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EUGENETICA

L’eugenetica e la politica

1900-1944
Radici profonde

di Massimo Ciceri

Non è difficile trovare per la “scienza eugenica”, formalizzata da Francis Galton nel primo ‘900, radici filosofiche. I problemi etici che la “nuova scienza” nel 1904 affrontava erano problemi antichi; aspetti peculiari – per lo più - di problemi filosofici ben più ampi e consistenti.
Così la scienza delle “buone nascite” attinge e rimanda alle riflessioni sul rapporto tra virtù è bellezza, rimanda all’opposizione tra perfezione dello spirito e imperfezione della materia, alle riflessioni sull’idea di progresso umano (verso dove, e come?)…
Tuttavia, se la tensione dell’uomo al bello, all’armonico e al perfetto ha in qualche modo a che fare con l’eugenetica è piuttosto nella politica, nell’etica e nelle riflessioni sui poteri dello Stato che l’ortogenesi trova largo spazio (e le politiche razziali dei regimi totalitari del 900 lo dimostreranno…) Da questo punto di vista l’eugenetica ha un punto di partenza sicuramente inaspettato.
E’ in Platone, infatti – e le sue parole non lasciano equivoco – che per la prima volta il “razionale allevamento umano” viene indicato come strumento forte nelle mani dello Stato. E’ lo strumento quasi necessario alla repubblica dei filosofi per conservare la propria virtù e perpetuarla. Con mezzi assolutamente sbrigativi, peraltro: omicidio e segretezza.

«Se dobbiamo tener conto – risposi – di ciò che abbiamo già ammesso, conviene che gli uomini migliori si accoppino con le donne migliori il più spesso possibile e che, al contrario, i peggiori si uniscano con le peggiori, meno che si può; e se si vuole che il gregge sia veramente di razza occorre che i nati dai primi vengano allevati; non invece quelli degli altri. E questa trama, nel suo complesso, deve essere tenuta all’oscuro di tutti, tranne che dei reggitori, se si desidera che il gruppo dei guardiani sia per lo più al sicuro da sedizioni».
(Repubblica, V)

certo, l’orizzonte della “Repubblica” è utopico e l’aristocrazia dei Custodi è un termine di paragone ideale. Ma il dovere di “ben generare” per Platone è componente fondamentale dello Stato filosoficamente retto: nelle “Leggi”, si abbandona l’eugenica “estrema” ma si chiede allo Stato di emanare leggi rigorose contro l’immoralità e il disordine sessuale (libro VIII) e soprattutto – con parole sorprendentemente anticipatrici che sembrano uscite dalla penna di un fisiologo del ‘900 – si chiarisce il rapporto stretto tra comportamento vizioso e degenerazione:

"L’ubriaco, invece, si butta da ogni parte e butta ciò che gli capita, smaniando nel corpo e nell'anima, sicché anche quando getta il seme è incerto e squilibrato, col risultato di ottenere, con ogni probabilità figli anormali, irresponsabili, devianti nel comportamento e fisicamente deformi. Allora bisogna proprio che per tutto l'anno, anzi per tutta la vita, e in modo particolare nel tempo della fecondità, si usi ogni prudenza per non compiere coscientemente delle azioni che espongono al pericolo di malattie, oppure atti di violenza e di ingiustizia. Questo perché, fatalmente, tali caratteri vengono trasferiti e impressi nelle anime e nei corpi dei concepiti, i quali nasceranno infelici sotto tutti gli aspetti.
(Leggi,VI)


Le anticipazioni platoniche, è facile intuirlo, rimarranno a lungo tali.
Dallo stoicismo in poi, soprattutto nella filosofia cristiana medievale l’eugenetica perderà completamente di senso: la corporeità umana è intrinsecamente degenerata a causa del peccato originale. La corruzione fisica e morale dell’uomo si perpetua proprio con l’atto sessuale e non c’è rimedio alla degenerazione se non l’intervento “esterno” di Dio: auspicare una “buona procreazione” come suggeriva Platone è sforzo vano:

"L'uomo volontariamente pervertito e giustamente condannato ha generato individui pervertiti e condannati. (La nostra natura seminale) era viziata per il peccato, irretita nel laccio della morte e giustamente condannata (…) Essa, poiché è depravata l'origine, come una radice marcita, conduce il genere umano in un contesto d'infelicità alla rovina della seconda morte che non ha fine, fatta eccezione soltanto per quelli che sono stati liberati dalla grazia di Dio". (S. Agostino, “Città di Dio”, 13,14)

tutto questo, paradossalmente mentre la Chiesa esercita un oculatissmo controllo della rettitudine delle pratiche sessuali dei fedeli. Così, se da un lato il corpo dell’uomo è intrinsecamente votato a perpetuare il male e la degenerazione, dall’altro è “tempio dello Spirito”, sottoposto a tempi e modi rigorosi per la corretta generazione. E lontano dal pensiero speculativo dei monasteri, superstizione e religione si intrecciano: avrà figli degeneri chi concepisce nel peccato, in tempo di Quaresima, ma anche chi non concepisce secondo i tempi astrologici propizi… Il legame platonico tra buona generazione, etica e virtù si sfalda inesorabilmente. Solo con il Rinascimento e il nuovo interesse per la politica, gli spunti platonici sembrano trovare nuovo spazio: Campanella, nella “Città del sole” immaginerà dei Precettori deputati alla combinazione dei matrimoni e un Gran Dottore della Medicina preposto a sorvegliare la vita sessuale dei cittadini… siamo, è superfluo affermarlo, ancora nel limbo della riflessione utopica sullo Stato.
Con la rivoluzione scientifica, il meccanicismo, e l’empirismo inglese, la vita biologica dell’uomo viene separata della incrostazioni metafisiche e la fisiologia (Harvey) “riorienta” scientificamente lo sguardo sul corpo umano. Ma, anche se la colpa non è più il peccato originale, l’uomo rimane comunque imperfetto e imperfettibile: Descartes, Hobbes, Locke e Hume non possono far altro, in fondo, che constatare l’intrinseca fragilità della “macchina uomo”; e l’inutilità dell’eugenetica.

