romani, pur con le inevitabili eccezioni, applicavano questo stile di dominio e la Palestina non sfuggiva a questi criteri amministrativi. 
Ma i signori del sinedrio dovevano tacitare il predicatore; ma come? Uccidendolo?No.
Pilato sarebbe intervenuto punendo i colpevoli, questo si.
Potevano condannarlo alla lapidazione, questo potevano farlo, ma Gesù sarebbe diventato un martire agli occhi dei suoi seguaci esaltandone la figura.

L'unica strada percorribile era accusarlo di fronte a Pilato ed al popolo, di follia, di eresia, e di attentato al potere di Roma; e così fu.
Si leggano in proposito i relativi passi dei quattro Vangeli ed in modo particolare quelli di san Giovanni, dai quali traspare chiaramente la sottigliezza delle accuse così formulate.
Ancora, però, Pilato cercò di contrastare la deriva che stava prendendo la questione. 
In omaggio ai sopraddetti criteri di governo, Pilato, allorché si trattò di decidere le sorti di Gesù, interrogò popolo e poteri costituiti; interrogò perfino un saggio, Erode (oggi si direbbe lo affidò ad una commissione di esperti).
Ma tutti, partigiani ovviamente, conclusero che Gesù era un pazzo pericoloso, più di Barabba altro contestatore, sembra.
Si può concludere che Pilato fortemente non voleva la morte di Gesù, ma in osservanza ai criteri federativi e di libertà di usanze, voluta da Roma, dovette accettare, obtortocollo, la volontà del popolo e dei suoi capi; anche perché questi erano riusciti, molto sottilmente, a inventare nelle loro accuse un aspetto della predicazione di Gesù ostile al potere di centrale (Cesare), aspetto che per Pilato forse aveva una valenza secondaria.
Infatti Pilato conosceva benissimo la forza di Roma la quale avrebbe saputo controllare, al momento opportuno, qualsiasi insubordinazione al potere centrale, come poi avvenne ne 70 ad opera di Tito. 
Pilato quindi tentò l'ultima carta a sua disposizione; come da tradizione presso quelle genti, al tempo della Pasqua, gli Ebrei avevano la facoltà di mandare libero un condannato scelto dal popolo; Pilato propose la scelta tra Gesù e Barabba certo che avrebbero scelto Barabba perché, come "delinquente", più pericoloso di Gesù; ma così non fu.
I simpatizzanti di Gesù furono certamente zittiti con sottili minacce e blandizie; sono significativi i casi di Pietro e Giuda rispettivamente. 
Pilato, in omaggio a quella libertà lasciata dai Romani nell'applicazione delle loro usanze e credenze, dovette accettare la sentenza e farla applicare.
Lavandosi le mani Pilato volle dire e disse: non sono d'accordo, ma sono costretto ad accettare.
Pilato dunque non fu né inetto né vigliacco; fu solo una vittima anche lui, anche se per allora, piccola vittima.
Infatti, Gesù non era ancora entrato nella storia dei popoli, ma era semplicemente un cittadino ebreo, un predicatore come allora ce n'erano tanti, e come tale fu ritenuto anche da Pilato. 


LUIGI SARCHI 

vedi anche IL CRISTIANESIMO

e CRISTIANESIMO E "ROMA"


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