In seguito però (e siamo ormai al “secolo dei lumi” e alla “rivoluzionekantiana) qualcosa di importante accade.
Passata per la dura prova del criticismo kantiano, la ricerca scientifica si accosta con energia nuova a fisiologia e psicologia. La questione del legame tra espressione fisica dell’uomo ed espressione spirituale, tra “corporeità” e “pensiero”, (e in senso più ampio tra “forma del corpo” e “forza della mente”) imbocca timidamente nuovi sentieri.


Così tra settecento e ottocento si afferma la frenologia, una disciplina medico-scientifica fondata dal medico tedesco Franz Joseph Gall (1758-1828). Gall sostiene la possibilità di definire con precisione quasi matematica le peculiarità psicologiche di una persona esaminando la conformazione del suo cranio. Se immaginiamo il cervello suddiviso in tante regioni quante sono le caratteristiche della personalità, non possiamo fare a meno di concludere che maggiore è sviluppata una facoltà, maggiore è il volume dell’area cerebrale corrispondente. E’ l’embrione della “biometrica”, scienza ausiliaria dell’eugenetica.

Hegel si assumerà il compito di demolire questo ferreo determinismo fisiologico, con astuzia e acutezza, affermando che nessun rapporto tra Spirito ed espressione “nell’osso” è necessario (e ogni operazione di classificazione umana su questa base – così saranno le misurazioni razziali - è di conseguenza assurda)

“Poiché un modo cosciente dello spirito ha il proprio sentimento in una certa regione del cranio, questa, nella propria figura, accennerà a quel modo dello spirito e alla sua caratteristica. Come, per es., taluno nell'atto di un pensiero faticoso o anche nel pensare in generale lamenta una dolorosa tensione in qualche punto del capo, così l'assassinare, il rubare, il poetare ecc., potrebbero venire accompagnati da una propria sensazione, che dovrebbe poi avere anche la sua speciale regione. Questa regione del cervello, che in tal guisa sarebbe più mossa e più attiva, darebbe verisimilmente una speciale conformazione anche alla confinante regione del cranio (…) In verità, da qualunque aspetto si consideri la cosa, viene a mancare ogni necessità di rapporto reciproco e ogni diretto accenno ad esso. Se tuttavia il rapporto debba aver luogo, di necessario non resta che una libera armonia prestabilita della rispettiva determinazione dei due lati (…) Se dei figli d'Israele ciascuno dovesse raccogliere dalla sabbia del mare, alla quale essi tutti dovrebbero corrispondere, il granellino di cui ciascuno è segno, l'indifferenza e l'arbitrio onde ad ognuno verrebbe attribuito il granellino che gli spetta non sarebbero maggiori dell'indifferenza e dell'arbitrio che ad ogni facoltà dell'anima, ad ogni passione e, ciò che dovrebbe pur venire preso in considerazione, alle sfumature dei caratteri, - delle quali son solite discorrere la più raffinata psicologia e la più raffinata cognizione dell'uomo, - assegnassero le corrispondenti regioni craniche e le corrispondenti forme ossee.
Il cranio dell'assassino non ha nè un organo nè un segno, bensì una certa protuberanza; ma questo assassino ha anche una quantità di altre proprietà ed ha anche altre protuberanze; e con le protuberanze ha anche delle infossature; si può quindi scegliere tra protuberanza e infossature. E allora, la sua disposizione all'omicidio può venire riferita ad una qualunque delle protuberanze o ad una qualunque delle infossature; come, viceversa, le protuberanze e le infossature possono venire riferite a una qualsiasi delle proprietà; ché nè l’assassino è solo tal quintessenza d'assassino, nè ha un'unica sporgenza e un'unica infossatura. “

Ma la riflessione profonda di Hegel rimarrà poco più che uno spunto sulla carta. Dalla metà del XIX secolo la fede positiva nella scienza e le scoperte della biologia daranno nuovo vigore alle intuizioni di Gall: la sovrapposizione tra “vita psicologica” e “vita biologica” dell’uomo diventa strettissima…

La scienza “dell’allevamento umano”

"Eugenics is the study of agencies under social control that may improve or impair the racial qualities of future generations either phisically or mentally"


in questa frase, sull’American Journal of Sociology nel 1904, Francis Galton, cugino di Charles Darwin, sintetizza gli scopi della “nuova scienza” eugenetica. Galton si convinse, fin dal1869, che le qualità eccezionali degli uomini, il "genio" si trasmettessero prevalentemente per via ereditaria, in modo “puro”, senza variazioni dovute alla pressione della società o dell’ambiente e soprattutto fu sempre certissimo che il destino dell’animale uomo fosse quello di perfezionarsi nel senso della selezione naturale proposta dall’illustre cugino Darwin. Il miglioramento, però, procedeva irregolarmente e le qualità eccezionali, come frutti precoci, apparivano raramente e faticavano ad imporsi sulla “mediocrità” in un ambiente come quello umano dove la selezione naturale era stata “attutita” dalla civiltà. In più, le qualità eccezionali comparivano, scomparivano, da una generazione all’altra in maniera casuale. Le leggi di Mendel indicavano una regolarità ma sfuggivano alla verifica: Galton si convinse presto che per dare una mano alla selezione naturale, per far vincere le “elites” umane contro quella che lui chiamò legge di regressione verso la media – applicando il l’elementare “buonsenso” che gli allevatori inglesi usavano nell’allevare cavalli da corsa – occorreva “mappare” , isolare e proteggere i caratteri ereditari eccellenti. La mappatura genetica (un risultato conseguito solo all’inizio del XXI secolo) era ancora impensabile, ma Galton aveva già intuito la via. Il gentiluomo inglese dedicò così i suoi sforzi alla "biometrica", tentativo di individuare i caratteri ereditari attraverso la loro “fenomenologia”; accanto a lui collaboratori strategici: Pearson – in seguito entusiasta sostenitore delle politiche razziali naziste – Weldon e Davenport.


Charles Darwin aveva considerato solo alla lontana la possibilità di manipolare la razza umana. Ma non l’aveva esclusa:

"L'uomo investiga scrupolosamente il carattere e il pedigree dei suoi cavalli e dei suoi cani prima di accoppiarli. Ma quando si tratta del proprio matrimonio, raramente, o non mai, si prende questa cura...la ricchezza ed il grado sociale solo lo attirano grandemente...Eppure con la selezione egli potrebbe fare qualcosa, non solo per la costituzione corporea dei suoi figli, ma anche per le loro facoltà intellettuali e morali. Qualora fossero in grado evidente deboli di corpo o di mente, i due sessi dovrebbero stare lontani dal matrimonio. Ma queste speranze sono utopie che non si avvereranno mai, neppure in parte, finché le leggi della eredità non saranno pienamente note"

La teoria della selezione della specie, poteva essere considerata come una vera e propria eugenica naturale, e traendo le conclusioni delle sue ipotesi, Darwin non ebbe timore a dichiararsi convinto che, nel caso dell'uomo, l'assistenzialismo e la cura degli "idioti, storpi e malati" andasse contro natura. La conclusione apriva, però, un paradosso: la moralità, l'istinto sociale dell'uomo, secondo Darwin, erano chiaramente il segno dei un passo avanti dell’uomo nella scale evolutiva. Però lo avviavano verso strade di involuzione: come conciliare le due cose? Inoltre, la teoria della selezione naturale non era affatto provata: dopo la pubblicazione di “Origin of the species” (1859) la teoria avversaria (ricondotta al naturalista J.B. Lamarck) secondo cui i caratteri ereditari si modificano in funzione delle pressioni ambientali continuò a lungo ad avere ragioni importanti (rispetto al problema dell’evoluzione umana uno dei sostenitori più appassionati fu Herbert Spencer). E in presenza di questo dilemma era difficile capire come doveva muoversi la nuova scienza “eugenetica”: a cosa sarebbe servito, infatti, isolare i caratteri ereditari “eccellenti” dell’uomo se poi la vita cittadina - per citare proprio Spencer - li avesse inquinati e distorti?


Anche la scienza italiana di fine ottocento – è il tempo del positivismo – in maniera del tutto spontanea muove passi decisi nella direzione della biometrica di Galton e della sua “scienza” eugenetica.
Cesare Lombroso, criminologo, arriva, quasi in parallelo, alle stesse conclusioni di Galton sulla degenerazione umana: il destino dell’umanità è appiattirsi in una mediocrità sempre più invalicabile, senza genialità, senza spinte in avanti, poiché il genio è fragile e sterile (il Leopardi è l’esempio principe…). Con una fondamentale precisazione: se il genio è sterile, il suo carattere opposto, la pazzia lucida del serial killer, la pazzia criminale, la malvagità congenita è sorprendentemente tenace. Per di più i due (val la pena di ricordare “Lo strano caso del dottor Jekill e mister Hide” di Stevenson, del 1886…) sono strettamente legati in un abbraccio mortale. Dove c’è genio la pazzia si insinua con frequenza inquietante. E per queste sacche di degenerazione antropologica la cura non poteva essere che drastica: carcere duro e pena di morte:


“se è giusto considerare che la radice di certi mali non si sopprime con la morte di pochi malvagi, è pur vero che i delitti hanno scemato di intensità e ferocia in questi ultimi secoli anche in grazia della pena di morte, distribuita allora in così larga copia e con tanta pubblicità; che se avrà contribuito per qualche quota a nuovi delitti collo spirito di imitazione e coi feroci pubblici spettacoli, deve pur averne scemati moltissimi altri, prevenendo radicalmente ogni evasione, ogni recidiva ed eredità nei delinquenti, facendo insomma quello che fece la natura, quando, colla selezione della specie, dagli esseri più inferiori, giunse a darci il grande dominatore del globo”;

e ancora: "è lecito ricorrere a quell'eliminazione dei più dannosi che fu l'origine del perfezionamento degli esseri, secondo le leggi di selezione nella lotta per la vita, formulate da Darwin”



1912 - L’italia scopre la “nuova scienza”

Nel 1912 si apre a Londra il primo Congresso internazionale di Eugenetica, presieduto da Leonard Darwin. L’Italia invia una delegazione "sorprendentemente numerosa" al congresso.
Sono nomi illustri: Corrado Gini, futuro “braccio destro” del Duce nella politica popolazionista, Giuseppe Sergi e Enrico Morselli, antropologo e psichiatra di scuola lombrosiana; e ancora il penalista Vincenzo Giuffrida Ruggeri, Achille Loria, intellettuale ed economista celebrato in vita come “il Marx italiano” Antonio Marro, psichiatra, Raffaele Garofalo, criminologo, il sociologo Alfredo Niceforo, presidente dell’Associazione italiana di antropologia, Roberto Michels, sociologo socialista e in seguito molto vicino a Mussolini... La scienza italiana, scontando come al solito il destino di “ultima arrivata”, si affannava a ostentare attenzione al tema, fiducia e ottimismo. Ma tra i sedicenti “eugenisti” vi era parecchia confusione, di proposte e di azioni. Erano incerte innanzitutto le basi scientifiche della nuova scienza: le leggi di Mendel venivano giudicate dubbie e messe in dubbio dalle ricerche di Haeckel e Spencer (in linea di massima lo schema di Mendel “funzonava”… ma il problema di cosa fossero e come trasmettessero i caratteri ereditari rimase un mistero fino alla pubblicazione dei lavori di Hunt Morgan del 1930). Inoltre si aprì una frattura polemica tra eugenetica “interventista” (che puntava alla sterilizzazione dei ”disgenici” e aveva un occhio benevolo verso l’eutanasia) e un’eugenetica più prudente (poco più che igiene sociale); una divisione ancora più lacerante si aprì tra chi immaginava una eugenetica protettrice delle "èlites" (la visione di Galton) e chi, come gli scienziati italiani, sognava un’eugenetica “dell'amalgama sociale”. Così si esprime ad esempio Alfredo Niceforo:

"se si attivassero gli scambi sociali fra queste due classi di eccezione (I ricchi degenerati ed i poveri eccellenti. N.d.R.) si potrebbe ottenere una fusione tra questi elementi che finirebbe pure per costituire nelle classi ricche un ambiente inadatto per gli elementi inferiori della classe, i quali verrebbero ad essere forse automaticamente espulsi"

considerando quello delle “buone nascite” un problema delle nazioni e non solo della scienza. Così il periodo 1912-1915 fu in Italia il tempo dei 'pionieri' dell'eugenetica: Corrado Gini, il più autorevole eugenista nostrano (fu presidente della SIGE, Società Italiana di Genetica ed Eugenica) diventerà il consigliere privilegiato di Mussolini negli anni '30. Con i numeri della statistica Gini, nel 1912 dimostrò con forza che l’eugenetica sperimentale degli anglosassoni, che prima sterilizzava i pazzi, e poi cambiava parere, non poteva funzionare. L’unico modo per migliorare la stirpe, secondo Gini, era aumentare considerevolmente le nascite per aumentare le probabilità di “buone nascite”. Quando il “plasma germinativo” venisse lasciato libero di creare, sostenendo la maternità con l’igiene sociale, si sarebbe “autoselezionato” per il meglio. Accanto a Gini, Giuseppe Sergi, allievo brillante di Lombroso, inaugurando il primo Comitato italiano per l’Eugenetica approfittò del nuovo clima per fare ammenda di alcune sue vecchie affermazioni e propose un’eugenetica “ecologica” contro Mendel e Galton, un’eugenetica dove l’ambiente migliorato – assieme all’educazione – fosse in grado di plasmare i caratteri ereditari dell’uomo fino a ripulirlo di ogni scoria di “atavica brutalità”

"se io parlassi col linguaggio dei mendelisti, domanderei se non si potrebbero per mezzo della cultura educativa rendere recessive alcune tendenze e dominanti altre, senza per questo, pensare ad una alterazione del plasma germinale? Non potrebbe esservi, quindi, una selezione per ciò che chiamasi educazione?"

Migliorare l’ambiente per migliorare l’uomo: la trasmissione ereditaria dei caratteri “migliorati” sarebbe venuta da sé. Sulla linea di Sergi anche Enrico Morselli, vide nell'eugenetica una via verso "l'uomo dell'avvenire": ma non l'uomo astrattamente perfetto che aveva immaginato Nietzsche; un uomo reale, plasmato dalle regole positive dell'evoluzione. Eugenetica del destino: del destino dei singoli ma soprattutto del "destino" dei popoli e delle razze; ma anche eugenetica rispettosa della dignità dell'uomo non perfetto, poiché non si poteva stabilire il valore di un uomo in base alla sua utilità. Con Morselli l'Italia invocò per se stessa il valore della 'sensibilità latina', del pudore contrapposto all'impudenza di una fredda zootecnia umana.
Ancora, Achille Loria e l'eugenica applicata alla sociologia, contro il pregiudizio classista (proprio...galtoniano!) secondo il quale i ricchi erano i migliori e i poveri il ricettacolo di tutti i vizi del mondo: già Lombroso era quasi scivolato su questa china pericolosa. Con Loria gli intellettuali italiani vigilarono affinché nella coppa della filantropia eugenetica nessuno potesse versare il veleno dell'ingiustizia sociale. Accanto a questi più noti, Serafino Patellani, uno sconosciuto professore dell'Università di Genova incaricato nel 1912, primo in Italia, di istituire una cattedra universitaria di Eugenetica sociale, cioé di eugenetica saldamente sostenuta dalla morale (cristiana…) e dall’igiene sociale: erano i primi passi della moderna bioetica. Quasi una eugenetica del “libero amore”, l’eugenetica di Patellani indicò la via della "naturalità" dell'istinto riproduttivo umano: la storia dell’uomo aveva dimostrato che in modo naturale l’uomo e la donna da sempre avevano saputo scegliere bene il partner, affidandosi all’istinto e soprattutto al sentimento d’amore... Tanto valeva allora rispettare l’indicazione suggerita da Madre Natura: ecco quindi il consiglio della verginità prematrimoniale (contro la natalità illegittima e gli “errori” di scelta) e la condanna del celibato da parte dello Stato. L'intervento dello Stato "con premi e compensi" avrebbe facilitato le buone unioni, avrebbe tutelato la maternità e l'infanzia tutelendo nel contempo il pudore e l’intimità sessuale…

Dunque 1912-1914: “l’età dell’innocenza” dell’eugenetica italiana. Si cerca di spiegare un "qualcosa" di incantevole ma vago, di cui neppure il nome è certo (chi la chiamava Eugenica, chi Eugenetica, chi Eugenìa, indifferentemente). Con qualche ombra: anche in Italia si alzavano le voci di chi voleva fare piazza pulita una volta per tutte dei difettosi e dei parassiti; o di chi pensava di fare delle caserme il laboratorio eugenico ideale. Così, Angelo Zuccarelli invita a sterilizzare senza andare troppo per il sottile, e Placido Consiglio partì a descrivere il movimento dei pianeti per giungere a dire che la miglior cura eugenica per gli indesiderati fosse scavare trincee per l'esercito.
Poi l'assurdo percorse l'Europa come un uragano: e fu la Guerra Mondiale, guerra totale, ovunque, con le malattie, con le privazioni, con gli "strapazzi" (almeno così pareva agli attoniti eugenisti). Era l'evento disgenico per eccellenza. L'eugenetica si risvegliava dalle buone intenzioni e veniva chiamata a dare risposte efficaci.


La Guerra e la “generazione perduta”

• Nel 1914 i popoli europei, civili, illuminati, stretti “nell'Internazionale della ricerca scientifica”, come lupi affamati si gettarono uno contro l'altro. Alla fine del massacro occorreva ricominciare da zero:

"l'eugenetica sociale è morta, o meglio, alla distruzione guerresca soltanto sopravvive come una scienza astratta, avendo perduto ogni valore pratico" (S. Patellani)

Il disincanto dell’eugenica “elitaria” lascia il posto a una consapevolezza nuova: il mondo del dopoguerra è il mondo delle masse. Qualsiasi teorizzazione eugenica si sarebbe per sempre nutrita da quel momento in poi, di grandi numeri demografici. Almeno in Italia, l'eugenica sarebbe stata solo e comunque eugenica 'di masse', o non sarebbe stata.

• Le nazioni si interrogavano sullo scenario aperto dai nuovi equilibri sociali.
L’Inghilterra si convinse, ad esempio, che la generazione “dei migliori” era andata perduta: i giovani più forti, più intelligenti, più colti, più sensibili erano morti in battaglia e per questo l'Inghilterra non sarebbe mai più stata la stessa.
Quello della "generazione perduta", divenne un mito vero e proprio della cultura inglese, un mito vivo ancora oggi: ascoltiamolo, ad esempio, in una canzone di Sting, “Children’s crusade”

The children of England would never be slaves
They're trapped on the wire and dying in waves
The flower of England face down in the mud
And stained the blood of a whole generation

Un mito all'epoca tanto forte e radicato da far sospettare che potesse essere addirittura la chiave per capire la rapida ascesa del nazismo. La distruzione della aristocrazia biologica, sostennero molti, aveva privato l'Inghilterra di politici lungimiranti e capaci, e aveva lasciato il posto alla decadenza della Nazione, alla umilante regressione della potenza inglese, alla perdita dell'impero Coloniale, alla perdita di prestigio internazionale e all'ascesa impudente delle dittature di uomini rozzi e barbari.
Era vero? L’europa era davvero condannata? Assolutamente no.

  Uccisi Totali Mobilitati Uccisi per 1000
mobilitati
Uccisi per 1000
maschi età 15-49
Uccisi per 1000
pop. totale
Inghilterra
723
6147
118
63
16
Italia
578
5615
103
75
16

Le nazioni avevano tutte sofferto in egual modo: la percezione di un futuro oscuro era solo un dato emotivo e letterario di alcuni pochi. E le perdite sarebbero state rapidamente colmate. Anche senza “riproduttori eccellenti”.


Il Fascismo e le madri

Gli scienziati italiani, dopo la Grande Guerra, ribadirono la loro condanna alle misure eugeniche “estreme” e allinearono l’eugenetica alla “sensibilità” latina e all’idea che quella italiana fosse una stirpe in espansione, giovane, vigorosa, alla riicerca di un “posto al sole”.
Lasciato alle spalle il cinismo dell’eugenica sperimentale di guerra, la dignità dell’uomo divenne un punto di partenza ormai indiscutibile: alcolismo, sifilide, pazzia, tubercolosi erano una cosa , alcolisti, pazzi, sifilitici e tubercolotici un’altra… l’appiattimento dell’essere umano sulla sua sofferenza era, per la medicina italiana, inaccettabile. (Il legame con l'eugenica stava nel fatto che sifilide e tubercolosi erano considerate malattie ereditarie, o quanto meno malattie che potevano minare il patrimonio)
Ma il male sociale non accennava ad arrestarsi e qualcosa, con mille cautele, bisognava pur fare per “purificare la stirpe”. Si ipotizzò allora un compromesso tra eugenetica, libertà e dignità della persona: un Certificato Prematrimoniale Obbligatorio, cioè un certificato medico che permettesse le nozze solo a coppie immuni da gravi tare ereditarie o da malattie sociali.
Altrove, nel mondo, già prima della guerra il Certificato prematrimoniale era già divenuto legge dello Stato: negli Stati Uniti negli stati dell'Indiana, Michigan, Oregon, Texas, Rhode Island, Utah, Washington e Wisconsin , nel Dakota e nella Carolina del Nord. In Europa , Austria, Norvegia, Svezia e Danimarca avevano accolto il provvedimento; e persino l’arretratissima Turchia, prescriveva un Certificato: peccato però che per le donne, rigidamente chiuse nei dogmi della legge islamica, la visita prematrimoniale si limitasse (e solo in casi speciali) ad un esame otolaringoiatrico.
In Italia il primo passo in questo senso fu fatto, senza successo, nel 1919, davanti alla sezione XXIV della Commissione per il Dopoguerra (Igiene Sociale). L’interesse politico per il provvedimento restrittivo era tiepido. E una vera doccia fredda lo investì dopo il 1924, quando Mussolini oppose al controllo dei matrimoni due obiezioni: e cioè la necessità di avere “numero” per avere “potenza” e la preoccupazione di turbare la spontanea formazione di nuove famiglie. Rispetto ad ogni provvedimento eugenetico “restrittivo”, anche i più discreti, il Fascismo si mostrò così da subito decisamente contrario. Per la rigenerazione biologica della razza. Il Duce avrebbe interpretato i cosnsigli della scienza e della medicina sociale solo attraverso l'Opera Nazionale per la Maternità e l'Infanzia – fondata nel 1925 - celebrando l'igiene e la puericoltura.


Con la creazione dell’ONMI il modello della donna-madre prolifica viene imposto come unico possibile; il neomalthusianesimo è stigmatizzato come malattia della nazione e alla forte retorica pronatalista si affianca una vera politica per la formazione della donna “moderna”: la donna viene istruita nell'economia domestica, nell'educazione all'infanzia, nell'assistenza sociale ed educata alla salute e a una “sana maternità” attraverso l'introduzione dell'educazione fisica e dello sport femminile. La Chiesa Cattolica, condannando con l’enciclica “casti connubii” del 1931 la sterilizzazione eugenetica, appoggiò fortemente i provvedimenti eugenetici “moderati” del Duce, e propugnò una “selezione morale dei riproduttori” basata su comportamento responsabile, astinenza sessuale e moralità rigorosa: “l’educazione alla purezza” doveva sostituire l’eugenica e saldarsi con l’azione efficace dello Stato.

"il Governo italiano Fascista, riconosciuto che il fondamento della società è la famiglia, posta, come vuole il Concordato, su basi cristiane, ha emesso una serie di provvidenze legislative e sociali le quali non solo mirano a garantire la salvezza della famiglia, ma mirano a migliorare la razza" (Padre Agostino Gemelli, 1936)

Naturalmente non tutti erano d’accordo con l’ottimismo pronatalista di Mussolini. Nel settembre del 1928 il Podestà di Firenze, Garbasso, decise di istituire cinque premi di natalità da 100,000 lire per i genitori sani e "di buona condotta morale e politica" della Città che fossero riusciti ad avere almeno quattro figli in sei anni. Qualcuno, riportando la notizia, fece notare il fatto che il premio, nonostante esigesse la sana e robusta costituzione dei partecipanti, imponeva loro di infrangere una regola eugenica (e di buonsenso...) fondamentale: il rispetto del periodo naturale dell'allattamento.

"dove andiamo ? Verso i porcellini d'India?....è permesso in Italia che un Podestà, per quanto in buona fede, contravvenga ad ogni norma eugenica elementare di puericoltura ?" (D. Pastorello 1928)

Anche in campo sanitario, quelle del dissenso erano comunque voci flebili e inascoltate. La strada era inevitabilmente segnata: con il “discorso dell’ascensione” del 1927, Mussolini dettò chiaramente il principio secondo cui lo Stato Totalitario aveva il dovere (e il diritto) di penetrare fin nella camera da letto dei cittadini, per portare l’Italia a costruire un’eugenetica “tutta sua”, senza mutilazioni o segregazioni preventive, eugenetica di massa, di “straripamento” della forza vitale originaria latina..

"Qualcuno, in altri tempi, ha affermato che lo Stato non doveva preoccuparsi della salute fisica del popolo. Anche qui doveva valere il manchesteriano «lascia fare, lascia correre». Questa è una teoria suicida. È evidente che, in uno Stato bene ordinato, la cura della salute fisica del popolo deve essere al primo posto (…) Voi vedete da queste cifre che il quadro, pur senza essere tetro e tragico, merita una severa attenzione. Bisogna quindi vigilare il destino della razza, bisogna curare la razza, a cominciare dalla maternità e dall'infanzia. A questo tende l'Opera nazionale per la protezione della maternità e dell'infanzia, voluta dall'onorevole Federzoni (…) Signori, l'Italia, per contare qualche cosa, deve affacciarsi sulla soglia della seconda metà di questo secolo con una popolazione non inferiore ai 60 milioni di abitanti.(…) Da cinque anni noi andiamo dicendo che la popolazione italiana straripa. Non è vero! Il fiume non straripa più, sta rientrando abbastanza rapidamente nel suo alveo".

è dominata da questa angoscia: l'Impero non si teneva più.

1933: Hitler affonda il bisturi

La Germania, naturalmente, non rimase isolata dal dibattito europeo sul “razionale allevamento umano”. Anzi.
Con il lavoro dello zoologo Ernst Haeckel la scienza tedesca si trova - già alla fine del XIX secolo – in prima linea sul terreno dell’eugenetica umano. E già con una chiara preferenza allo “sfoltimento” delle stirpi indesiderabili.
Haeckel, nel 1866 propose la sua “teoria biogenetica fondamentale” secondo cui, tra l’altro, l’ereditarietà si risolveva in una stratificazione di caratteri acquisiti: il patrimonio ereditario di ogni vivente è la “ricapitolazione” della storia evolutiva della sua specie. Una teoria, all’inizio tutto sommato abbastanza neutra, che però si colorò a tinte forti agli inizi del ‘900, quando Haeckel con “l’enigma della vita” proclamò la necessità di forzare la mano alla natura con mezzi affatto sbrigativi:

“Che vantaggio trae l'umanità dalle migliaia di disgraziati che ogni anno vengono al mondo, dai sordi e dai muti, dagli idioti e dagli affetti da malattie ereditarie incurabili (…) quale perdita in termini di risorse private e costi per lo Stato a scapito dei sani! Quante sofferenze e quante di queste perdite potrebbero venire evitate se si decidesse finalmente di liberare i totalmente incurabili dalle loro indescrivibili sofferenze con una dose di morfina”

il modello di riferimento per la selezione era chiaro: la razza “indogermanica”, superiore per caratteristiche biologiche, alle altre razze.


Accanto a Haeckel un’altra voce autorevole in campo scientifico si levò a sostenere il valore dell’eliminazione degli indesiderabili: lo psichiatra Alfred Ploetz (fondatore nel 1909 della Società Tedesca per l’Igiene della Razza) già nel 1895 con il volume “efficienza della nostra razza e difesa dei deboli”, teorizzò la necessità di “non lasciare al caso” e al gioco dei sentimenti umani un compito delicato come la riproduzione: lo Stato doveva controllare la sessualità dei cittadini e gli eventuali prodotti “di scarto” delle unioni umane andavano “pietosamente” soppressi da medici competenti.
In breve tempo, anche sull’onda del dibattito eugenico europeo e degli esperimenti di sterilizzazione americani, in Germania il tema della soppressione dei disgenici e dei disabili trova ampi consensi: certamente tra gli ambienti conservatori ma anche, sorprendentemente, in alcuni ambienti della socialdemocrazia; limitandosi ad auspicare “l’isolamento e la sterilizzazione” dei meno adatti, la sinistra mise l’accento sul danno “d’immagine” e di prestigio che la prolificità incontrollata portava alla “rispettabilità” della classe operaia tedesca (E’ la tesi sostenuta dallo storico Hans Josef). Il “darwinismo sociale” si intrecciava a dibattiti sulla razza e creava qui un terreno fertilissimo al razzismo nazista.

• La crisi seguita alla Grande Guerra e alla Repubblica di Weimar si innesta su questi primi dibattiti di igiene razziale spingendo gli ambienti medici all’applicazione pratica delle teorie eugeniche.
La crisi sociale e psicologica della nazione, la pesante crisi economica e la disoccupazione, ingigantiscono lo spettro impalpabile della “degenerazione” della Germania che gli scienziati continuano a descrivere con pessimismo.
I deboli, i disabili e gli emarginati furono considerati un costo sociale inaccettabile per un paese con un gettito fiscale ai minimi termini. Un paese che non solo non poteva permettersi politiche di “welfare”, ma era in difficoltà già con l’assistenza essenziale: Così, nella piena illegalità, molti medici - già dal 1923 - praticarono la sterilizzazione dei malati di mente. Le istituzioni politiche si rassegnarono all’idea di dover dare legalità a queste pratiche: nel 1932, a un passo dal cancellierato di Hitler, giaceva al Reichstag un progetto di legge sulla sterilizzazione dei minorati: un progetto che Hitler attuerà in tempi brevi.

Se la classe medica tedesca e la repubblica si limitarono, in casi estremi, a praticare o invocare la sterilizzazione chirurgica dei “disgenici”, fuori dalle istituzioni, gruppi di varia ispirazione invocavano provvedimenti eugenici al limite della follia.
Società come la Lega Artamanen o il gruppo Thule Gellshaft non si fecero scrupolo di invocare la creazione di “villaggi di stalloni umani” insieme ad altre provvidenze eugeniche. La fortuna improbabile di queste leghe estemporanee e delle loro teorie utopiche estreme fu tutta nel legame stretto con due figure chiave del Nazismo: Himmler e Hitler.
Hitler, in particolare, sintetizzò nel “Mein Kampf ” (in particolare nel capitolo “popolo e razza") un magma disordinato di teorie igieniche, eugeniche e sanitarie pseudo scientifiche mal digerite, individuando – è quasi superfluo dirlo – nella intrinseca degenerazione della razza ebraica la causa prima della decadenza delle razze “superiori” attraverso le malattie ereditarie. In una visione dei meccanismi ereditari quasi infantile, Hilter stigmatizzò gli ebrei, responsabili della prostituzione e della sifilide, come coloro che costringevano la razza ariana a “imbastardirsi” andando contro la legge di natura secondo cui …

“ogni bestia si accoppia soltanto con una femmina della stessa specie: la formica va alla formica (sic) il fringuello al fringuello, la cicogna alla cicogna, il lupo al lupo…”

Raggiunto il potere nel 1933, Hitler – deciso a perseguire la realizzazione piena del “volksstat” anche attraverso una rigida politica di epurazione e salvaguardia del “popolo” ariano/tedesco – varò la legge del 28 giugno 1933 sulla sterilizzazione obbligatoria degli “affetti da malattie ereditarie”. A questa seguirono nel 1935, le famigerate Leggi di Norimberga, che impedivano i matrimoni e la procreazione tra persone “indesiderabili”.
Furono leggi pesantissime e la discrezionalità dei Tribunali per la Salute della Stirpe, incaricati di applicarle, fu enorme; ogni comportamento deviante era visto come “ereditario”: le donne che cambiavano partner con una frequenza “sospetta”, per fare un esempio, venivano considerate “moralmente ritardate” e operate senza eccessive cure, da chirurghi spesso incompetenti. In pochi anni più di 350.000 persone subirono gli effetti della legge che, per le donne, prevedeva anche l’aborto obbligatorio fino al sesto mese nel caso di gravidanze già in atto. Il passo successivo è quasi scontato: nel 1939 – siamo già alla decisione presa riguardo alla “soluzione finale” – la Cancelleria del Fuhrer e il Ministero degli Interni concordarono sul fatto che, con la guerra alle porte, le cure prestate ai “degenerati” dei manicomi rappresentavano un inutile costo superfluo per lo Stato: Vicktor Brack, vice capo della Cancelleria e Arthur Nebe, capo della Polizia Criminale, con precisione meticolosa, elaborarono un piano di sterminio di malati mentali e fissarono il “numero ideale” di letti d’ospedale da liberare in 70.000: In brevissimo tempo in tutto il paese furono incaricati un consistente numero di “periti” per la selezione delle vittime sulla base di questionari inviati loro dai singoli manicomi. Nessun “perito” vide mai alcuno dei casi che giudicò “incurabili”: le condanne a morte furono decise a distanza e le famiglie non vennero mai informate.Nel 1939 le SS iniziarono le fucilazioni segrete dei malati di mente. Presto però Brack e i suoi superiori si resero conto che con questo sistema era difficile mantenere la necessaria segretezza e si intaccava il morale dei soldati. Occorreva un sistema di sterminio più veloce e industriale: si progettano sistemi di camere a gas cammuffate da docce accanto ai forni crematori. L’eliminiazione sistematica degli indesiderabili ariani diventa un sistema “efficiente”: era nata “Aktion T-4”. Tuttavia, trattandosi di omicidi di cittadini tedeschi – talvolta addirittura di decorati della Grande Guerra - ben presto la pressione su “Aktion T-4” fu enorme: le famiglie dei malati sospettavano e talora protestavano, vennero aperte inchieste giudiziarie. Le Chiese protestante e cattolica – che amministravano le estreme unzioni ai morituri – conoscevano perfettamente la situazione e dovettero fronteggiare lo scandalo e la ribellione di alcuni prelati… L’ufficio politico razziale reagì a questa pressione con il silenzio o la propaganda cinematografica (diversi documentari e il famoso film “io accuso” del regista Shweininger) finchè nell’agosto del 1941 Hitler cancellò il programma “Aktion T4”. A prima vista sembrerebbe che le proteste e i sospetti della popolazione tedesca abbiano vinto: in realtà nell’agosto del ’41 l’obiettivo di “liberare” 95.251“ letti negli ospedali era raggiunto. E il gruppo di”Acktion T4” , dopo questa prima fase sperimentale, potè essere destinato alla progettazione dello sterminio su scala industriale: Con il nome di “Acktion 14F 13”, il vecchio nucleo di Acktion T4 si occupò da allora di “liberare i letti” dei campi di concentramento di Sobibor, Dachau, Buchenwald…

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Sting - Children's Crusade
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Young men, soldiers, nineteen fourteen
Marching through countries they'd never seen
Virgins with rifles, a game of charades
All for a children's crusade

Pawns in the game are not victims of chance
Strewn on the fields of Belgium and France
Poppies for young men, death's bitter trade
All of those young lives betrayed

The children of England would never be slaves
They're trapped on the wire and dying in waves
The flower of England face down in the mud
And stained the blood of a whole generation

Corpulent generals safe behind lines
History's lessons drowned in red wine
Poppies for young men, death's bitter trade
All of those young lives betrayed
All for a children's crusade

The children of England would never be slaves
They're trapped on the wire and dying in waves
The flower of England face down in the mud
And stained the blood of a whole generation

Midnight in Soho nineteen eighty four
Fixing in doorways, opium slaves
Poppies for young men, death's bitter trade
All of those young lives betrayed
All for a children's crusade

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Sintesi di un lavoro, gentilmente concessa gratuitamente a Cronologia
di MASSIMO CICERI
per contatti con l'autore, indirizzo e-mail
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